II Domenica Tempo Ordinario               14.01.2012

 

Primo Libro di Samuele 3,3b-10.19

Prima Lettera ai Corinzi 6,13c-15a.17-20

Vangelo secondo Giovanni 1,35-42 

 

 

Il giorno dopo Giovanni stava ancora là con due dei suoi discepoli e, fissando lo sguardo su Gesù che passava, disse: «Ecco l’agnello di Dio!». E i suoi due discepoli, sentendolo parlare così, seguirono Gesù. Gesù allora si voltò e, osservando che essi lo seguivano, disse loro: «Che cosa cercate?». Gli risposero: «Rabbì – che, tradotto, significa Maestro –, dove dimori?». Disse loro: «Venite e vedrete». Andarono dunque e videro dove egli dimorava e quel giorno rimasero con lui; erano circa le quattro del pomeriggio.

Uno dei due che avevano udito le parole di Giovanni e lo avevano seguito, era Andrea, fratello di Simon Pietro. Egli incontrò per primo suo fratello Simone e gli disse: «Abbiamo trovato il Messia» – che si traduce Cristo – e lo condusse da Gesù. Fissando lo sguardo su di lui, Gesù disse: «Tu sei Simone, il figlio di Giovanni; sarai chiamato Cefa» – che significa Pietro.

 

 

«Che cosa cercate?»

 

Due letture sul tema della “vocazione”. Un tema consueto per chi parla dell’origine della propria fede o della propria scelta religiosa: “Siamo dei “chiamati”, ripetiamo talvolta, senza aggiungere ulteriori chiarimenti sul modo e sul perché. Chiamati da una voce nel sonno, come Samuele? O invitati esplicitamente da Gesù? Noi, gente del terzo millennio, non ci fidiamo dei sogni, e di Gesù non ascoltiamo più la voce da millenni…

Eppure, prima o poi, ogni credente matura in sé la certezza che “Qualcuno” lo abbia invitato a dare un colpo di sterzo alla propria esistenza, un nuovo senso al proprio modo di vivere. Una certezza che sgorga da un incontro tra il nostro desiderio di Dio e Dio stesso.

Questo desiderio è presente in ogni uomo di ogni luogo e di ogni tempo. Insopprimibile. Puoi ignorarlo, puoi deviarlo su altro, ma non puoi annullarlo. Chi ci ha creati l’ha posto in noi sin dall’inizio, come anticipo di futuri incontri. Questo egli ha compiuto, perché ci ama e desidera donarsi a noi.

Quando dunque Gesù rivolge la domanda: “Che cosa cercate?”, ci fa comprendere che egli è entrato nella nostra umanità per aiutarci a ritrovare la via che porta all’incontro col Padre, via smarrita per nostra insipienza.

La domanda di Gesù fa parte della sua pedagogia. Il vangelo annota numerosi altri esempi simili: seduto al pozzo della samaritana, Gesù attende che la nostra sete ci muova, per darci l’acqua viva; ci trascina nel deserto, affascinati dalla sua Parola, per condividere con noi il pane della solidarietà; suscita in noi fame e sete di Dio, per donarci se stesso, Parola e Pane di vita eterna…

Sant’Agostino traduce questa pedagogia divina con parole famose: «Fecisti nos ad te, Domine… Ci hai fatti per te, Signore, e il nostro cuore è inquieto, finché non riposa in te».

E, per noi cristiani, il sommo Bene è Dio…

Torniamo al vangelo di questa domenica. “Ecco l’agnello di Dio”, esclama il Battista al passaggio di Gesù. Il Dio-con-noi viene presentato come l’agnello del sacrificio ebraico. Il messaggio è forte: Dio non ti chiede sacrifici, rinunce, impegni, sforzi… Lui stesso si sacrifica per te. Non ti chiede offerte, neanche un paio di tortore. Lui stesso offre la sua vita per te in olocausto. Lui è l’agnello che è morto per te, perché la morte non abbia più alcun diritto su di te.

Che cosa dunque cercate? Noi cerchiamo te, Cristo, poiché tu solo hai parole di vita eterna. Potremmo anche noi ripetere come i due discepoli di Emmaus: «Non ardeva forse in noi il nostro cuore mentre egli conversava con noi lungo la via, quando ci spiegava le Scritture?»… E ti cerchiamo perché hai dato contenuto al desiderio che sentiamo nel profondo; hai aperto il nostro spirito alla speranza.

Credendo in Cristo, anche tu sei già partecipe, sin d’ora, della sua risurrezione, cioè della salvezza che egli ha operato per te.

 

P. Carlo