XIV DOMENICA – Tempo Ordinario        03.07.2011

 

Zaccaria 9,9-10

Lettera ai Romani 8,9.11-13

Vangelo secondo Matteo 11,25-30

 

In quel tempo Gesù disse: «Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza. Tutto è stato dato a me dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo.

Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita. Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero».

 

Venite a me

 

«Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro»: un detto di Gesù che attraversa i secoli e si rivolge non solo ad ogni credente che viva la fatica del credere quotidiano, ma anche a ciascuna donna, a ciascun uomo che si trovi nella situazione di essere affaticato e schiacciato dal peso della vita. Gesù lo indirizza ad ogni uomo e ogni donna appunto perché tutto gli appartiene, tutto gli è stato dato in dono dal Padre. Siamo sotto la sua signoria, una signoria di mitezza, di misericordia, di amore.

In forza di questa appartenenza possiamo rivolgerci a Gesù con fiducia. Egli sa leggere in profondità del nostro spirito: gioie e tristezze, fatica e speranza, sentimenti e amore, nulla gli è estraneo. E lui, lui solo, sa dirci «parole di vita eterna». Di più, egli ci dona se stesso, la Parola eterna uscita dal Padre.

«Venite a me»: mettetevi al mio seguito. Smettete di correre dietro ai venditori di illusioni, a chi vi intossica lo spirito con promesse che non può mantenere, a chi vi assicura una luce che non è altro che tenebra abbellita con qualche lustrino… Io vi faccio conoscere il Padre non illudendo la vostra ragione con false teorie, ma portando la vostra esperienza umana a contatto con il divino per eccellenza. Io lo conosco bene perché vengo da lui. Il Dio che cercate è essenzialmente Amore, e voi potrete sperimentarlo e “conoscerlo” se seguite i miei passi, anche quando il cammino si fa pesante, anche quanto sembra che la meta sia soltanto una croce. Non potete giudicare dall’esterno.

«Prendete il mio giogo». Quello di scribi e farisei è un ammasso di precetti. Quello della brigata di buontemponi, che pensano che la vita sia un’occasione per godersela a spese del prossimo, è un gioco da illusionisti, una droga che non fa altro che lasciarti sgonfiato, depresso e con l’amaro in bocca. E quello della gente per bene è tante volte insicuro, incompleto, non sa bene dove indirizzarti, come sostenerti; è pieno di buone intenzioni, ma difficilmente riesce a riempirti la vita, e poi ti lascia stampato negli occhi un interrogativo: «E dopo?». Tutto qui. È già tanto, ma è tutto qui.

«Prendete il mio giogo». Il “mio” giogo, dice Gesù. Quello che io stesso ho portato, e l’ho portato per primo per te. Non sono uno di quelli che dice: “Armiamoci e partite”, di quelli che impongono i pesi agli altri, mentre essi non li muovano neanche con un dito. Il giogo io l’ho portato, affinché quando tu avrai qualche problema ti basta guardarmi e io capirò immediatamente che ti occorre una mano forte e sicura, perché non voglio che si perda nessuno di quelli che il Padre mi ha dato; ci tengo che, dove sono io, là ci sia anche tu. A dispetto di tutti quelli che ti vogliono male e ti impongono carichi insostenibili. Così ti renderai conto che il mio giogo non consiste in una caterva di precetti, ma semplicemente nell’essere in mia compagnia, vivere con me l’essenza della vita divina che è la carità, e fare l’esperienza che la mia grazia è sempre al di sopra di tutto… Perciò non ti abbandonerò mai!

Dici poco?

Ecco in che cosa consiste il contenuto di «queste cose» alle quali Gesù allude all’inizio del passo evangelico proclamato nella liturgia odierna. Ecco il mistero rivelato ai “piccoli”, cioè ai poveri, agli oppressi, a coloro che il mondo dei furbi e degli sfruttatori (i “sapienti” e i “dotti”) deride e disprezza. È un mistero di gioia; veramente una buona notizia!

 

P. Carlo