5 .a  di  QUARESIMA  -  C  :   G   E   S   U’ 

 

     Nell’antico Israele, la flagrante violazione della fedeltà coniugale veniva punita con la morte per lapidazione, la stessa pena che era riservata agli omicidi e bestemmiatori. Gesù è nel tempio; insegna. Ed è proprio a lui, il Maestro, che scribi e farisei conducono una donna sorpresa in adulterio; la donna è stata portata con forza davanti a Gesù, nella speranza di mettere in difficoltà il Maestro; pongono a lui la domanda che doveva costringere Gesù a prendere posizione: “Maestro, questa donna è stata sorpresa in flagrante adulterio. Ora Mosè ci ha comandato di lapidare donne come questa. Tu che ne dici?” Scribi e farisei conoscevano la predilezione di Gesù per i poveri e gli ammalati; conoscevano anche i tanti gesti di cordialità e condiscendenza verso i peccatori. La domanda posta a Gesù aveva l’intento di avere l’assenso di Gesù sulla condanna, per avere motivo di smentire la tanto proclamata misericordia.

     Agli scribi e farisei non interessava né la donna, né il suo peccato; interessava soltanto poter mettere in cattiva luce Gesù e il Vangelo che predicava. L’adultera era soltanto un’esca per mettere sotto processo il Messia. Gesù non si sottrae alla sfida; la raccoglie senza paura. Ma prima si china a terra per scrivere con un dito sulla polvere. Che cosa scrive? L’evangelista non lo dice. Viene comunque da supporre che scrivesse o il loro nome o i loro peccati; ma a noi interessa di più conoscere la soluzione dell’enigma. Dietro la loro petulante insistenza, Gesù sentenzia: “Chi di voi è senza peccato, getti per primo la pietra contro di lei”. Gesù non ha eluso la legge; semplicemente ha disarmato quegli energumeni; non solo sono cadute le pietre dalle loro mani, ma – alla chetichella – iniziando dai più anziani, hanno abbandonato il campo. Gesù ha costretto gli accusatori a spostare il giudizio su se stessi, perché – scoprendosi pure loro peccatori – potessero vergognarsi della loro malizia e falsità.

     Per la donna, rimasta sola davanti a Gesù, non una parola di condanna; solo un forte invito:”Donna, dove sono? Nessuno ti ha condannata?  Ella rispose: nessuno, Signore. E Gesù disse: Neanch’io ti condanno; VA E D’ORA IN POI NON PECCARE PIU’”. Il perdono di Dio è così: non solo cancella il passato, ma crea un futuro nuovo e migliore. Gesù invita la donna a riprendere in mano la sua vita e a porre fine a relazioni equivoche, per ricominciare una nuova vita. Gesù l’ha salvata, non solo perché le ha risparmiato una morte certa e crudele, ma anche perché ha riconsegnato una mamma ai suoi bambini e alla sua famiglia; anche a lei – come al figliol prodigo – ha ridato una veste nuova; anche a lei ha restituito l’anello nuziale.

     E qui tornano alla mente altre dichiarazioni di Gesù: “Non sono venuto a condannare, ma a salvare ciò che era perduto”; e ancora: “Non voglio la morte del peccatore, ma che si converta e viva”. Gesù, chiaramente, non giustifica l’adulterio, non banalizza il peccato e il tradimento; più semplicemente dice a chi lo cerca per avere salvezza: “Ti sono perdonati i tuoi peccati, va’ in pace e non peccare più”. Dio è più grande dei nostri peccati. Il Padre ha inviato a noi il proprio Figlio con un preciso mandato: “Che nessuno vada perduto!”  Gesù ha perdonato la donna per offrire a lei una nuova opportunità di vita, pulita e onesta. Gesù è misericordia e perdono; ma il suo perdono non va confuso con un generico “buonismo”. Quella di Gesù è una misericordia esigente!

     Oggi, Gesù rivolge anche a noi l’ammonimento: “NON PECCARE PIU’!”. Altre volte, Gesù ci chiede di offrire il nostro perdono come condizione per avere il suo perdono; ci chiede di non giudicare; ci chiede soprattutto di ricordarci che anche noi siamo stati tante volte perdonati da Lui. Potremmo però  chiederci se, anche tra noi, c’è chi cammina con le pietre in mano, per colpire, per denigrare, per creare divisione in famiglia e nella comunità; o che tiene sempre il dito puntato nel gesto accusatorio: sono gli eterni scontenti e guastafeste. Fratelli, l’esortazione a “non peccare più” vale per tutti, anche per noi. Lasciamoci allora con la bella preghiera già ascoltata all’inizio: “Dio di bontà, davanti a te sta la nostra miseria: Tu hai mandato il tuo Figlio unigenito non per condannare, ma per salvare il mondo, perdona ogni nostra colpa e fa’ che rifiorisca nel nostro cuore  il canto della gratitudine e della gioia”.  Amen.