V Domenica
Tempo Ordinario 10.2.2013
Isaia 6,1-2a.3-8 I Corinzi 15,1–11 Luca 5,1-11 |
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In quel tempo, mentre la folla gli faceva ressa
attorno per ascoltare la parola di Dio, Gesù, stando presso il lago di
Gennèsaret, vide due barche accostate alla sponda. I pescatori erano scesi e
lavavano le reti. Salì in una barca, che era di Simone, e lo pregò di scostarsi
un poco da terra. Sedette e insegnava alle folle dalla barca.
Quando ebbe finito di parlare, disse a Simone: «Prendi
il largo e gettate le vostre reti per la pesca». Simone rispose: «Maestro,
abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla; ma sulla tua
parola getterò le reti». Fecero così e presero una quantità enorme di pesci
e le loro reti quasi si rompevano. Allora fecero cenno ai compagni dell’altra
barca, che venissero ad aiutarli. Essi vennero e riempirono tutte e due le
barche fino a farle quasi affondare. Al vedere questo, Simon Pietro si gettò alle
ginocchia di Gesù, dicendo: «Signore, allontànati da me, perché sono un
peccatore». Lo stupore infatti aveva invaso lui e tutti quelli che erano con
lui, per la pesca che avevano fatto; così pure Giacomo e Giovanni, figli di
Zebedeo, che erano soci di Simone. Gesù disse a Simone: «Non temere; d’ora in
poi sarai pescatore di uomini». E, tirate le barche a terra, lasciarono
tutto e lo seguirono.
Il vangelo di oggi ha come sfondo il lago di Gennesaret, o
di Tiberiade, in una giornata come tante altre. Vediamo gente, animata da una
speranza senza volto, che si accalca per ascoltare la parola di Dio, proclamata
da Gesù di Nazaret. È una folla affaticata e oppressa che cerca ristoro; ha
fame di una parola che non li deluda e che apra il loro cuore alla speranza… E
vediamo anche un gruppetto di pescatori che stanno tirando a riva le loro
barche e riassettando le reti. Sono stanchi e delusi: hanno faticato tutta la
notte, senza riuscire portare a casa nulla.
Nell’intendo dell’evangelista Luca questi due quadri sono
collegati in unità: stesso luogo e stesso tempo, ma, soprattutto, stesso rimando
alla parola di Dio, o di Gesù, che resta la vera protagonista di quanto accade
sulla riva di quel lago.
La gente fa ressa attorno a quel profeta disceso da Nazaret,
perché soltanto lui ha parole di vita eterna. Da parte sua, egli non si tira indietro;
ha compassione di quel gregge senza pastore che rischia di dis-perdersi,
perdersi nuovamente, se egli non dà loro quell’unica parola che può dar loro sollievo,
quell’unica che li può saziare: la “Parola che esce dalla bocca di Dio”, cioè
se stesso.
Nel racconto di Luca questa Parola è infinitamente più
forte di qualsiasi altra parola: opera ciò che dice, e chi l’accoglie si trova
in una abbondanza spropositata. Stesso messaggio che ritroviamo, ad esempio,
nel Vangelo di Giovanni: alle nozze di Cana, i servi che si erano fidati della
parola di Gesù, si ritrovano con una stupefacente abbondanza di vino. Infatti,
in una situazione di stanchezza e di delusione, Gesù chiede a Pietro di
ritornare al largo e di gettare le reti. Pietro si fida di Gesù e, sulla sua
parola, fa come gli vien chiesto.
La pesca, questa volta, è di un’abbondanza spropositata,
tanto che Pietro, preso da un senso di profonda indegnità davanti a Gesù, non
sapendo più cosa fare, tenta di allontanare da sé quest’uomo che rivela d’avere
i poteri stessi di Dio.
Tuttavia, non solo Gesù non si allontana, ma attira a sé
quei pescatori che ai suoi occhi dimostrano di aver due pregi decisivi: non nascondono
la propria debolezza e i propri limiti e, ancor più, sanno fidarsi di lui e
della sua Parola. Proprio su questa Parola, infatti, e soltanto su questa e non
su altro essi dovranno appoggiarsi per diventare “pescatori di uomini”.
Ecco la “legge fondamentale” della missione. La Chiesa dovrà ricordarsene sempre, ma in particolare tutte le volte che sarà tentata di appoggiarsi ad altre forze ed altri mezzi (specialmente i maneggi e gli intrallazzi politici), ritenuti più “efficaci” di quelli messi a sua disposizione da un Dio che non sembra interessarsi troppo delle vicende umane dei suoi fedeli… È ora di finirla con la trita giustificazione di “servirsene per il vangelo”…
Chi ricorre a
questi pretesti meschini rifletta seriamente su questa pagina di Luca e, come
Pietro e gli altri, lasci tutto e si metta
di nuovo a seguire il Maestro.
P. Carlo