OFS Ferrara – Incontro del 22.11.2009 – San Maurelio

 

Appunti di p. Carlo Dallari

 

 

 

Sia fatta la tua volontà

come in cielo così in terra

 

 

 

Fiorire là dove si è piantanti,

questa è la volontà di Dio.

 

 

A prima impressione la terza domanda del Padre nostro può sembrare moralistica… Non lo è, ma può diventarlo se riduciamo la «volontà» di Dio ai comandamenti, e «fare la volontà» a eseguirli, poiché, in questo caso, in gioco sarebbe l’uomo, non Dio, e l’invocazione «sia fatta…» sarebbe una semplice richiesta di aiuto. Il contesto biblico, invece, ne rivela il contenuto essenzialmente teologico: guarda le cose nella prospettiva di Dio e chiede ciò che sta a cuore al Padre. Non dobbiamo dimenticare, infatti, che, prima di essere preghiera dei discepoli di Gesù, è invocazione di Gesù stesso. Perciò, se vogliamo comprenderla nel suo vero significato, sarà necessario recuperare il valore che essa aveva per Gesù.

Gesù ha parlato spesso della volontà del Padre, arrivando a dichiarare d’essere disceso dal cielo non per fare la propria volontà, ma la volontà di colui che lo ha mandato (cf. Gv 6,38), e che questa era «suo cibo» (cf. Gv 4,34). Proprio ripercorrendo l’uso che Gesù fa di questo termine e la successiva riflessione della chiesa apostolica, emerge chiaramente cosa significhi «volontà di Dio», «sia fatta, si compia», «come in cielo così in terra».

 

1. La «volontà di Dio»

 

Con l’espressione «volontà di Dio» il NT intende fare riferimento al disegno globale di Dio sull’universo e sulla storia. San Paolo è esplicito: fin dal principio, Dio ci ha predestinati «a essere per lui figli adottivi mediante Gesù Cristo, secondo il disegno d’amore della sua volontà» (Ef 1,5); egli ci ha fatto «conoscere il mistero della sua volontà, secondo la benevolenza che in lui si era proposto per il governo della pienezza dei tempi…» (Ef 1,9-10). Un progetto che ha in Cristo il proprio centro.

La riflessione di san Paolo è motivata dall’insegnamento di Gesù.

 

-         «Tutto ciò che il Padre mi dà, verrà a me; colui che viene a me, non lo respingerò, perché sono disceso dal cielo non per fare la mia volontà, ma la volontà di colui che mi ha mandato. E questa è la volontà di colui che mi ha mandato, che io non perda nulla di quanto egli mi ha dato, ma lo risusciti nell’ultimo giorno. Questa infatti è la volontà del Padre mio, che chiunque vede il Figlio e crede in lui abbia la vita eterna; io lo risusciterò nell’ultimo giorno» (Gv 6,37-40. Cf. anche Mt 18,14: «È volontà del Padre vostro che è nei cieli, che neanche uno di questi piccoli si perda»).

 

Nella parola di Gesù appare chiaramente il suo intento: chiede al Padre di realizzare pienamente il suo disegno d’amore per tutti i suoi figli, specialmente i più piccoli, i poveri, coloro che non contano nulla sulla bilancia della considerazione del mondo. Allo stesso tempo, egli manifesta la sua disponibilità ad entrare nella volontà del Padre per agire come egli stesso agisce verso di noi. Questo comportamento di Gesù dà sostanza alle parole:

 

-         «Non chiunque mi dice: “Signore, Signore”, entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli» (Mt 7,21). C’è chi parla continuamente di Dio, ma poi tralascia di fare la sua volontà. Costoro dovrebbero ricordarsi che è meglio essere cristiani senza dirlo che proclamarlo e non esserlo.

-         «Molti mi diranno: “Signore, Signore, non abbiamo forse profetato nel tuo nome? E nel tuo nome non abbiamo forse scacciato demòni? E nel tuo nome non abbiamo forse compiuto molti prodigi?”. Ma allora io dichiarerò loro: “Non vi ho mai conosciuti. Allontanatevi da me, voi che operate l’iniquità!”» (Mt 7,22-23). C’è chi si illude di lavorare per il Signore; se non opera, non gli serve a nulla.

 

Si entra nella volontà di Dio attraverso l’ascolto e la messa in pratica della parola di Gesù: le beatitudini, il perdono, la riconciliazione, la fiducia nel Padre, la grande carità evangelica che non esclude nessuno, neppure il più piccolo… Una Parola che deve essere non solo accolta, ma anche annunciata, affinché possa proseguire il suo «cammino» (cf. At 6,7; 12,24…) ed essere messa in condizione di agire nel cuore e nella coscienza degli uomini.

 

«Non sia fatta la mia, ma la tua volontà»

(Lc 22,42).

