XXIV Domenica Tempo Ordinario            15.9.2013

 

Esodo 32,7-11.13-14

Prima Lettera a Timoteo 6,11-16

Vangelo secondo Luca 15,1-32

 

Si avvicinavano a lui tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. I farisei e gli scribi mormoravano dicendo: «Costui accoglie i peccatori e mangia con loro». Ed egli disse loro questa parabola:

«Chi di voi, se ha cento pecore e ne perde una, non lascia le novantanove nel deserto e va in cerca di quella perduta, finché non la trova? Quando l’ha trovata, pieno di gioia se la carica sulle spalle, va a casa, chiama gli amici e i vicini, e dice loro: “Rallegratevi con me, perché ho trovato la mia pecora, quella che si era perduta”. Io vi dico: così vi sarà gioia nel cielo per un solo peccatore che si converte…

 

Entra anche tu a far festa!

 

Può darsi che ci siano ancora padri che non esitano a comportarsi duramente verso il figlio che «ha sbagliato». Di fronte a una bravata come quella del figlio minore, di cui si parla nella terza parabola del vangelo di oggi (qui non riportata per ragioni di spazio), qualche genitore non esiterebbe a ricorrere alle maniere forti, convinto che educherebbero meglio di tutte le prediche! «Così impara e non lo fa più».

Un ritornello ascoltato troppe volte.

Mai, tuttavia, che ci si chieda quale immagine di Dio susciti un simile comportamento. Quando quel figlio sentirà parlare di «Dio Padre», come lo immaginerà? Di certo, come un Dio che non ne lascia passare una liscia, pronto a castigarci «per il nostro bene»…

Ora, di fronte a questa immagine di Dio – ancora molto, troppo diffusa in una certa sottocultura cristiana – mi chiedo se il vangelo di questa domenica sia mai stato preso sul serio. Non è tempo di prendere Gesù sul serio? Inventa questa parabola per raccontarci una storiella, oppure per farci conoscere il punto di vista del Padre suo?

L’insegnamento della parabola del padre misericordioso è lampante: il Padre ama ciascuno di noi in modo unico e totale. Egli attende di abbracciarci e di far festa con noi. Da noi si aspetta soltanto che, in qualche modo, obbediamo al desiderio profondo di ritornare a lui. La conversione verrà dopo: non è previa al suo abbraccio, lo segue, perché conversione è vivere nella casa del Padre!

Se ascoltiamo con attenzione questa parabola, notiamo che non dice direttamente in che consista questa conversione. Qualcosa in essa è rimasto in sospeso. Dobbiamo completarla con la nostra esistenza quotidiana che, a grandi linee, dovrebbe essere articolata sulla scelta di vivere in comunione con il Padre e tra fratelli. Proviamo ad immaginare, intanto, una possibile conclusione del racconto di Gesù.

 

Il figlio maggiore, rientrando da una dura giornata di lavoro, sente musiche e canti provenire da casa sua. E rimane di stucco. Un servo gli corre incontro:

- Tuo fratello è tornato!

- Chi? Quel vagabondo?

- Sì, e stiamo festeggiando. Dài, entra.

- Io? Quello là, non voglio neanche vederlo. Vai pure, io non entro.

Ma al padre non sfugge la scena. Esce:

- Figlio, entra! È ritornato tuo fratello! Facciamo festa insieme.

- Sei forse impazzito? Quello si è mangiato tutto e ti ha rovinato il patrimonio, e tu salti di gioia? Questa non dovevi farmela, dopo anni di fedele servizio... Io torno ai campi.

Il figlio maggiore entrerà? Non so, ma un giorno ho sognato una conclusione.

Questi era tornato ai campi, ma non aveva più voglia di lavorare; passava il tempo a rimuginare, solo, seduto sotto una quercia. Un giorno, torturato dal freddo, dalla fame e dalla nostalgia, dice tra sé: «Andrò da mio padre e gli dirò: se hai accolto mio fratello, puoi accogliere anche me. Fammi entrare, voglio far festa con te anche per tutte quelle volte che non mi hai dato neppure un capretto per far baldoria con i miei amici». Lentamente, si alza e... sorpresa! Davanti a sé, assieme al padre, rivede anche il fratello minore che gli tende le braccia. Cos’era accaduto? Il prodigio più semplice: costui aveva capito che il suo cammino di ritorno non era ancora concluso. Perciò, era uscito per andare a cercare il fratello e riconciliarsi con lui.

Fu così che il fratello maggiore si lasciò stringere e pianse di gioia.

 

È questa la conversione dei figli di Dio.

 

P. Carlo