Domenica delle Palme                            24.3.2013

 

 

Passione di nostro Signore Gesù Cristo

Secondo Luca 22,14 – 23,56

 

 

La liturgia della domenica delle Palme, con la solenne processione introduttiva alla celebrazione dell’Eucaristia, ci fa partecipare all’ingresso di Gesù in Gerusalemme. Con questo rito si apre la Settimana Santa.

Il cammino quaresimale di penitenza, lungo il quale abbiamo messo a prova la nostra fede, l’abbiamo alimentata con la preghiera, l’ascolto della Parola e le opere di carità e di rinuncia, è giunto alla sua meta. Ora, si apre il tempo in cui celebriamo il mistero della passione, morte e risurrezione del Signore.

Vogliamo soffermare la nostra attenzione sul Giovedì Santo, il giorno in cui facciamo memoria dell’ultima Cena del Signore, nella quale Gesù ha istituito l’Eucaristia, sacramento del dono di sé, del suo sacrificio per la salvezza di tutti gli uomini, sacramento della sua presenza tra noi e in noi.

Gesù sta celebrando la Pasqua ebraica con i suoi discepoli. Sta compiendo il gesto antico, che ricorda la liberazione del popolo di Dio dalla schiavitù egiziana. A questo gesto egli dà un nuovo significato: è l’anticipazione di ciò che egli sta per compiere con la sua morte e risurrezione, è il segno della nostra liberazione dalla schiavitù del peccato e della morte.

In questa celebrazione Gesù raccoglie il senso della sua vita. Era venuto tra noi con la missione, unica, di far conoscere il Padre: «Che conoscano te, unico vero Dio» (Gv 17,3). Egli lo rivela a noi per farci entrare in comunione con lui. La conoscenza del Padre è per noi redenzione e salvezza. Per questa missione che ha al centro il Padre (per il quale egli è ed esiste) Gesù dona la propria vita. Ama noi e dona la sua vita per noi per manifestarci e riversare in noi l’amore del Padre e per consegnarci al Padre suo.

Gesù raccoglie nella celebrazione pasquale dell’ultima Cena tutto l’amore per il Padre e per noi che lo ha guidato nell’incarnazione e lo ha sorretto lungo la propria esistenza nascosta a Nazaret e lungo il periodo di missione pubblica per le strade della Palestina. Il senso della sua vita è dunque lì: nel gesto di lavare i piedi ai discepoli, dicendo: «Come ho fatto io, così fate anche voi»; nel gesto di prendere il pane, spezzarlo e distribuirlo, spiegando: «Questo è il mio corpo sacrificato per voi»; nel gesto di prendere il calice di vino, distribuirlo ai presenti, dicendo: «Questo è il mio sangue, quello della nuova alleanza, versato per voi».

Sono semplici gesti d’amore e di offerta, che raccolgono una vita d’amore. Per questo, egli consegna a noi la sua ultima Cena: perché rivivendola, noi entriamo nella sua vita, nel senso della sua vita, nell’amore che lo unisce al Padre. Ed egli ci lascia il compito di ripeterlo come sacramento della sua Pasqua: «Fate questo in memoria di me».

Gesù continua lungo tutti i tempi la sua missione d’amore per farci conoscere il Padre, per portarci a lui. E allora, ogni volta che noi celebriamo l’eucaristia, entriamo nella sua Pasqua, gli portiamo non solo noi stessi, ma i nostri fratelli di fede e gli uomini tutti, poiché tutti sono figli di Dio bisognosi di perdono e di salvezza.

La nostra missione è di portare agli uomini il Figlio e il suo sacrificio. E come lui si sentiva bruciare da questo fuoco d’amore e non vedeva l’ora che incendiasse la terra, così anche noi dobbiamo desiderare che il fuoco dell’amore di Dio entri nello spirito, nella coscienza, nel cuore dei figli di Dio e li spinga a dare la vita per i fratelli, affinché questi scoprano che sono amati. Amati dal Padre, anzitutto, e perciò oggetto di un amore eterno, inesauribile.

Il giovedì Santo, Cristo ci rivela il vero volto del Padre, Dio di misericordia e di perdono.

 

P. Carlo