Essere discepoli del Signore

e francescani

 

            Il Signore Gesù, fin dall’inizio della vita pubblica, volle avere con sé dei discepoli. Li scelse Lui! E li chiamò tutti nel loro ambiente di lavoro… e non sempre in un lavoro onorato: vedi, ad esempio, l’apostolo Matteo. A chi si univa a Lui, perché potessero definirsi discepoli – e poi apostoli – era richiesta una condizione: di stare con Lui, di camminare con Lui; dovevano quindi lasciare casa e lavoro, per condividere, ogni giorno, la Sua vita, le Sue scelte; dirà Gesù:” Se qualcuno vuole venire dietro di Me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua”. La croce, qui, è sinonimo di disponibilità, cioè di libertà nei confronti di se stessi e delle sicurezze umane, legate alla famiglia e al lavoro. Così “fedeltà” é seguire l’esempio del Signore, cioè vivere come viveva Lui. Seguire Gesù voleva allora significare credere nella Sua Parola e nel Suo progetto di vita e farne il proprio progetto di vita.

            Ecco, oggi ci siamo dati un giorno di Ritiro per capire come diventare discepoli del Signore, e come esserlo da francescani, da laici francescani. A voi non è chiesto di lasciare famiglia e lavoro, come si richiede a chi sceglie la consacrazione in un Ordine religioso. La vostra vocazione alla Fraternità OFS non vi separa dalla famiglia, non vieta di impegnarvi nelle cose di questo mondo, né vi dispensa dalle vostre responsabilità di cittadini; anzi, questi servizi sociali fanno parte della vostra vocazione, che è laicale, perché nessuna attività umana deve rimanere estranea al Vangelo. A voi, laici francescani viene chiesto di vivere il discepolato con una marcia in più; vi è chiesto di vivere la vostra fedeltà al Vangelo seguendo l’esempio di San Francesco. Allora ci chiediamo: che significa seguire Cristo nella famiglia francescana? O anche: come vivere nel mondo la spiritualità francescana? La risposta è semplice a dirsi, ma non a farne una scelta seria di vita! Significa vivere il S.Vangelo secondo l’esempio di Francesco.

            Anche la vostra Regola ha inizio con le parole che troviamo nella Regola del 1° e 2° Ordine; vi leggo: “ La Regola e la vita dei francescani secolari è questa: osservare il S. Vangelo di nostro Signor Gesù Cristo, secondo l’esempio di S. Francesco, il quale, del Cristo, fece l’ispiratore e il Centro della sua vita con Dio e con gli uomini” (Reg.4). Per cui - continua la Regola – “i francescani secolari si impegnano ad una assidua lettura del Vangelo, passando dal Vangelo alla vita  e dalla vita al Vangelo” (id.).

            S. Francesco stesso ci rivela nel suo Testamento il motivo di questa scelta: “ Lo stesso Altissimo mi rivelò ch dovessi vivere secondo la forma del S. Vangelo”. Per noi francescani, il Vangelo non è solo una Regola per regolare pensieri, azioni e vita comune; deve essere prima di tutto fonte e ispirazione di vita. Ci è chiesto, sull’esempio di S. Francesco, di ripetere nella quotidianità i pensieri, le azioni e gli atteggiamenti di Gesù; si tratta dunque di imitare Cristo, fino ad identificarsi con Lui. In altre parole, “ osservare il S. Vangelo” significa – come suggerisce la Regola – leggerlo assiduamente, prendere Gesù come ispiratore e modello della propria vita; significa avere Gesù nel cuore, negli occhi, nella parola, e nella attività del proprio stato; perché  solo Lui è la Via, la Verità e la Vita.

