VI DOMENICA DI PASQUA                    29.05.2011

 

Atti 8,5-8.14-17

Prima Lettera di Pietro 3,15-18

Vangelo secondo Giovanni 14,15-21

 

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Se mi amate, osserverete i miei comandamenti; e io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Paràclito perché rimanga con voi per sempre, lo Spirito della verità, che il mondo non può ricevere perché non lo vede e non lo conosce. Voi lo conoscete perché egli rimane presso di voi e sarà in voi. Non vi lascerò orfani: verrò da voi. Ancora un poco e il mondo non mi vedrà più; voi invece mi vedrete, perché io vivo e voi vivrete. In quel giorno voi saprete che io sono nel Padre mio e voi in me e io in voi. Chi accoglie i miei comandamenti e li osserva, questi è colui che mi ama. Chi ama me sarà amato dal Padre mio e anch’io lo amerò e mi manifesterò a lui».

 

Il Paràclito

 

Sant’Agostino diceva che l’ostacolo più grande per la sua conversione al cristianesimo era stata la comprensione dello spirito. E quando il mistero divenne per lui meno fitto, ebbe la via libera per introdursi nella fede cristiana. Mi viene spontaneo il ricordo di questo grande pensatore nel rileggere le parole di Gesù di questa domenica: «… lo Spirito della verità, che il mondo non può ricevere perché non lo vede e non lo conosce». Il problema non era soltanto di Agostino; lo è di chiunque si chiude alla fede in Cristo.

“Conoscere lo spirito”: non si tratta di un “privilegio”, un premio destinato ai buoni cristiani, e neppure di una “conoscenza segreta” riservata a qualche iniziato… Facciamo attenzione a questo passo evangelico: Gesù dice che, per conoscere lo Spirito, occorre “vederlo”. E ne indica chiaramente il modo.

Andiamo per gradi.

Anzitutto, Gesù dichiara: «Se mi amate, osserverete i miei comandamenti». Precisamente, non dice: “Se mi amate, dovete osservare i dieci comandamenti”. Sarebbe troppo poco. Bensì: “Se la vostra vita viene investita dall’amore che io ho riversato in voi, allora troverete forza, coraggio e costanza di amarvi gli uni gli altri”. I “comandamenti” di cui Gesù parla, infatti, li conosciamo bene: sono i “suoi”, quelli che egli sintetizza in queste parole: «Amatevi l’un l’altro, come io ho amato voi» (Gv 13,34). L’amore verso Cristo va di pari passo con l’amare i fratelli per amore di Cristo.

Il secondo passo è conseguente. La pratica dell’amore fraterno è il luogo in cui il Risorto si manifesta. Dio diventa visibile là dove l’amore smette di essere, per l’uomo, un desiderio, un’idea, una parola, e diventa dono concreto di sé. Se l’amore è l’essenza stessa di Dio, come tante volte ripete l’evangelista Giovanni, e Dio è in se stesso “Spirito” (Gv 4,24), vorrà dire che ovunque si manifesti l’amore, lì c’è Dio che si rende visibile nel suo Spirito.

Comprendiamo ora perché il “mondo” (inteso nell’accezione negativa di tutto ciò che si oppone alla presenza di Dio, o lo rifiuta negandolo mediante l’egoismo) non è capace di “vedere”, cioè di capire e di ricevere lo Spirito? Chiuso in sé, esso vede solo ciò che gli interessa…

Gesù definisce lo Spirito “il Paraclito”. Questo termine ha due significati: quello di avvocato difensore (colui che prende le difese dei discepoli del Signore al momento del giudizio, poiché il Maligno tenta di accusarli anche presso Dio per perderli), e quello di consolatore (colui che assiste i discepoli nella persecuzione o nell’opposizione che essi dovranno sopportare da parte del mondo.

In effetti, lo Spirito è colui che difende la presenza di Gesù nel cuore dei discepoli e della comunità che essi formano, cioè la Chiesa. Perciò, a ragione possiamo affermare che il luogo dello Spirito è il cuore: egli vi dimora per illuminare e sostenere l’uomo nel suo cammino verso Dio. Lo illumina, nel senso che lo conduce alla pienezza della Verità (che è Cristo) ricordandogli tutto ciò che egli ha detto e fatto; e lo sostiene, accendendo in lui il fuoco dell’amore e sospingendolo ad operare secondo il bene, il vero, il giusto e il bello.

Da parte nostra, vale questa parola di p. Turoldo: «C’è prima di tutto il dovere di credere nell’azione dello Spirito; c’è soprattutto da non avere paura».

 

 

P. Carlo