XII Domenica Tempo Ordinario             24.06.2012

 

Giobbe 31.8-11

Seconda Lettera ai Corinzi 5,14-17

Vangelo secondo Marco 4,35-41

 

In quel medesimo giorno, venuta la sera, disse loro: «Passiamo all’altra riva». E, congedata la folla, lo presero con sé, così com’era, nella barca. C’erano anche altre barche con lui. Ci fu una grande tempesta di vento e le onde si rovesciavano nella barca, tanto che ormai era piena. Egli se ne stava a poppa, sul cuscino, e dormiva. Allora lo svegliarono e gli dissero: «Maestro, non t’importa che siamo perduti?». Si destò, minacciò il vento e disse al mare: «Taci, calmati!». Il vento cessò e ci fu grande bonaccia. Poi disse loro: «Perché avete paura? Non avete ancora fede?». E furono presi da grande timore e si dicevano l’un l’altro: «Chi è dunque costui, che anche il vento e il mare gli obbediscono?».

 

 

Perché avete paura?

 

Ai discepoli che gridavano per la paura di morire sommersi dai flutti del lago in burrasca, Gesù rimprovera: «Perché avete paura? Non avete ancora fede?». Egli mette in contrapposizione paura e fede (alla faccia di chi sostiene che si crede per paura!).

La paura comincia ben presto nella storia umana (cf. Gn 3,8-13) ed è condizione patologica, ma comune, dell’uomo. È una forza oscura che ci fa guardare tutto con sospetto, è un sentimento che logora le nostre forze giorno dopo giorno, poiché ci fa essere sempre all’erta, sempre in difesa. Sentiamo di essere come sospesi sull’abisso: tratti dal nulla per mezzo dell’onnipotenza di Dio, ma pur sempre vicino al nulla e da questo minacciati (san Bonaventura). Abbiamo paura anche della nostra ombra. Diceva Sofocle: «Per chi ha paura, tutto fruscia». E chi si lascia dominare dalla paura, ben presto si trova a dispiegare le proprie forze per combattere i mulini a vento…

Paura di che? Paura degli imprevisti, delle sconfitte, della disoccupazione. Paura del rumore e del silenzio. Paura della violenza. Paura di se stesso, degli altri, degli stranieri. Paura della malattia e della morte. Paura quando la terra trema sotto i nostri piedi e non abbiamo dove rifugiarci. Paura di essere sempre più insignificanti come Chiesa, sia per diminuzione numerica, o per la mancanza di vocazioni e per gli abbandoni… Com’è triste vedere la tavola vuota e le chiese deserte!

La paura è nostra compagna di viaggio, invadente, indesiderata, rifuggita, ma sempre presente. Alimentata soprattutto dalla consapevolezza dei nostri limiti. E più che i disagi quotidiani o anche le incertezze del futuro, ci spaventano la nostra debolezza di fronte alla sofferenza e la nostra radicale impotenza di fronte alla morte. Paure, queste, che ci affanniamo a rimuovere, anche se non riusciamo a cancellare mai del tutto.

In effetti, ci troviamo nella situazione dei discepoli di Gesù, sul lago, di notte, in preda ai venti, sballottati dalla tempesta e nelle fauci dell’abisso (cf. Mt 8,23-27). I discepoli hanno con sé il Signore, ma egli dorme: sembra disinteressarsi di loro, è come assente. “Non t’importa che moriamo?” gli gridano, scuotendolo per svegliarlo. E noi aggiungiamo: “Non t’importa che siamo minacciati dal male, colpiti, uccisi? Non t’importa della sofferenza dei piccoli, degli innocenti, di chi lavora onestamente, ama, vive?”.

Gesù sa che siamo dominati dalla paura e che, per paura, ci nascondiamo da Dio stesso; sa che viviamo alla superficie di noi stessi e che ci danniamo l’esistenza per erigere fortezze, consolidare confini, armare eserciti e distruggerci a vicenda…

Anche Gesù ha provato la paura, in modo violento; ma l’ha affrontata, vi è entrato dentro con tutta la forza del proprio amore per il Padre e per noi. L’ha vinta per noi e, affinché potessimo vincerla anche noi, da risorto ci ha donato il suo Spirito. A noi chiede di smetterla di cercare assicurazioni, di pretendere interventi da parte di Dio, ma di avere fede.

Questo Gesù è sempre presente in mezzo a noi. Non confondiamo il suo silenzio con la sua assenza.

 

P. Carlo