LE  PALME  :  IL CENTURIONE PROLAMA LA DIVINITA’ DI GESU’

 

     Abbiamo ascoltato il racconto della Passione, secondo Marco. Il Vangelo di Marco – lo sappiamo – è il più antico e il più essenziale, ma denso e incisivo. Non vi sono molte parole di commento. Nel racconto della Passione sono i fatti a parlare nella loro nudità e crudezza. Marco ha voluto presentarci Gesù nella pienezza della sua umanità, nella fragilità nell’affrontare il dramma della Passione. “La mia anima è triste fino alla morte. Restate qui e vegliate” – disse Gesù ai tre che si era portato nel Getsemani. Marco ci introduce nel racconto della Passione con Gesù che sceglie un luogo appartato, dove dedicarsi alla preghiera, per intrattenersi con il Padre, prima di affrontare la grande prova; manifesta al Padre la sua angoscia e paura, e al Padre dice la sua ultima parola:”Non la mia, ma la tua volontà”. La volontà di abbandonarsi nelle mani del Padre ci dà conferma che Gesù non si lascia trascinare dagli avvenimenti, ma li vive da “Signore”. Gesù fa della sua morte un gesto d’amore. La folla grida: “Crocifiggilo!”; e Gesù fa della sua morte in croce un dono per la salvezza di chi lo vuole mettere in croce.

     Il Signore Gesù ha atteso proprio la sua Passione per rivelarci appieno la sua divinità. Al sommo sacerdote che lo interroga se è Lui “il Cristo, il Figlio di Dio benedetto”, Gesù risponde: “Io lo sono”!          Ma la rivelazione più sorprendente ci viene da uno dei soldati presenti alla esecuzione, il centurione. Paradossalmente, proprio davanti alla croce di Gesù, di fronte a quello che a molti appare un fallimento, il centurione riconosce in quell’uomo che muore il “Figlio di Dio”. IL racconto della passione secondo Marco si chiude con questo centurione, un testimone pagano, uno straniero, e perciò, più credibile, che diventa così il primo di quanti giungeranno alla fede. Racconta Marco: “Il centurione, vistolo spirare in quel modo, disse: veramente quest’uomo era il Figlio di Dio”!  Davvero inaspettata questa confessione sulla bocca di un uomo che di esecuzioni  deve averne dirette molte.

     Che cosa ha visto questo centurione per concludere che quel “morto” era Dio? Non è facile per me dare una risposta. Però c’è una constatazione da fare: solo un esperto di morte poteva scoprire la divinità di Gesù, per come Lui, Gesù, ha vissuto la sua lunga e straziante agonia. Noi portiamo, come prova suprema della divinità di Gesù, la sua risurrezione; il centurione ha invece scoperto la divinità di Gesù nella sua morte. Perché? Ma perché solo Dio poteva morire così: Nella sua agonia, Gesù continua a offrire salvezza al buon ladrone – dona a Giovanni sua Madre – invoca perdono per i suoi crocifissori – si abbandona con fiducia al Padre, a cui consegna il suo Spirito. C’era anche chi gridava: “Se sei Figlio di Dio, scendi dalla croce e ti crederemo”. Ma Gesù non scese! E, proprio per questo, fu creduto Dio!

    Fratelli, ecco come muore il nostro Dio. Sulla croce si è compiuta la follia dell’uomo: l’uomo ha voluto inchiodare alla croce il suo Dio; ha voluto disfarsene perché lo pensava un temibile concorrente. Invece Gesù ha scelto di rimanere appeso alla croce, per vivere lì il suo amore “fino alla fine”; lì si è dichiarato re, ma re dei perdenti, re senza trionfi; un re nudo, appeso a una croce – trono crudele – cinto di una corona di spine. Fratelli è iniziata la Settimana santa; viviamola con Maria, l’Addolorata, ripercorrendo con lei la passione del nostro Dio. Non affanniamoci a cercare parole; fissiamo i nostri occhi sul Crocifisso e lasciamo parlare il nostro cuore.  Amen.