OFS Ferrara – Incontro del 28.03.2009 – Corpus Domini

 

Appunti di p. Carlo Dallari

 

 

 

LEGGERE LA BIBBIA

 

 

 

Riferimenti: 2Pt 20-21; 2Tm 3,16-17; Eb 4,12-12; Is 55,10-11. 

 

La Bibbia  

 

La parola “bibbia”, dal greco “ta biblia”, significa “i libri”. Potremmo anche tradurla con: “Piccola biblioteca”.

È composta da 73 libri, scritti all’incirca nell’arco di 1000 anni, divisi in due insiemi: AT (46 libri) e NT (27 libri).

Essa è specchio dell’identità di Israele, popolo per il quale il ricordo di ciò che è stato è attesa di ciò che sarà.

Contiene la promessa di Dio, che è amore e vita, principio e fine di tutto.

È una storia la cui trama ha due protagonisti: Dio e uomo, sempre impegnati per il divenire di felicità stessa dell’uomo.

Per i cristiani, essa è Parola di Dio in parole umane.

 

La Bibbia ebraica/cristiana

 

Tra l’AT e il NT c’è continuità e discontinuità, come tra madre e figlio.

L’AT è il ricordo-racconto del passato di Israele, necessario per vivere il presente e sperare

Il NT è centrato su Gesù, la cui vicenda è narrata dai Vangeli. Gli altri scritti sviluppano l’insegnamento di Gesù e la risposta alla sua azione.

 

Particolarità del NT

 

1) Gesù è l’evento definitivo, è la creazione nuova, è la nuova ed eterna alleanza

 

* “Il tempo è compiuto. Credente al Vangelo”:

* Il Vangelo è Gesù, Parola stessa di Dio (“In principio era il Verbo”…)

* Egli è il frutto buono dell’albero antico; è il vino nuovo del Regno: è venuto a dare compimento alle Scritture e alle Promesse, non a distruggere o ad abolire.

* Gesù opera e parla, fa ciò che dice, realizza  e porta a compimento le Scritture antiche (“Avete udito che fu detto, ma io vi dico”… Tutto egli compie “secondo le Scritture”)

* Nella Legge antica introduce lo Spirito.

* Gesù è evento definitivo di salvezza, perché all’uomo dà accesso al Padre, come sperimenta realmente chi crede in lui.

* La prova di tutto ciò è data dalla sua vittoria sulla morte mediante la risurrezione, e dalla liberazione dal peccato.

 

 

 

2) Il principio di incarnazione

 

* Gesù non ha scritto niente. Per questo il cristianesimo non è considerato una “religione del Libro” (come vorrebbero i musulmani); e neppure può semplicemente dirsi religione della Parola. Se proprio vogliamo: è “religione della carne”.

* Gesù manifesta Dio nella propria carne/corpo. È il volto di Dio: rivela un Dio che è Padre suo e di ogni figlio d’uomo, suo fratello.

* I Vangeli sono scritti da testimoni del Gesù vivo, morto, risorto. Essi ne dicono la vita d’amore e di dono.

* Gli altri scritti del NT sono spiegazione e attualizzazione dei Vangeli.

* “Dio s’è fatto uomo – e l’uomo è fatto Dio”: ecco la novità assoluta della fede cristiana.

* L’uomo non deve più deve dare la scalata al cielo per salvarsi, come per tutte le altre religioni; ma Dio si è fatto fa uomo per donare ad ogni uomo lo Spirito e la vita.

 

* * *

 

Ciò premesso, ecco tre livelli di lettura della Bibbia.

 

1) Lettura culturale del testo

 

La Bibbia viene presa in custodia come un testo importante, letto e indagato con amore, con passione

- per scoprirne il messaggio,

- per rispecchiarci in esso,

- per lasciarsi da esso provocare a “leggere” dentro di noi, al fine di liberarci da chiusure e paure…

 

2) Lettura coinvolgente

 

È fondamentale partecipare a ciò che è narrato e lasciarsi catturare mente e cuore. Solo leggendo ripetutamente e con amore, si impara a leggerlo, poiché solo in questo modo si entra nella sua “logica”. Per compiere questo passaggio, può essere utile questo semplice metodo:

- Osservare i personaggi, ciò che fanno, ciò che dicono… Questa attenzione conduce a confrontarci con Gesù e a prendere posizione nei suoi confronti.

- Lasciarsi interrogare nel profondo, in particolare sul nostro desiderio.

