XXVII
Domenica Tempo Ordinario 6.10.2013
Abacuc 1,2-3; 2,2-4
Seconda Lettera a
Timoteo 1,6-8,13-14
Vangelo secondo Luca
17,5-10
In quel tempo, gli apostoli dissero al
Signore: «Accresci in noi la fede!». Il Signore rispose: «Se aveste
fede quanto un granello di senape, potreste dire a questo gelso: “Sràdicati e
vai a piantarti nel mare”, ed esso vi obbedirebbe. Chi di voi, se ha un servo
ad arare o a pascolare il gregge, gli dirà, quando rientra dal campo: “Vieni
subito e mettiti a tavola”? Non gli dirà piuttosto: “Prepara da mangiare,
stringiti le vesti ai fianchi e servimi, finché avrò mangiato e bevuto, e dopo
mangerai e berrai tu”? Avrà forse gratitudine verso quel servo, perché ha
eseguito gli ordini ricevuti? Così anche voi, quando avrete fatto tutto quello
che vi è stato ordinato, dite: “Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto
dovevamo fare”».
Aumenta la nostra fede!
Fede e religione non sono la stessa cosa. Il cristianesimo è essenzialmente una fede, cioè adesione fiduciosa e piena d’amore a Cristo; non una religione, cioè un sistema di dogmi, di precetti e di riti…
Può esservi religione sia là dove si esclude Dio – l’idolatria è una religione, come lo è la religione del dio denaro, o della “mondanità”! –, sia dove si proclama di credere in Dio, ma si equivoca sul modo stesso di credere. Mentre vi è fede vera soltanto se il credente è realmente coinvolto nel rapporto personale con Dio stesso. E il cristianesimo esige proprio questo. Cerchiamo dunque di aver ben chiaro in noi questa distinzione, poiché un certo modo di vivere il cristianesimo potrebbe essere più da uomini di religione che da uomini di fede. In questo caso, saremmo soltanto “Cristiani da pasticceria”, direbbe papa Francesco!
Le letture di
questa domenica sono un forte richiamo a recuperare il senso della fede, per
non ridurla a un insieme di “pratiche” religiose. «Il giusto vivrà per la sua
fede», afferma il profeta Abacuc, per dirci che la via della «giustizia», cioè
della santità che porta a Dio, viene percorsa solo se viviamo nella fede nei
confronti del nostro Dio. Come dire: a Dio non ci si va riempiendo la nostra
vita di pratiche “religiose”; ci si va quando operiamo per fede e nella carità.
Non è sempre facile
descrivere la fede. La prima lettura aiuta a chiarirne un aspetto. Ognuno di
noi, prima o poi, passa momenti difficili, nei quali la fede viene messa a dura
prova. «Fino a quando, Signore, implorerò e non ascolti?»: domanda il profeta,
carico d’angoscia, a un Dio che sembra spettatore impassibile dei nostri guai.
E che cosa gli risponde il Signore? «C’è una scadenza per queste cose. Tu attendila fiducioso, perché verrà».
La fede, come
qui appare, è fiducia nel Dio che non possiamo vedere, toccare, sentire; è attesa
fedele, nella speranza. Essa è tutt’altra cosa da quell’ansia, tipica degli
affannati cercatori di «certezze», che non ha altro esito che l’integralismo e
l’ideologia delle sètte!
Cristo ci propone
di radicare in profondità la fede, di accrescerla, di farla diventare solido
sostegno della nostra esistenza. In che modo? Rimanendo fedeli alle esigenze
del Vangelo e, dice Gesù nel testo evangelico di oggi, «facendo il nostro
dovere». Sappiamo a cosa si riferisce: amare sopra ogni cosa Dio nostro Padre e
il nostro prossimo come lui, il Cristo, ha amato noi. E, poi, ripetere la
preghiera dei discepoli: «Aumenta la nostra fede!». La fede è opera e dono di
Dio, prima di tutto!
Stando al
vangelo di questa domenica, ecco cos’è credere: donarsi al Dio invisibile senza
esigere nulla in cambio, fidarsi della sua Parola senza voler prima capire
tutto, senza reclamare il miracolo che piega la volontà; è accettare in pace le
inevitabili frustrazioni che le avversità suscitano, evitando il giudizio, il rifiuto
e la condanna dell’altro.
Perciò, il credere
è tutt’altro che il possesso di conoscenze arcane, o la sospensione dell’impegno
della ragione. La fede esalta ogni facoltà dell’uomo e ci aiuta nella
realizzazione di un’apertura fiduciosa del nostro essere verso l’Altro, sia
esso Dio, o siano i nostri fratelli.
Questo
sentimento, questa apertura fiduciosa si attiva specialmente nel momento della
prova; lì appare la verità della nostra fede, poiché, quanta fede abbiamo in
quel momento, tanta ne abbiamo. E nulla più.
P. Carlo