SECONDA DI QUARESIMA  -  B   :   IL TABOR E IL Monte MORIA

 

     La prima lettura e il Vangelo ci fanno ritrovare ai piedi  di due montagne: il monte Mòria e il Tabor; verso la cima del primo monte sta salendo Abramo con il figlio Isacco; mentre sul monte Tabor stanno salendo Gesù con Pietro, Giacomo e Giovanni. A prima vista, l’accostamento “liturgico” dei due episodi potrebbe sembrare strano; ma vedremo che non lo è. Dio aveva fatto dono di un figlio ad Abramo, quando lui e la moglie Sara erano abbondantemente fuori età. Poi Dio aveva promesso ad Abramo – come premio fedeltà – che la sua discendenza sarebbe stata numerosa come le stelle nel cielo. Abramo non sa come; ma continua a credere a questa strana promessa, pensando alle fortune di Isacco, suo unico figlio. Senonchè Dio chiama Abramo e gli chiede di raggiungere il monte Mòria e lì di sacrificargli  Isacco. Possiamo solo immaginare lo strazio di Abramo, mentre percorre il mesto cammino, in un silenzio imbarazzante, rotto solo da una domanda del figlio che, a un certo punto, chiede: Padre, hai il coltello per uccidere e la legna per il fuoco; ma dov’è la vittima? E il padre a lui: Figlio, Dio provvederà. Secondo studi recenti, il monte Mòria, indicato per il sacrificio di Isacco, sarebbe lo stesso monte Calvario, dove Gesù si farà Vittima per i nostri peccati; ed è proprio qui che Dio trova Abramo disposto a sacrificare il proprio figlio, come prova suprema d’amore e di fedeltà. Di certo, Dio non voleva la morte di Isacco; la disponibilità di Abramo a obbedire a Dio con un gesto estremo, ha commosso il cuore di Dio che ha salvato la vita a Isacco e ha di nuovo rinnovato la promessa di una discendenza, numerosa come le stelle del cielo. La Chiesa ha ravvisato nella promessa di Dio l’immensa schiera dei credenti, di ogni tempo e luogo che, proprio a motivo della fede, sono ritenuti “figli di Abramo”.

     Noi ora ci uniamo al drappello che, con Gesù, sta salendo su un altro monte, il Tabor, il monte della Trasfigurazione. Sappiamo che nella vita di Gesù, nulla accade per caso; infatti, Pietro, Giacomo e Giovanni  sono gli stessi che Gesù chiamerà, accanto a sé, nell’Orto degli Ulivi, per avere da loro un po’ di conforto. Qui, i tre fanno esperienza di Gesù che manifesta tutto lo splendore della gloria del Cristo risorto. Ne restano incantati, senza parole; Pietro, sempre disposto a intervenire, anche a costo di brutte figure, esprime il suo desiderio, nell’intento di prolungare questo tempo di grazia, e si offre a costruire tre capanne, una per Gesù, una per Mosè e una per Elia. A interrompere l’incanto, ecco – così leggiamo in Marco - “venne una nube che li copri con la sua ombra e dalla nube uscì una voce: Questi è il Figlio mio, l’Amato: ASCOLTATELO!”. Fratelli, questa Voce, emersa dalla nube, è stata ripetuta oggi anche per noi. Dio chiede di credere alla sua Parola, di fidarci e di farci condurre.

     Dio è sempre accanto a noi; ci parla per indicare la strada giusta, quella che va bene per noi. Questa Voce non viene solo dalla nube; essa può venire anche dalla nostra coscienza; viene da una guida spirituale, o da un amico; soprattutto dai nostri genitori, o anche attraverso gli eventi della vita. Discepolo è colui che “ascolta” il Maestro e crede nella efficacia della sua Parola. Gesù ha paragonato la sua Parola a un seme che viene seminato nella terra. Nostro compito è preparare un terreno dissodato e concimato; poi il seme rinasce con forza propria e produce i suoi frutti. Concludo con le belle parole che l’apostolo Paolo ha scritto nella lettera ai Romani: “Fratelli, se Dio è per noi, chi sarà contro di noi?…Cristo è morto, anzi è risorto, sta alla destra di Dio e intercede per noi”.  Amen.

 

 

 

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