XXVIII
Domenica Tempo Ordinario 13.10.2013
Secondo libro dei Re 5,14-17
Seconda Lettera a Timoteo 2,8-13
Vangelo secondo Luca 17,11-19
Lungo il cammino verso Gerusalemme, Gesù
attraversava
La tua fede ti ha salvato
Ad un
samaritano, unico su dieci uomini a mostrare gratitudine dopo che tutti erano
stati da lui guariti dalla terribile malattia della lebbra, Gesù dice: “La tua
fede ti ha salvato!”. Gesù non è un guaritore o un mago che guarisce solo
perché ha il potere di farlo; fa appello alla fede di coloro che si rivolgono a
lui, poiché è questa fede che può “salvarli”.
Guarigione e
salvezza non sono la stessa cosa.
Per quei dieci
uomini lebbrosi la salvezza significava guarire dalla malattia che li
distruggeva nel corpo e nello spirito. Erano senza speranza di guarigione da una
malattia considerata l’anticipo di una morte crudele. Contagiosi per gli altri,
erano emarginati dalla società civile e religiosa del tempo. Non più
considerati come persone, vagavano in gruppi come esseri immondi, come morti
viventi.
Con l’angoscia
e la disperazione nel cuore, quei dieci si rivolgono a Gesù, da lontano. Lo
chiamano per nome: un particolare significativo, perché Gesù significa “Dio
salva”. Solo lui può veramente dare loro la salvezza di cui ormai disperano:
“Aiutaci!”.
Gesù li
ascolta e, come altre volte, nella sua azione procede per gradi. La legge
ebraica prevedeva che il lebbroso guarito si presentasse al Tempio di
Gerusalemme per ottenere il certificato di guarigione. Gesù dice loro: “Andate
a presentarvi ai sacerdoti”. È chiaro: se accettano di mettersi in cammino,
significa che si fidano della sua parola. Essi si incamminano. E, per via, si
ritrovano guariti.
Uno di essi è
un samaritano, uno che non riconosce la legge giudaica. Vedendosi guarito,
torna indietro lodando Dio a gran voce e, come segno di ringraziamento, si
getta ai piedi di Gesù. Ancora una volta, un eretico, un “lebbroso religioso”,
è preso ad esempio da Gesù per indicarci chi sia per lui il vero credente: uno
che non confonde la guarigione personale con la salvezza – una salvezza che consiste,
invece, nell’orientare il tuo essere, la tua vita, verso colui che ti ha guarito.
Tutti sono guariti, uno solo salvato.
Il messaggio per
noi, oggi, è chiaro.
Tutti noi siamo colpiti dalla lebbra del peccato, tutti siamo guariti da Gesù. Egli ci ha riconciliati con il Padre mediante a prezzo della sua passione e morte. Anche a noi dice di presentarci al sacerdote che può verificare la nostra guarigione. Il perdono che questi ci annuncia a nome di Cristo e della comunità, significa che siamo reintegrati nella piena comunione con i nostri fratelli. Siamo guariti, ma anche salvati. Ora non ci resta che un passo da compiere, un atto di fede: volgere la nostra persona, la nostra vita verso colui che ci ha guariti, pieni di gioia e di riconoscenza.
L’incontro
personale con Gesù, il “Dio che salva”, l’affidarci a lui, il confidare nella
sua azione di riconciliazione, la gratitudine che trasforma la nostra vita,
sono tutti passi concreti della nostra fede, passi necessari più di quanto
sospettiamo. Ci consentono, infatti, di smettere di pensare che la salvezza sia
un “qualcosa” di cui possiamo impossessarci, qualcosa di “nostro” da godere
egoisticamente. Un esempio. Un tempo (e forse anche oggi) era comune ritenere che
“l’importante è salvare la propria anima!”. Un’espressione formalmente giusta,
ma terribilmente interessata, individualista, dimentica che, per Gesù, ci si
salva insieme, prendendoci cura gli uni degli altri, come lui stesso ha fatto
per noi.
Ecco perché è
importante cambiare orientamento alla nostra vita, andare incontro a Gesù e seguirlo
per la sua via.
P. Carlo