32.ma  DOMENICA  -  B  :   ALLA  SCUOLA  DEI  POVERI

 

     Domenica scorsa Gesù ci ha ricordato che “amare Dio e amare il prossimo” è il primo e il più importante comandamento; è cioè la strada tracciata da Dio che porta a salvezza. OGGI, l’evangelista Marco ci fa conoscere un Gesù inedito: un Gesù che troviamo seduto all’ingresso del tempio, accanto alla cassetta delle offerte, ad osservare “come la folla vi gettava monete”. Annota Marco che Gesù era infastidito dal tintinnio delle monete pesanti dei ricchi, introdotte con ostentazione nella cassetta, per essere notati e applauditi dai presenti. Gesù invece ferma la sua attenzione su “una vedova povera che vi getta due monetine”. E’ a questo punto che Gesù prende l’iniziativa e richiama l’attenzione dei suoi discepoli per dare la sua valutazione; disse: “In verità, in verità vi dico: questa vedova, così povera, ha gettato nel tesoro più di tutti gli altri… Vi ha infatti gettato tutto quello che aveva, tutto quanto aveva per vivere”.

     Ecco dunque, al centro dell’attenzione, una donna, povera e sola, con in tasca un fazzoletto, dove teneva annodati quei due spiccioli che le servivano per prendersi qualcosa  da mangiare, e invece li mette nella cassetta delle offerte, forse un po’ vergognosa per il troppo poco che dava. Un grande insegnamento anche per tutti noi: Quella vedovella aveva dato tutto! e senza rimpianti! perché sapeva che Dio è provvidenza e amore, certa che Dio non l’avrebbe mai abbandonata. A questo punto, penso che anche noi dovremmo farci qualche domanda. Anche noi diamo l’elemosina, sia in chiesa, sia a quanti per strada ci tendono la mano; anche noi partecipiamo a “raccolte” per beneficenza; ma sempre con il superfluo! Come quando portiamo alla Caritas vestiti e scarpe in disuso.

     Nel Vangelo di oggi, Gesù non è attratto dal tintinnio delle monete d’argento; Gesù vede quello che sfugge agli occhi dei più; cioè la generosità, l’amore, che vengono espressi non tanto con le cose che si danno, ma con il sorriso, nella discrezione per non umiliare, con misericordia.  Pur senza saperlo, la vedova “delle due monetine” impartisce anche a noi una straordinaria lezione  di fede. Ella è figura del discepolo che riconosce la signoria di Dio sulla propria vita e sul suo “incerto futuro”. Ella non aveva del superfluo da dare; si è liberata del poco che aveva, perché sapeva di appartenere a Dio e perciò aveva riposto in lui tutta la sua fiducia. Agli occhi di Gesù quei due spiccioli diventano ORO, un dono molto prezioso agli occhi di Dio. Gesù ha richiamato l’attenzione dei suoi per offrirci un modello di umile e fiducioso abbandono in Dio.

     Tutte e due le vedove, incontrate oggi, hanno dato solo il poco che avevano, privandosi del loro necessario; e nessuna delle due è morta di fame! Ecco perché danno un messaggio di fiducia e di speranza per tutti noi e per i politici del nostro tempo. A noi - sommersi  nel consumismo e nel nostro “superfluo”- dice ancora qualcosa questa pagina di Marco? Concretamente, noi, che cosa diamo per i poveri? Solo uno spicciolo? Solo gli avanzi delle nostre mense? Le confezioni in scadenza? Solo lo scarto dell’usato? Oppure, come Gesù, proviamo compassione per la sofferenza altrui e facciamo sosta per offrire la nostra solidarietà. Sappiamo bene che c’è una povertà che non attende solo un aiuto in denaro; molte volte sono più utili e necessari semplici gesti d’amore: una carezza, un sorriso, un po’ di compagnia, una parola di conforto, una telefonata, un biglietto d’auguri e – perché no? – un rosario recitato insieme.

     Due spiccioli, amici miei, ce li abbiamo tutti! E tiriamoli fuori! Dobbiamo solo imparare a essere generosi. Più si dà a Dio e agli altri, più diamo a noi stessi. Al termine della vita, troveremo soltanto quello che avremo dato agli altri con amore e per amore. Nei nostri detti, è rimasta proverbiale  l’espressione “l’obolo della vedova”, non certo per screditare l’umiltà del dono, bensì per celebrare la generosità del gesto. A volte, quando anche noi diamo un aiutino, diciamo: “E’ poco, ma dato col cuore”!  E termino con la saggia osservazione di Tagore: ciò che do agli altri, questo resta; non scenderà con me nella tomba, starà nelle mani di tutti.  Amen.