 

- Ma, poi, è anche necessario entrare in relazione con il Gesù vivente di cui si narra. Chiedersi: cosa dice? cosa fa? come vive? come muore? Il cardine di tutto è «quell’uomo Gesù»: «Cristo e Figlio di Dio è quell’uomo Gesù che voi avete crocefisso» (cf. At 2,22-23). Lui, nella sua carne, manifesta chi è Dio per noi.

- Ciò significa che non dobbiamo far calare su Gesù la nostra idea di Dio; al contrario, dobbiamo contemplare il Dio che si svela nell’uomo Gesù che ama, si dona, cura, perdona, muore, risorge.

- Questo, perché “Dio nessuno l’ha mai visto”. Solo Gesù è la Parola e il volto del Padre: chi vede lui, vede il Padre.

- È dunque necessario seguire Gesù, vivere con lui, se si vuol fare esperienza di Dio - e dunque della salvezza - poiché con lui si fa esperienza di amore, di libertà, di verità.

- Ora comprendiamo meglio perché Cristo è il centro della Scrittura. Perciò, chi ignora Cristo, non capisce la Scrittura. Ed è vero anche che chi non conosce la Scrittura, ignora Cristo: «Ignorantia Scripturae, ignorantia Christi” (San Girolamo).

 

La lettura coinvolgente porta a scoprire che nel Vangelo, Gesù è Qualcuno che fa qualcosa per “qualcuno” che è privo di quella cosa.

Questo “qualcuno” siamo ciascuno di noi.

 

Il Vangelo va letto tutto, di seguito, facendo attenzione a ogni parola. La sua parola fa crescere e libera e, in noi, essa stessa acquista nuova vita. “Scriptura cum legente crescit”, dicevano i Padri della Chiesa.

 

Alla fine del Vangelo Gesù scompare; rimane l’uomo con la sua Parola: attraverso essa, Gesù continua ad essere presente in ogni uomo.

 

3) La Parola è un seme che fruttifica in chi la accoglie

 

“Se il chicco di grano caduto in terra non muore, non produce molto frutto”. La Parola è seminata in noi, cerchiamo di essere la buona terra che la farà fruttificare.

Questo ci porterà a diventare tutt’uno con questa Parola, e compiere noi stessi ciò che essa dice.

La Parola in noi ci dona un nuovo modo di sentire, pensare, agire ad immagine di Cristo.

 

Si aprono orizzonti personali, comunitari, sociali, che danno senso a tutto ciò che siamo e a tutto ciò che facciamo.

Nulla cambia della realtà delle cose: gioie, fatiche e sofferenze… continueranno; ma cambia l’occhio con cui vediamo la realtà e il cuore con cui la viviamo.

 

 

Per concludere

 

La Scrittura non è un ricettario di risposte, ma il Libro del popolo di Dio. Mediante esso Cristo ci prende per mano per condurci da morte a vita.

 

Accostiamoci ad essa con amore, ricordando che, per comprenderla veramente, occorre: fede, preghiera, conversione.

 

 

 

[Per questi appunti mi sono servito in particolare del libro di S. Fausti, Per una lettura laica della Bibbia, ed. EDB – Ancora, Bologna-Milano 2008, pp. 43-58]

 

 


FRANCESCO "VEDETTA DELLA PAROLA"

 

 

 

 

 

"Il Signore mi rivelò"

 

Testamento:

«E dopo che il Signore mi dette dei frati, nessuno mi mostrava che cosa dovessi fare, ma lo stesso Altissimo mi rivelò che dovevo vivere secondo la forma del santo Vangelo» (FF 116)

«Il Signore mi rivelò che dicessimo questo saluto: «Il Signore ti dia la pace!» (FF 121)

"Il Signore mi rivelò": come?

 

«Per Francesco l'accoglienza della Parola rimane sempre profondamente radicata in una dimensione ecclesiale. Dalla Chiesa riceve la Parola e da essa la luce per interpretarla[1]. Per il Poverello la Parola è data alla Chiesa e in essa cresce per la fede e la comunione dei credenti. La convinzione dell'ecclesialità della Parola lo porta anche ad onorare e venerare «tutti i teologi che amministrano le santissime parole divine ... come coloro che ci amministrano lo spirito e la vita»[2]. La comprensione della Parola si inserisce così nella vita della Chiesa.

Francesco visse in un clima di ascolto attento della Parola e questo trasformò la sua vita. Non c'è da meravigliarsi che nelle ultime esortazioni ai Frati raccomandò «più di ogni altra norma il santo Vangelo»[3]. Era il più bel regalo che aveva ricevuto dal Signore e il migliore che poteva lasciare ai suoi Frati» (Carballo, Mendicanti di senso, n. 18).

