OFS Ferrara – Incontro del 16.5.2010 – Santo Spirito

 

Appunti di p. Carlo Dallari

 

 

 

“Sia fatta la tua volontà

come in cielo così in terra”

sintesi per l’attualizzazione

 

 

 

 

Sia fatta la tua volontà come in cielo così in terra:

affinché amiamo te con tutto il cuore,

di te solamente preoccupandoci;

con tutta l’anima  te sempre desiderando,

con tutta la mente tutte le nostre intenzioni a te indirizzando,

il tuo onore in tutto cercando

e, con tutte le nostre forze, in obbedienza al tuo amore

tutte le nostre forze

e i sensi dell’anima e del corpo impiegando e non in altro;

e affinché amiamo i nostri prossimi come noi stessi,

tutti attirando al tuo amore secondo le nostre forze,

dei beni altrui godendo come fossero nostri

nei mali soffrendo insieme

e senza portare offesa alcuna a nessuno.

[FF: 270]

 

“Signore, cosa vuoi che io faccia?”

 

* * *

 

Alcune annotazioni a margine della terza domanda del Padre nostro.

 

«Sia fatta la tua volontà»: una domanda che suscita inquietudine... e ulteriori interrogativi:

-         Cos’è la “volontà di Dio”?

-         Non siamo sicuri di cosa Dio realmente voglia da noi. E se volesse che soffriamo?

-         Ma, Dio “vuole” la sofferenza dell’uomo, dei piccoli, dell’innocente? o anche quella delle creature?

-         E cosa significa “fare” la volontà di Dio?

 

Domande legittime, che esigono risposte convincenti. Risposte che tengano presenti alcuni presupposti necessari:

-         L’immagine di Dio che ci siamo formati: di quale Dio parliamo? di Giove, di un Essere lontano e astratto, o del Padre del nostro Signore Gesù Cristo?

-         E, conseguentemente, il significato di “onnipotenza di Dio”...

 

* * *

 

Non possiamo ridurre la «volontà» di Dio al contenuto dei comandamenti, e il «fare la volontà» a eseguirli. In questo caso, entrerebbe in gioco soltanto l’uomo, non Dio. L’invocazione «sia fatta…» sarebbe una semplice richiesta di aiuto.

L’invocazione chiede, invece, quanto sta a cuore al Padre: dopo aver domandato che egli faccia conoscere il proprio nome di Padre e che attui la propria signoria su tutto l’universo, ora chiede che egli compia quanto vuole per la realizzazione del suo disegno di salvezza. Evidentemente, qui si guarda le cose dalla prospettiva del Padre stesso.

Per entrare in questa prospettiva, teniamo presente che, prima di essere preghiera dei discepoli di Gesù, è invocazione di Gesù stesso.  

Nell’ora dell’agonia e dell’angoscia per la morte imminente, Gesù pregava: «Padre, se vuoi, allontana da me questo calice! Tuttavia non sia fatta la mia, ma la tua volontà» (Lc 22,42). Gesù avrebbe voluto continuare fedelmente la propria missione, senza dover passare attraverso la passione. Ma il Padre non poteva esaudirlo, perché quella fine violenta e ingiusta veniva dagli uomini: o Gesù accettava d’essere vittima tra le vittime della storia, oppure si sarebbe messo dalla parte degli empi, sconfessando così tutta la sua vita spesa nell’amore. Volontà del Padre era che egli vivesse il dono di sé sino alla fine e al massimo grado, perché solo attraverso questa via egli poteva dare compimento al mistero dell’incarnazione, cioè della partecipazione alla nostra umanità, e da questo abisso risalire portandoci con sé per riconciliarci con il Padre.

Gesù, dunque, chiede la forza di realizzare sino alla fine la volontà del Padre, di essere fedele anche a costo della morte di croce. Ed è per questa sua fedeltà e questa obbedienza che noi siamo stati salvati.

 

Gesù ha parlato spesso della volontà del Padre, poiché fare la volontà del Padre era «suo cibo» (cf. Gv 4,34). Arriva a dichiarare d’essere disceso dal cielo non per fare la propria volontà, ma la volontà di colui che lo ha mandato:

 

“Tutto ciò che il Padre mi dà, verrà a me; colui che viene a me, non lo respingerò, perché sono disceso dal cielo non per fare la mia volontà, ma la volontà di colui che mi ha mandato. E questa è la volontà di colui che mi ha mandato, che io non perda nulla di quanto egli mi ha dato, ma lo risusciti nell’ultimo giorno. Questa infatti è la volontà del Padre mio, che chiunque vede il Figlio e crede in lui abbia la vita eterna; io lo risusciterò nell’ultimo giorno” (Gv 6,37-40).

 

* * *

 

L’insegnamento di Gesù spazza via l’oscura sensazione che la “volontà” di Dio sia una sorta di spada di Damocle che pende sulle nostre teste. E non vale richiamare l’affermazione di Gesù: «Due passeri non si vendono forse per un soldo? Eppure nemmeno uno di essi cadrà a terra senza il volere del Padre vostro» (Mt 10,29), cui segue, inevitabile, l’interrogativo: i passeri continuano a cadere, gli innocenti a morire, i bambini a essere venduti... È Dio che lo vuole? È suo volere la morte?

