VI DOMENICA  di Pasqua                       9.05.2010

 

Atti 15,1-2.22-29

Apocalisse 21,10-14.22-23

Vangelo secondo Giovanni 14,23-29:

 

 

Gesù disse: «Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui. Chi non mi ama, non osserva le mie parole; e la parola che voi ascoltate non è mia, ma del Padre che mi ha mandato. Vi ho detto queste cose mentre sono ancora presso di voi. Ma il Paràclito, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, lui vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto. Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo, io la do a voi. Non sia turbato il vostro cuore e non abbia timore. Avete udito che vi ho detto: "Vado e tornerò da voi". Se mi amaste, vi rallegrereste che io vado al Padre, perché il Padre è più grande di me. Ve l’ho detto ora, prima che avvenga, perché, quando avverrà, voi crediate».

 

La dimora di Dio

 

Il vangelo di questa domenica introduce tre temi fondamentali: l’amore verso Gesù, lo Spirito Santo e la pace. Vorrei, proseguendo il tema di domenica scorsa, soffermarmi in particolare sul primo.

C’è da rimanere affascinati alla prospettiva che Dio non voglia rimanere relegato nel suo cielo lontano, ma venga ad abitare molto vicino a noi: in noi stessi. A volte pensiamo sia soltanto un pio desiderio, invece è proprio quanto Gesù promette: «… prenderemo dimora presso di lui». Una promessa che è risoluto mantenere, se è disposto a indicarci la nostra parte, cosa dobbiamo fare.

«Se uno mi ama, osserverà la mia parola», dice Gesù. L’amore come luogo d’incontro tra Dio e l’uomo, luogo in cui abitare, perché Dio possa rimanere in noi e noi in Dio. Un tema caro all’evangelista Giovanni, che svilupperà in particolare nella sua prima Lettera.

L’affermazione di Gesù è molto più bella e più profonda di quanto noi, a volte con troppa leggerezza, siamo disposti a intendere. Ossessionati dal nostro voler essere «pratici», dall’avere sempre chiaro «cosa bisogna fare», dallo scrupolo di essere sempre «in regola» osservando i comandamenti, di risultare «perfetti» di fronte a un Dio che non sorvola neppure sulla più piccola mancanza… siamo immediatamente portati a centrare la nostra attenzione su quel «osservare». Riduciamo la vita cristiana a «osservare i comandamenti». Condizionati da questi presupposti, siamo indotti a prendere le parole di Gesù come altrettanti precetti da mettere in pratica. Questa sarebbe la via per arrivare ad amarlo. È proprio questo il suo insegnamento?

Ricordavamo domenica che Gesù ci indica la modalità (il come) amare: «Come io ho amato voi». Quindi, amare Gesù significa amare come lui, essere disposti come lui a dare anche la propria vita. Amore come dono e come servizio. Nulla di diverso.

Osservare al sua Parola equivale dunque ad amare come lui ci ama. Questo e non altro è il suo comandamento. È come se egli dicesse: «Se ami, stai già osservando la mia parola; se ami, tu sei in me e io sono in te; se ami, io e il Padre abbiamo già preso dimora in te. E il segno di questa presenza, tutt’altro che emotiva o ideale, è il fatto che tu mi stai seguendo sulla via del dono e del servizio ai fratelli!».

Allora, non c’è prima l’osservanza dei comandamenti e poi seguirà l’amore, come neppure c’è prima l’amare (tutto sentimento e pii pensieri) Cristo e poi l’osservare la sua parola… L’invito di Gesù non prevede un prima e un poi. C’è solo contemporaneità.

Da notare, infine, il condizionale e il futuro: «se uno mi ama… osserverà». Estrema delicatezza di Gesù, che invita, non impone. Ti indica e la via della vita e ti lascia fare il primo passo. Comprendiamo ora, perché Gesù si sia sempre opposto con tanta durezza all’insegnamento degli scribi e farisei, che riducevano tutto a comandi, regole, precetti?

Vorrei concludere con una preghiera tratta dalle Confessioni di sant’Agostino: «Signore, dammi ciò che comandi e comanda ciò che vuoi» (X,29): chiedimi pure di amare il mio fratello e di perdonare il mio nemico e di pregare per il suo bene, come hai fatto tu; ma metti in me il tuo amore, senza il quale non riuscirei neppure a fare un passo dietro a te.

 

P. Carlo