 

Se talvolta viene da pensare che la volontà di Dio sia oscura oppure in opposizione alla nostra, occorre fugare prontamente questa tentazione, considerando anzitutto il rapporto tra Gesù e il Padre, che mostra non esservi alcuna contrapposizione.

 

-         Certamente non c’è coincidenza tra i nostri pensieri e quelli di Dio. Lo afferma bene Isaia: «I miei pensieri non sono i vostri pensieri, le vostre vie non sono le mie vie. Oracolo del Signore. Quanto il cielo sovrasta la terra, tanto le mie vie sovrastano le vostre vie, i miei pensieri sovrastano i vostri pensieri» (Is 55,8-9). Il fatto che non vi sia coincidenza non significa che Dio si diverta ad annullare la nostra volontà. Tutt’altro. Vuole invece offrirci più di quanto potremmo essere capaci noi di offrire a lui. Pertanto, è cosa buona essere disposti a cambiare i nostri pensieri, così Dio può purificarli, dilatarli e spingerli oltre…

-         «Padre mio, se questo calice non può passare via senza che io lo beva, si compia la tua volontà» (Mt 26,42). Anche Gesù compie questo cammino di accoglienza del volere del Padre. La sua è obbedienza vera e totale, a costo di passare attraverso il dolore. Egli non è nel dubbio, non è tentato di disobbedienza. Brama infinitamente compiere l’obbedienza al Padre; solo chiede che essa possa mutare, se possibile. Gesù rimane intatto nella sua fiducia nel Padre.

-         Anche al culmine della sofferenza egli rimane fedele: «Ha salvato altri e non può salvare se stesso! È il re d’Israele; scenda ora dalla croce e crederemo in lui. Ha confidato in Dio; lo liberi lui, ora, se gli vuol bene. Ha detto infatti: “Sono Figlio di Dio”!» (Mt 27,42-43). Questa fedeltà gli ha aperto la via della risurrezione. Sino all’ultimo, Gesù pone la propria vita nelle mani del Padre. Ecco l’insegnamento che ne deriva: abbandonarci alla volontà del Padre che ci ama come il proprio Figlio è la via verso la pienezza della vita e della gioia senza fine.

 

 

«Il mio cibo è fare la volontà di colui che mi ha mandato e compiere la sua opera»

(Gv 4,32)

 

Tutta la cristologia giovannea è centrata sull’obbedienza di Gesù al Padre. Obbedire è ciò che Gesù desidera ardentemente, tanto da farne suo «cibo», a partire dal momento in cui egli si affaccia alla maggior età fino all’ultimo respiro sulla croce.

Dodicenne, ritrovato nel tempio di Gerusalemme dopo tre giorni, così rispose alle rimostranze della madre: «Perché mi cercavate? Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?». Forse non lo sapevano, almeno nella comprensione che lui aveva di quelle parole. Quel fanciullo diventato uomo, sin dall’eternità era rivolto verso il Padre (Gv 1,2: «Egli era, in principio, presso Dio») e per il Padre tutto faceva, tanto da divenirne la perfetta trasparenza e poter esclamare: «Chi vede me, vede il Padre» (Gv 14,9).

 

2. «Sia fatta» questa volontà

 

Da chi deve essere «fatta» questa volontà? È Dio che la compie, oppure noi?

L’inquietudine che suscita normalmente la richiesta di «fare la volontà di Dio» viene svuotata non appena diventa luminoso in noi il significato di questa espressione, quale emerge dall’opera e dalle parole di Gesù: «sia fatta» (la forma passiva, qui, indica che il soggetto del fare è Dio) significa «accada, si realizzi, venga», come quando il progetto dell’architetto viene trasformato in costruzione. È il Padre che opera, è lui il soggetto primo di qualsiasi azione che rientri nel proprio disegno d’amore e di misericordia. Allo stesso tempo, tuttavia, egli non agisce al di sopra della nostra libertà: ci chiama a collaborare al suo disegno, perché desidera, vuole con tutto se stesso la nostra piena felicità. Con il nostro sì, anche noi facciamo la volontà del Padre, collaboriamo alla sua realizzazione.

Ora possiamo ben comprendere quanto sia riduttivo confondere il «fare la volontà» con il semplice obbedire ai comandamenti, come farebbe un servo agli ordini del padrone. Il concetto di compimento della volontà di Dio come rassegnata accettazione degli avvenimenti dell’esistenza o come penoso sforzo teso all’esatta osservanza delle sue leggi, è assente nel NT, dove l’uomo è invece chiamato a collaborare all’attività creatrice del Padre e all’irradiazione del suo amore su tutti i suoi figli.

Dal momento che la volontà di Dio non è mai separata dal suo amore – essendo essa il modo attraverso il quale il suo amore si realizza e si dispiega nella nostra vita e nella storia del mondo –, essa è tutt’altro che un volere misterioso che incombe sulla nostra liberta, qualcosa di indecifrabile da svelare (come leggendo nell’oroscopo...). Piuttosto, è dono d’amore, è grazia che ci consente di dare un senso alla nostra vita e di divenire realmente figli di Dio.

