22.ma  DOMENICA  -  B   : “UN CUORE LONTANO”!   E’ IL LAMENTO DI DIO, OGGI.

 

     Abbiamo appena ascoltato il lamento di Dio nelle parole di Isaia, e fatte proprie da Gesù: “Questo popolo mi onora con le labbra, ma il suo cuore è lontano da me”. E’ uno sconfortante destino che intacca e avvilisce – credo – tutte le religioni. E’ purtroppo così anche del nostro vivere la fede nella Chiesa cattolica. Il problema viene agitato da una discussione tra Gesù e i farisei, per una mancata lavatura di mani. Al centro della discussione non sta la validità, o meno, di alcune pratiche religiose, ma la verità del rapporto con Dio. Il problema cioè non è “se e come” devo lavarmi le mani, ma se un buon rapporto con Dio  debba essere condizionato dal “quando, e come” lavarsi le mani.

     Gesù critica il ritualismo e il formalismo dei farisei e condanna la loro presunzione di voler programmare anche un buon rapporto personale con Dio. La casistica esasperata dei farisei finisce per soffocare la bellezza e la libertà di un rapporto vero e filiale con Dio. E’ chiaro che le parole di Gesù non sono soltanto una risposta alla domanda degli scribi e farisei; sono anche un insegnamento che è per tutti, in particolare per  i suoi discepoli, e per tutti noi. Viene anzi da pensare che l’intento dell’evangelista sia di scuotere in particolare i discepoli, elencando per loro una lunga serie di mali, che non derivano  dalla mancata igiene delle mani, non lavate, ma che vengono dall’interno dell’uomo, cioè dal cuore.

     Gesù oggi ci avverte con forte richiamo: “Trascurando il comando di Dio, voi osservate la tradizione degli uomini”. Oggi il Signore ci ricorda, per l’ennesima volta, che, per ritenerci giusti, non può bastare una liturgia ben condotta; non è sufficiente neppure la fedeltà alla Messa festiva, e tantomeno essere rispettosi delle tradizioni. Per molti, ancora oggi, “credere” significa “fare”, o meglio, “non fare”,  qualche cosa. Potremmo piuttosto interrogarci se, e quante volte!, ci troviamo citati nel lungo e impietoso elenco che Gesù ci ha poc’anzi ricordato. Dal cuore, ossia dalla coscienza, devono invece fiorire la misericordia che sa perdonare le offese, l’onestà, il servizio ai poveri, una vita serena in famiglia. E’ quello che esce dal cuore che conta! Alla fine saremo tutti giudicati sull’amore, e non se siamo stati fedeli alle tradizioni.

     Gesù ci invita al cambiamento;  non fuori, ma dentro! Solo un cuore che veramente incontra Dio può, alla fine, fare esperienza di conversione e liberazione. Guai a chi continua a rifiutare il cambiamento, ripetendo con arroganza: “Si è sempre fatto così”!  Dio non apprezza quanti si credono fedelissimi nel custodire belle icone, oggetti sacri e belle tradizioni, ma hanno il cuore “lontano”.  Dio ama i cuori che restano a lui vicino; avere il cuore vicino a Dio equivale ad arricchire il proprio cuore sul modello del cuore del Padre: per avere cioè un cuore umile e mite, come quello di Cristo. Cristo non intende condannare nessuna legge, e nemmeno dà pareri sulle nostre feste e tradizioni; condanna invece il legalismo, la falsità, l’ipocrisia.

     Vale la pena ricordare ancora le parole severe di Gesù: E’ dal cuore degli uomini che escono i propositi di male: impurità, furti, omicidi, adulteri, avidità, malvagità, inganno, dissolutezza, invidia, calunnia, superbia, stoltezza. Tutte queste cose cattive vengono fuori dall’interno e rendono impuro l’uomo”. La religione non è vera, e non salva, quando è ridotta a sola esteriorità, e con il cuore cattivo. E’ decisamente scomodo questo avvertimento di Gesù; ma questo è il suo pensiero. Non si può dare lode a Dio con la preghiera, se la preghiera non produce carità, pace, perdono, amore fraterno. In chiusura, voglio riproporre la preghiera che abbiamo trovato all’inizio della Messa: “O Dio, nostro Padre, ravviva la nostra fede, perché si sviluppi in noi il germe del bene e, con il tuo aiuto, maturi fino alla sua pienezza”.  Amen.