DOMENICA   5.a   -   A   :   FARSI SALE E LUCE PER IL MONDO

 

     L’evangelista Matteo, nel cap. 5 del suo Vangelo, dopo averci presentato le Beatitudini come normativa per dare una identità ai discepoli del Signore, ci offre oggi un ulteriore testo per sottolineare nuovamente  le prerogative indispensabili che devono caratterizzare il discepolo, con le due immagini del sale e della luce; sono due accostamenti che troviamo spesso nella Bibbia, per descrivere il prototipo del discepolo e della sua missione nel mondo. Dice Gesù: “Voi siete il sale della terra – voi siete la luce del mondo”. Non dice: “Mi piacerebbe che voi foste sale e luce”; né dice: “Sarebbe bello che…”. No. Annuncia invece una realtà; ne fa una constatazione! E dice: “VOI SIETE LUCE E SALE”!

     Noi conosciamo il destino del sale: è quello di disperdersi nei cibi per dare sapore gradevole al nostro palato; il sale è utile se scompare nel cibo. E non può essere  sparso a caso, ma nella giusta misura, per essere gradevole. L’invito di Gesù ai cristiani è fin troppo evidente: Anche i cristiani sono invitati a disperdersi nei diversi luoghi in cui si trovano a vivere; importante è far giungere ovunque il buon sapore del Vangelo; quel sapore che rende belle tutte le iniziative pastorali e missionarie della Chiesa. Penso che difficilmente si possa trovare un’immagine più efficace per suggerire a noi come testimoniare la nostra fede e il nostro amore per l’uomo. Pensiamo al “segno” lasciato da San Francesco e Madre Teresa di Calcutta: Nella loro vita, nessuna attenzione al proselitismo; il loro unico intento era: servire il Signore nei poveri e nei lebbrosi, i quali – come ci ricorda Papa Francesco – sono “carne di Cristo”!

     I cristiani non sono solo sale, ma anche luce; una luce che sia gioia agli occhi e aiuto a fugare  paure, malintesi e nebbie; luce che consente di conoscere la verità e di sceglierla. Gesù definisce i suoi discepoli “sale e luce”; ma ci mette sull’avviso che, se siamo sale avariato, e luce nascosta, non siamo più utili a nessuno. Papa Francesco torna spesso a ricordarci che dobbiamo uscire per immergerci nelle più diverse realtà, e “sperderci” in esse. Questo “sperdersi” implica un morire quotidiano; significa farsi lievito e linfa per far crescere la comunità degli uomini. Il brano sottolinea infatti la dimensione universale  di questa responsabilità che Gesù ha affidato ai suoi discepoli; Gesù dice esplicitamente “sale della terra e luce del mondo”; non quindi  per pochi o per qualcuno,  ma per tutti, per tutto il mondo.

     Gesù è stato categorico nella definizione dei discepoli; chi si sottrae a questo compito diventa inutile; è da buttare via. Dobbiamo perciò scrollarci di dosso lo scoraggiamento, la delusione, la pigrizia, la tiepidezza. Dio ci ha creati a sua immagine e somiglianza; il Battesimo ci ha, di nuovo, immersi nella vita trinitaria, consegnandoci la luce della fede, nel segno di una candelina che ha attinto la fiamma dal Cero Pasquale, con la consegna di alimentare quella fiamma fino all’incontro ultimo con Cristo. Fratelli, se siamo cristiani, non c’è motivo alcuno perché ci dobbiamo nasconderci. Ci avverte Gesù: “Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al Padre vostro che è nei cieli”.

     I cristiani sono chiamati a fare il bene, non per ostentazione, ma per amore. Essere sale e luce significa in definitiva essere santi. Il credente è come una città posta sul monte – dice Gesù – non può restare nascosta. Io non sono stato chiamato per salvare il mondo; solo Gesù poteva;  e l’ha fatto, passando dalla croce. Viene però chiesto a me di vivere da salvato; di rendere presente la salvezza con il mio stile di vita, attraverso una carità fattiva e concreta, mettendo in atto le opere di misericordia. Con la nostra vita e con il nostro esempio siamo chiamati a dare gusto, senso e luce alla vita del mio prossimo. Essere cristiano è sempre anche un impegno sociale: “Gratuitamente avete ricevuto – dice Gesù – gratuitamente date”. Il cristiano deve essere capace di parlare con la vita. Essere sale, essere luce, non è un vanto, ma una responsabilità, che ora, con voi, porto nella preghiera, già ascoltata all’inizio: “O Dio, donaci il vero spirito  del Vangelo, perché – ardenti nella fede e instancabili nella carità – diventiamo luce e sale della terra”.  Amen.