 

In definitiva, con la domanda che «sia fatta la sua volontà», chiediamo al Padre:

-         Che si realizzi il suo progetto di salvezza, il suo desiderio di affermare ed estendere la signoria della propria paternità sull’intero creato;

-         Che tutti gli uomini riconoscano che egli è loro Padre e Signore, vivendo da figli di Dio, come Gesù e assieme a Gesù.

Siamo convinti che, uniti al suo buon volere, realizziamo pienamente noi stessi e siamo felici!

 

3. Come in cielo così in terra

 

Con questa clausola, che conclude la prima parte del Padre nostro, esprimiamo la speranza che la nostra terra diventi il risvolto del cielo, dove il nome di Dio è da tutti e da sempre glorificato, il suo regno e la sua volontà perfettamente realizzati. Questo sogniamo, convinti che il mondo di Dio sia quanto di più bello e di più giusto possiamo desiderare.

Perciò guardiamo in alto, al Cristo glorioso e alla nuova Gerusalemme, non per fantasticare vane utopie, ma per imparare ad essere veramente uomini, come Cristo lo è stato. In questo sguardo è tutta la nostra speranza di procedere verso la piena realizzazione del senso del creato e della storia. È un cammino corale; tutta l’umanità ne è coinvolta. L’intero universo vi partecipa. Esso ora geme nelle doglie del parto, aspettando la piena manifestazione di quella gloria per la quale è stato creato; ha bisogno di essere orientato e guidato alla sua liberazione attraverso l’azione dei figli di Dio. Perciò chiediamo al Padre che affretti questo giorno, anche con il nostro lavoro.

Attraverso le parole «Come in cielo così in terra», il desiderio di Gesù (che il Padre sia amato come egli ci ama) passa direttamente nel nostro cuore. In questo modo, anche noi desideriamo quanto più gli sta a cuore, nella fiducia che, quanto solo lui può portare a termine, lo attivi anche in noi e ci doni la grazia di diventare suoi figli amorosi.

 

Indicazioni per la riflessione

 

Cosa può mai volere di più un padre, se non radunare attorno a sé i propri figli? Quale unica volontà può avere il nostro Padre dei Cieli, se non quella che tutti noi lo riconosciamo come Padre nostro e viviamo tutti in comunione fraterna nella sua casa, insieme al Figlio suo, poiché proprio per questo lo ha mandato a noi?

Gesù attua la missione ricevuta dal Padre suo e ci insegna a disporre mente e cuore ad accogliere quanto il Padre opera per noi; ci invita anche a portare ai piccoli, ai poveri, a coloro che, ancora schiavi del male e del peccato, sono perduti e incapaci di ritornare alla casa del Padre, la buona notizia della loro liberazione. In questo modo, fa incontrare il volere libero del Padre con la nostra volontà, la nostra libertà e il nostro amore. In questo modo, Dio entra in dialogo con noi, come ha fatto con Maria a partire dall’annunciazione.

A differenza di Maria, di fronte al volere di Dio noi abbiamo reazioni non sempre in sintonia con quanto egli si attende da noi. A causa del peccato che ci indebolisce e ci chiude nei nostri limiti, sorgono spesso dubbi, resistenze e talvolta anche il rifiuto. Occorre imparare ad accettare come nostra questa è una fragilità e ad affrontarla con pazienza e con la grazia di Dio.

Tuttavia, siamo anche capaci di tanti piccoli che iniziano la consegna di noi stessi al Padre e la nostra partecipazione alla sua azione nella nostra vita e nel mondo. Da qui il senso della richiesta del Padre nostro: chiedendo «avvenga la tua volontà in cielo come anche in terra»,

 

-         compiamo un atto di affidamento al Padre, permettendogli di realizzare in noi il suo regno, che è quanto di più bello, di più prezioso e di più entusiasmante possiamo mai desiderare;

-         gli chiediamo di cooperare con lui, affinché si avveri al più presto e nei migliore dei modi quanto gli sta a cuore, quanto gli suggerisce il suo amore per noi. Riconosciamo che suo grande desiderio è che la nostra adesione filiale al suo amore ricalchi quella di Cristo e che ci amiamo vicendevolmente come egli ci ha amato. Perciò gli chiediamo che questo suo desiderio diventi anche nostro. È una condizione importante, questa, se vogliamo evitare la presunzione di riuscire con le sole nostre forze a compiere quanto gli sta a cuore

-         entriamo in sintonia con la sua volontà e con quella del Figlio (che sono un unico volere), fiduciosi che da lui, che è un Dio d’amore, può venire soltanto il bene per noi e per tutto il mondo.

 

Questa preghiera ci porti  a comprendere nel profondo del cuore che il Padre non desidera altro che noi, suoi figli, come i fiori più belli e profumati del suo giardino, possiamo fiorire là dove siamo stati piantati.