All'inizio della vita di penitenza:

1 Celano:

«Un giorno in cui in questa chiesa si leggeva il brano del Vangelo relativo al mandato affidato agli Apostoli di predicare, il Santo, che ne aveva intuito solo il senso generale, dopo la Messa, pregò il sacerdote di spiegargli il passo. Il sacerdote glielo commentò punto per punto, e Francesco, udendo che i discepoli di Cristo non devono possedere né oro, né argento, né denaro, né portare bisaccia, né pane, né bastone per via, né avere calzari, né due tonache, ma soltanto predicare il Regno di Dio e la penitenza, subito, esultante di spirito Santo, esclamò: «Questo voglio, questo chiedo, questo bramo di fare con tutto il cuore! ».

S'affretta allora il padre santo, tutto pieno di gioia, a realizzare il salutare ammonimento; non sopporta indugio alcuno a mettere in pratica fedelmente quanto ha sentito» (FF 356).

 

Nel corso della vita:

 

 

2 Celano:

«Quantunque questo uomo beato non avesse ricevuta nessuna formazione di cultura umana, tuttavia, istruito dalla sapienza che discende da Dio e, irradiato dai fulgori della luce eterna, aveva una comprensione altissima delle Scritture. La sua intelligenza, pura da ogni macchia, penetrava le oscurità dei misteri, e ciò che rimane inaccessibile alla scienza dei maestri era aperto all'affetto dell'amante. Ogni tanto leggeva nei Libri Sacri, e scolpiva indelebilmente nel cuore ciò che anche una volta sola aveva immesso nell'animo. Per lui, la memoria teneva il posto dei libri, perché il suo orecchio, anche in una volta sola, afferrava con sicurezza ciò che l'affetto andava meditando con devozione. Affermava che questo metodo di apprendere e di leggere è il solo fruttuoso, non quello di consultare migliaia e migliaia di trattati. Riteneva vero filosofo colui che non antepone nulla al desiderio della vita eterna. Affermava ancora che perviene facilmente dalla scienza umana alla scienza di Dio, colui che, leggendo la Scrittura, la scruta più con l'umiltà che con la presunzione. Spesso scioglieva con una sola frase questioni dubbie e senza profusioni di parole dimostrava grande intelligenza e profonda penetrazione» (FF 689)

 

«Francesco era infermo e pieno di dolori da ogni parte. Vedendolo così, un giorno gli disse un suo compagno: «Padre, tu hai sempre trovato un rifugio nelle Scritture; sempre ti hanno offerto un rimedio ai tuoi dolori. Ti prego anche ora fatti leggere qualche cosa dai profeti: forse il tuo spirito esulterà nel Signore». Rispose il Santo: "È bene leggere le testimonianze della Scrittura, ed è bene cercare in esse il Signore nostro Dio. Ma, per quanto mi riguarda, mi sono già preso tanto dalle Scritture, da essere più che sufficiente alla mia meditazione e riflessione. Non ho bisogno di più, figlio: conosco Cristo povero e Crocifisso" » (FF 692)

Alla fine della vita:

 

1 Celano:

«Poi si fece portare il libro dei Vangeli, pregando che gli fosse letto il brano del Vangelo secondo Giovanni, che inizia con le parole: Sei giorni prima della Pasqua, sapendo Gesù ch'era giunta l'ora di passare da questo mondo al Padre. Questo stesso passo si era proposto di leggergli il ministro, ancora prima di averne l'ordine, e lo stesso si presentò alla prima apertura del libro, sebbene quel volume contenesse tutta intera la Bibbia» (FF 511).

 

La conoscenza della Scrittura di Francesco è sapienziale:

Egli legge la Scrittura per ascoltare Cristo, non per sapere ciò che essa scrive. Porta al cuore la Parola per tradurla in vita,

Per divenire perfetto imitatore di Cristo.

Questa è la via per fare esperienza di Dio, poiché si conosce solo amando.

 

Venerazione della Parola:

 

Lettera all'Ordine:

«E poiché chi è da Dio ascolta le parole di Dio, perciò noi, che in modo tutto speciale siamo deputati ai divini uffici, dobbiamo non solo ascoltare e praticare quello che Dio dice, ma anche, per radicare in noi l'altezza del nostro Creatore e la nostra sottomissione a lui, custodire i vasi sacri e i libri liturgici, che contengono le sue sante parole» [FF 224].

 

 

 



[1] Cf. 1Cel 22.

[2] Test 13.

[3] 2Cel 216.