III - TEMPO ORDINARIO                      23.01.2011

 

Isaia 8,23 – 9,3

Prima ai Corinzi 1,10-13.17

Vangelo secondo Matteo 4,12-23

 

Quando Gesù seppe che Giovanni era stato arrestato, si ritirò nella Galilea, lasciò Nàzaret e andò ad abitare a Cafàrnao, sulla riva del mare, nel territorio di Zàbulon e di Nèftali, perché si compisse ciò che era stato detto per mezzo del profeta Isaia: Terra di Zàbulon e terra di Nèftali, sulla via del mare, oltre il Giordano, Galilea delle genti! Il popolo che abitava nelle tenebre vide una grande luce, per quelli che abitavano in regione e ombra di morte una luce è sorta. Da allora Gesù cominciò a predicare e a dire: «Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino».

Mentre camminava lungo il mare di Galilea, vide due fratelli, Simone, chiamato Pietro, e Andrea suo fratello, che gettavano le reti in mare; erano infatti pescatori. E disse loro: «Venite dietro a me, vi farò pescatori di uomini». Ed essi subito lasciarono le reti e lo seguirono. Andando oltre, vide altri due fratelli, Giacomo, figlio di Zebedeo, e Giovanni suo fratello, che nella barca, insieme a Zebedeo loro padre, riparavano le loro reti, e li chiamò. Ed essi subito lasciarono la barca e il loro padre e lo seguirono…

 

Sulla strada

 

Gesù, dopo aver ricevuto in Giudea il battesimo di Giovanni, si ritira nella Galilea. Da qui incomincia la propria missione. Non parte dunque dal centro, dai palazzi dove si concentra ogni forma di potere, ma dalla periferia, dalla gente che lavora, da un semplice villaggio di Galilea – notoriamente terra di pagani, di fuorusciti politici, di “teste calde” (gli zeloti), tutta gente che aveva interesse a vivere in modo defilato rispetto alle autorità religiose e ai potenti di Gerusalemme… L’evangelista Matteo, servendosi del profeta Isaia, definisce questa terra come una regione dove dominano tenebre e morte.

L’inizio della sua missione avviene dunque non tanto nel segno della forza e del successo, bensì nel segno della condivisione con ciò che umanamente era meritevole soltanto di disprezzo. Per rendercene conto, basterebbe ricordare la battuta di Natanaele all’apostolo Filippo, che gli aveva detto: «Abbiamo trovato il Cristo»: «Da Nàzaret può venire qualcosa di buono?» (Gv 1,46).

Gesù è sulla strada, e parte da lontano. Egli è il viandante che vuole raggiungerci là dove noi viviamo, sta in mezzo a noi, cammina con noi, perché ci ama.

Allora come ora, sulle nostre strade, egli chiama al suo seguito.

Accogliere il suo invito comporta un duplice movimento: distacco dal mestiere e dalla famiglia, cioè dalle nostre sicurezze umane, le nostre radici, la nostra identità sociale; ma anche continuità con il lavoro che siamo capaci di compiere, pur visto sotto una dimensione diversa. A quei pescatori, Gesù dice: «Vi farò pescatori di uomini».

Possiamo intuire il senso di questa espressione proprio alla luce della citazione di Isaia. Come il pescatore tira fuori i pesci dall’abisso, dove dominano le tenebre, così i discepoli di Gesù dovranno trarre gli uomini fuori dalle tenebre della non conoscenza di Dio. Con una differenza: i pesci sono pescati per divenire nutrimento, gli uomini per essere restituiti alla luce, alla libertà di figli di Dio – poiché portare luce è dare dignità, speranza e vita a tutti coloro che sono schiavi di ogni forma di idolatria disumanizzante.

Ecco il compito dei discepoli di Gesù.

La chiamata del Signore ci raggiunge nel nostro quotidiano, nella nostra periferia della vita, nel nostro lavoro, e dà un nuovo senso al nostro cammino. Egli non ci parla attraverso visioni, o apparizioni, o iniziazioni segrete per farci partecipi di chissà quali misteri; si mette invece accanto a noi e, con la Parola e lo Spirito, sollecita la nostra disponibilità a diventare dispensatori di luce, cioè annunciatori della buona notizia della nostra liberazione. Se accettiamo, continuiamo a rimanere in cammino, sulla strada; con la differenza, tuttavia, che, essendo guidati dalla luce del Figlio di Dio, riusciamo a dare attuazione alla sua Parola: «Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino». Senza questa conversione non possiamo diventare «pescatori di uomini» – e dunque, valga come caso, metterci a fatti accanto alla nostra gente, succube di un quotidiano martellamento di esempi e messaggi distruttivi, perché non perda dignità e libertà…

 

P. Carlo