No. Il Vangelo non dice questo. Assicura invece che neppure un passero cadrà a terra “aneu”, cioè indipendentemente dalla conoscenza di un Dio coinvolto nella vita e nel dolore delle sue creature, di un Dio che ha a cuore anche un capello solo del nostro capo. Nulla accadrà nell’assenza di Dio, al di fuori di Dio; nulla accadrà senza che egli ne chieda ragione, oppure che lasci correre, ignorando quanto è accaduto. Mentre dunque tante cose accadono per il diretto volere dell’uomo, nulla viene disprezzato o dimenticato da Dio.

Di sicuro, il Dio di cui parla Gesù è tutt’altro del dio di cui tante volte fantastichiamo: un Dio distratto, lontano, racchiuso nei suoi pensieri impenetrabili, un Giove qualsiasi!

“Volontà” del Padre è che il suo amore concreto, forte, fecondo possa percorrere la nostra storia e arrivare a ciascun uomo, figlio suo, affinché nulla di quel bene che egli ha profuso sulle sue creature vada perso. E si prega che questo buon volere «avvenga, vada avanti», proprio come si chiede per il Regno.

 

Dopo queste premesse, possiamo ben capire in che modo Dio realizzi la propria volontà: il nostro Dio ci salva comunicandoci la sua vita divina (il suo Santo Spirito), chiamandoci a collaborare alla nostra realizzazione personale, prendendo parte alla nostra fatica e al nostro lavoro, alle nostre gioie e alle nostre pene, entrando nelle nostre lacrime, nel nostro dolore, nella nostra morte. È un Dio che non salva dalla sofferenza e dalla morte, ma nella sofferenza e nella morte... Entra in esse perché vuole che raggiungiamo la pienezza della vita e la festa senza fine della sua casa. Vuole dunque la nostra felicità.

Quale “volontà”, infatti, può mai avere un padre, se non quella di radunare nel suo amore tutti i suoi figli? Quale sola volontà può avere il nostro Padre dei cieli, se non quella che tutti noi riconosciamo d’essere suoi figli e viviamo tutti in comunione fraterna, insieme al Figlio suo, che egli ha mandato fra noi per farci conoscere il suo amore e per radunarci in una sola famiglia?

È questo ciò che egli vuole e ciò che noi gli chiediamo di realizzare con la nostra piena disponibilità di collaborazione, sollecitati in ciò dalla Parola di Gesù:

 

“Non chiunque mi dice: Signore, Signore, entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli” (Mt 7,21 Vedi anche: Mt 21,28-30)).

 

“Fare” la volontà di Dio significa entrare in questo suo buon volere, lottando contro tutte le nostre resistenze che proviamo nel compierlo, perché non è scontato che accettiamo facilmente di vivere da figli di Dio, piuttosto che da servi; non è scontato che operiamo secondo carità, come Cristo ha fatto per tutti noi e come ci ha insegnato a operare.

Accogliamo dunque l’esortazione dell’apostolo Giacomo:

 

«Siate di quelli che mettono in pratica la Parola, e non ascoltatori soltanto, illudendo voi stessi; perché, se uno ascolta la Parola e non la mette in pratica, costui somiglia a un uomo che guarda il proprio volto allo specchio: appena si è guardato, se ne va, e subito dimentica come era. Chi invece fissa lo sguardo sulla legge perfetta, la legge della libertà, e le resta fedele, non come un ascoltatore smemorato ma come uno che la mette in pratica, questi troverà la sua felicità nel praticarla» (Gc 1,22-25).

 

* * *

 

Alla fine di queste brevi note, possiamo affermare: pregando: «Sia fatta la tua volontà, come in cielo così in terra»,

-         Chiediamo al Padre che la sua volontà venga a noi, perché è quanto di più bello, di più prezioso e di più entusiasmante possiamo desiderare per noi stessi e per i nostri fratelli.

-         Chiediamo di collaborare con lui, affinché si avveri al più presto e nei migliore dei modi quanto gli sta a cuore, quanto gli suggerisce il suo amore per noi.

-         Chiediamo che aumenti in noi il desiderio di corrispondere al suo amore paterno e aderire ai suoi progetti come lo stesso Figlio suo ha fatto. È una condizione importante, questa, per evitare la presunzione di riuscire, con le sole nostre forze, a compiere quanto gli sta a cuore. Un’adesione che, da parte nostra, sarà data con tutto il nostro essere, con abbandono fiducioso, con partecipazione, e, da parte del Padre, sarà sostenuta dalla grazia del suo santo Spirito e dalla Parola del Figlio suo.

 

Ecco dunque la bellezza della terza richiesta del Padre nostro. Essa ci sospinge a collaborare al disegno d’amore e di misericordia del Padre, il quale desidera, vuole con tutto se stesso che l’amore si realizzi e si dispieghi nella nostra vita e nella storia del mondo, e opera per portare a pieno compimento la nostra felicità.

 

Concludiamo con la preghiera di san Francesco:

 

Onnipotente, eterno, giusto e misericordioso

Iddio concedi a noi miseri di fare, per la forza del tuo amore, ciò che sappiamo che tu vuoi,

e di volere sempre ciò che a te piace,

affinché, interiormente purifica­ti,

interiormente illuminati e accesi dal fuoco dello Spi­rito Santo,

possiamo seguire le orme del tuo Figlio dilet­to,

il Signore nostro Gesù Cristo,

e, con l’aiuto della tua sola grazia,

giungere a te, o Altissimo,

che nella Tri­nità perfetta e nella Unità semplice

vivi e regni glorio­so, Dio onnipotente per tutti i secoli dei secoli. Amen.

[FF: 233].