SESTA  DOMENICA  -  B  :  DIO PROVA COMPASSIONE PER L’UOMO CHE SOFFRE

 

     Trovo straordinariamente bella questa pagina di Marco che ci fa conoscere un Gesù che prova compassione per i tanti drammi che affliggono noi uomini. Oggetto della sua compassione è, oggi, un lebbroso. Al tempo di Gesù la Legge prescriveva che l‘ammalato di lebbra doveva allontanarsi dalle persone sane per evitare il pericolo di contagio; doveva allontanarsi persino dalla propria famiglia, dalle persone più care: era costretto a nascondersi in luoghi isolati, assieme ad altri sventurati, colpiti dalla stessa malattia. Ecco perché il lebbroso che troviamo inginocchiato davanti a Gesù, ha messo a rischio non solo la propria vita, per essere uscito dal suo forzato isolamento, ma anche la vita di Gesù, il quale, toccandolo, poteva venire contagiato. Marco dice tutto in poche righe: “Il lebbroso lo supplicava in ginocchio e gli diceva: se vuoi, puoi purificarmi. Ne ebbe compassione, tese la mano, lo toccò e gli disse: lo voglio, sii purificato!”.

     Gesù ha provato compassione per questo poveretto; e non solo per la devastazione del suo corpo, ma anche per come era costretto a vivere la sua malattia: senza medicine e senza alcuna assistenza sanitaria; e soprattutto senza il calore e il conforto della famiglia.  Sono questi sentimenti che fanno compiere a Gesù un gesto vietato: toccare il lebbroso con la mano. Gesù sapeva bene che l’amore esige presenza e fisicità; il suo è stato un gesto spontaneo per dimostrare attenzione, simpatia, e soprattutto assoluta mancanza di paura. Semplice è stata la risposta di Gesù: “lo voglio, guarisci!”. Tutto molto semplice – è il nostro commento al miracolo. Eppure nel gesto di toccare il lebbroso c’è tutto Gesù: c’è la sua missione; c’è il suo dono; c’è salvezza. Proprio per questo, Gesù, il Figlio di Dio, si era fatto uomo: per toccarci, per farci sentire la sua vicinanza, per farci partecipi della sua misericordia.

     Con questo miracolo, Gesù è ancora alle prime battute della sua vita pubblica; ben presto però, proprio Lui, che ha “toccato con mano” la nostra sofferenza e malattie varie, dovrà a sua volta “essere toccato” dall’odio e dalla nostra cattiveria; e anche il suo corpo verrà sfigurato dal dolore, dall’angoscia, dalle percosse e da una lunga e straziante agonia. Gesù tocca il lebbroso, a volerci ricordare che è proprio questa la strada dell’amore. Il lebbroso guarito è da Gesù invitato a non divulgare la notizia per non essere cercato – e tantomeno ritenuto – un “guaritore”, o un “santone”. Ma il lebbroso guarito non può tacere; e così, inconsciamente, diviene “apostolo”, dimostrando che tutti possono diventare annunciatori di Gesù.

     Il gesto di Gesù ci manifesta la compassione di Dio verso ogni creatura che soffre; al lebbroso non viene ridonata solo la guarigione; qui viene sconfitta anche la solitudine e la segregazione e gli viene restituita la famiglia! Gesù è venuto per offrire a ogni uomo e donna la salvezza totale, del corpo e dell’anima. Gesù ha toccato un intoccabile! per ricordarci che non esiste uomo senza diritti; tutti siamo ugualmente amati da Dio. Amici, questo è Gesù; così è il nostro Dio! Le parole e l’esempio di Gesù sono un chiaro messaggio per noi che, così spesso, ci comportiamo in modo egoistico e, a volte, addirittura in modo crudele, verso i poveri, e verso chi conta poco o niente.  Succede quando non sappiamo stendere la mano e aprire il nostro cuore verso chi è meno fortunato. Non vi pare che dovremmo fare nostro il motto dei Tre Moschettieri: “Tutti per uno, e uno per tutti”? E fare nostro l’invito di Papa Francesco ad aprire gli occhi, il cuore e le mani verso le vecchie e nuove povertà, che non sempre sono espresse nella fame di pane, ma anche nella povertà di vita, di amore, di lavoro e di coinvolgimento.

     Oggi, fratelli, il braccio di Dio nel mondo siamo noi! Tocca a noi alleviare sofferenze, guarire malattie, correggere gli squilibri sociali. Istintivamente noi siamo soliti allontanare ed evitare quanti ci disturbano. Come cristiani, dovremmo invece essere in prima fila, a stendere la mano per un aiuto, per una carezza, per dire: “ciao, amico, hai bisogno?”. Potessimo anche noi, a ogni richiesta di aiuto, rispondere con generosità e con la forza di Gesù: “Lo voglio!”.   Amen.