            Come Gesù ha raccolto attorno a Sé i primi discepoli, per trasferire nella loro vita il Vangelo che predicava, così S. Francesco ha accolto i primi discepoli, non di sua scelta!, ma come dono del Signore.  Leggiamo nel Testamento: “ Il Signore mi affidò i frati, e lo stesso Altissimo mi rivelò che dovevo vivere secondo la norma del S. Vangelo. E io  feci scrivere ciò in poche e semplici parole, e il signor Papa me le confermò”. E, proprio per restare nello stile del Vangelo, Francesco ha voluto che i suoi frati fossero tra loro “fratelli”, per cui la Comunità dei Frati si chiamerà “Fraternità”. La fraternità è dunque una famiglia di fratelli che, pur con tanti limiti, riscopre la gioia di una appartenenza alla famiglia più grande che ha come padre e modello San Francesco, per cui possiamo sempre esclamare:”Siamo francescani!” Motivo di gioia é sapere che la nostra fraternità è stata voluta da Dio! Per essere posta in alto, perché sia nel mondo, e nella Chiesa, luce che illumina, che annuncia, che attrae, e che offre un anticipo della Gerusalemme Celeste.

            Ma torniamo al Vangelo, nostra unica norma di vita.

            Va detto – ad onor del vero – che tutti i cristiani e tutti gli Istituiti di vita Consacrata hanno il Vangelo come prima e suprema Regola di vita. Dove sta allora l’originalità di Francesco? L’originalità di Francesco sta nella riscoperta di Cristo, nella ricchezza della sua Umanità: una Umanità amata e adorata soprattutto nella nascita, nella passione, nel dono dell’Eucaristia.

            Francesco non riesce a distogliere il suo pensiero e la sua meraviglia contemplando l’umiltà e la povertà di un Dio che, solo per Amore, vuole nascere uomo, da una Madre poverella; e che, mentre va annunciando il Suo Vangelo, non ha dove posare il capo; un Dio che, alla fine, si ritrova nudo, appeso ad una croce. Per Francesco c’era una sola scelta: innamorato di Cristo, ha voluto portare nella sua vita la vita di Lui: da qui la scelta della povertà, dell’umiltà, della misericordia, dell’itineranza, della penitenza, intesa come continua conversione del cuore.

            Francesco è così coinvolto nella conformazione a Cristo, che tutto in lui vi partecipa: anima, corpo, cuore… Il Celano ha una pagina stupenda, dove descrive Francesco fatto preghiera.

 

Cap. LXI

Il tempo, il luogo ed il fervore

della sua preghiera

 
(681) 94. Francesco, uomo di Dio, sentendosi pellegrino nel corpo lontano dal Signore, cercava di raggiungere con lo spirito il cielo e, fatto ormai concittadino degli Angeli, ne era separato unicamente dalla parete della carne. L'anima era tutta assetata del suo Cristo e a Lui si offriva interamente nel corpo e nello spirito.

            Delle meraviglie della sua preghiera diremo solo qualche tratto, per quanto abbiamo visto con i nostri occhi ed è possibile esporre ad orecchio umano, perché siano d'esempio ai posteri.

            Trascorreva tutto il suo tempo in santo raccoglimento, per imprimere nel cuore la sapienza; temeva di tornare indietro se non progrediva sempre. E se a volte urgevano visite di secolari o altre faccende, le troncava più che terminarle, per rifugiarsi di nuovo nella contemplazione. Perché a lui, che si cibava della dolcezza celeste, riusciva insipido il mondo, e le delizie divine lo avevano reso di gusto difficile per i cibi grossolani degli uomini.

            Cercava sempre un luogo appartato, dove potersi unire non solo con lo spirito, ma con le singole membra, al suo Dio. E se all'improvviso si sentiva visitato dal Signore,  per non rimanere senza cella, se ne faceva una piccola col mantello. E se a volte era privo di questo, ricopriva il volto con la manica, per non svelare la manna nascosta.

            Sempre frapponeva fra sé e gli astanti qualcosa, perché non si accorgessero del contatto dello sposo: così poteva  pregare non visto anche se stipato tra mille, come nel cantuccio di una nave. Infine, se non gli era possibile niente di tutto questo, faceva un tempio del suo petto.

