IV Domenica
Tempo ordinario 2.2.2014
Sofonia 2,3; 3,12-13
Prima Lettera ai
Corinzi 1,26-31
Vangelo secondo
Matteo 5,1-12
Vedendo le
folle, Gesù salì sul monte: si pose a sedere e si avvicinarono a lui i suoi
discepoli. Si mise a parlare e insegnava loro dicendo:
«Beati i
poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli.
Beati quelli
che sono nel pianto, perché saranno consolati.
Beati i miti,
perché avranno in eredità la terra.
Beati quelli
che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati.
Beati i
misericordiosi, perché troveranno misericordia.
Beati i puri
di cuore, perché vedranno Dio.
Beati gli
operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio.
Beati i
perseguitati per la giustizia, perché di essi è il regno dei cieli.
Beati voi quando vi insulteranno, vi
perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa
mia. Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli.
Così infatti perseguitarono i profeti che furono prima di voi.
Felici!
La felicità è
il sogno che abita la profondità di ogni essere umano che si sveglia alla vita
– sogno che alimenta l’intenzione profonda che muove ogni nostra scelta, ogni
nostra azione. Non stupisce, pertanto, che Gesù, al quale sta a cuore il nostro
bene, abbia voluto confidarci il segreto della felicità, che non è altro che il secondo nome della salvezza.
Cristo conosce
la nostra fragilità e sa bene che l’esperienza del peccato genera in noi
avvilimento e tristezza; sa che la tristezza è il nostro peggior nemico, poiché
non solo soffoca in noi la speranza, ma provoca anche l’allontanamento da Dio
Padre.
Perciò, Gesù
non soltanto ci sollecita a prendere coscienza di questo male e ci ricorda che
il senso della vita di ciascun uomo è la ricerca della felicità, ma ci offre
luce e grazia per raggiungerla. E lo fa mediante le cosiddette Beatitudini, che sono il cuore del
Vangelo.
La sua
proposta non è, a prima vista, certamente facile, poiché sembra andare in senso
opposto rispetto all’istinto e al sentire comune. Dice, infatti, che sono
felici i poveri, gli afflitti, i miti, coloro che hanno fame e sete di giustizia,
coloro che usano misericordia e sono trasparenti e corretti nelle proprie
azioni, coloro che creano pace anche se vengono perseguitati a causa del nome
cristiano. Quale venditore di felicità userebbe questo linguaggio?
Conviene,
tuttavia, resistere a questo impatto negativo.
La chiave di lettura delle beatitudini si
trova nella prima: “Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei Cieli”.
È un annuncio di gioia che egli rivolge ai poveri: “Dio è dalla vostra parte!”.
Non
insisteremo mai a sufficienza nel ripetere che Gesù proclama beati i poveri,
non la povertà; chi piange, non il dolore… gli uomini, non le situazioni di
male! Ciò significa che Dio sta dalla parte dei poveri, non della povertà che,
in quanto tale, è male e va combattuta.
Inoltre, alla
categoria dei poveri di fatto – quelli costretti dalle avverse condizioni
dell’esistenza – egli aggiunge quella di coloro che si fanno poveri per scelta,
di coloro cioè che scelgono il distacco dalle cose, non si affannano per impadronirsi
dei beni della terra, rifiutano l’ingordigia e l’invidia nei confronti di coloro
che possiedono, e non si abbandonano alla tristezza se vedono qualcuno avere di
più.
Vale la pena, dunque, rileggere le
beatitudini sotto questa luce.
Felice è il povero che prende coscienza con gioia e gratitudine che tutto è
grazia e che, di conseguenza, non ha la necessità di “comprare” Dio mediante le
proprie azioni; piange il proprio
peccato e il male dell’umanità; gioisce
che sia Dio a saziare la sua fame e sete di giustizia; sa perdonare settanta volte sette; si mantiene limpido nelle proprie intenzioni; costruisce la convivenza umana
sulla pace, sulla giustizia, sulla fraternità, rinunciando alla presa violenta sul fratello; accetta
umilmente anche la persecuzione,
senza per questo giocare al martire, poiché non appartiene a sé ma a Cristo;
sceglie una vita sobria, mantiene un
giusto rapporto con le creature e
ritiene “dono” da condividere anche il necessario per vivere, ciò che il mondo
considererebbe invece come sua proprietà intoccabile.
Le beatitudini
sono il più vero, il più bell’atto di speranza del cristiano. Forse perché è
quello che, umanamente, va più contromano.