            Assorto in Dio e dimentico di se stesso, non gemeva né tossiva, era senza affanno il suo respiro e scompariva ogni altro segno esteriore.

 

(682)       95. Questo il suo comportamento in casa. Quando invece pregava nelle selve e in luoghi solitari, riempiva i boschi di gemiti, bagnava la terra di lacrime, si batteva con la mano il petto; e lì, quasi approfittando di un luogo più intimo e riservato, dialogava spesso ad alta voce col suo Signore

 

            Mentre S. Tommaso insegna che l’esperienza mistica si attua “senza implicazioni corporali”, S. Francesco invece è rapito in estasi davanti al Crocifisso che gli rivela l’amore-passione di Cristo, e il suo corpo era così talmente partecipe della passione che divenne esso pure “corpo crocifisso”. Nella spiritualità francescana, frate corpo non è né inutile, né passivo; tutta la persona viene coinvolta sia nell’estasi, sia in ogni attività dell’uomo.

            Per dare il giusto risalto alla originalità e alla novità di Francesco, faccio un breve riferimento alla liturgia  celebrata nel monachesimo, al suo tempo. Nei riti solenni del Monastero veniva celebrata la divina trascendenza di Cristo, la sua vittoria sul mondo. Il Cristo del monaco era quello dell’Ascensione. Anche le croci dipinte portavano sempre, nella parte alta, l’immagine del Cristo che si allontanava dal mondo per salire al Padre. E’ così anche del Crocifisso di S. Damiano!

            S. Francesco capovolse il normale corso della spiritualità, almeno nel mondo occidentale, in quanto unisce l’adorazione e l’imitazione. Mentre adora l’altezza della divinità di Cristo (vedi la preghiera di lode al Dio Altissimo), i suoi occhi ammirano con commozione la debolezza e la povertà dell’Umanità del Verbo Incarnato, impegnandosi in una  appassionata imitazione. Scrive il Celano:” La sua aspirazione più alta, la sua volontà più ferma era osservare perfettamente con tutta la vigilanza, con tutto l’impegno, con tutto lo slancio dell’anima e del cuore la dottrina e gli esempi del Signore nostro Gesù Cristo” (466).

            Essenza della sequela francescana è dunque l’osservanza del Vangelo; ossia imitare l’umiltà e la povertà di Cristo, che troviamo soprattutto nel Mistero dell’Incarnazione, della Passione e Morte e nell’Eucaristia. “O ammirabile Altezza – così pregava Francesco -  o degnazione stupenda, o umiltà sublime… che il Signore dell’universo, Dio e figlio di Dio, così si umili da nascondersi per la nostra salvezza in poca apparenza di pane” (221).

             Sono le stesse espressioni che troviamo in Santa Chiara e che troviamo in particolare nella 4° Lettera scritta ad Agnese di Praga. Ella, con atteggiamenti di delicata femminilità, suggerisce ad Agnese di specchiarsi nei misteri della vita di Cristo. “In questo specchio – scrive Chiara – rifulgono la beata povertà e la santa umiltà”…Mira la povertà di Colui che fu deposto nel presepe e avvolto in poveri pannicelli. Oh mirabile umiltà e povertà che dà stupore…”

Per Francesco e Chiara seguire il Signore Gesù voleva dire vivere secondo il Vangelo, cioè come Gesù viveva!

            In Francesco vita e Vangelo si identificavano.

Ecco allora il momento per qualche domanda per conoscere come, io religioso francescano, e voi laici francescani, viviamo queste scelte di vita che abbiamo riscontrato nel Poverello di Assisi.

            - Fino a che punto la tua vita e le scelte che stai per fare sono alimentate dalla spiritualità di Francesco?

            - Quale icona hai scelto da appendere in casa, o da tenere sul comodino, come ispirazione per la tua preghiera; o anche, più semplicemente per manifestare a quanti entrano in casa lo stile di vita tuo e della tua famiglia?

            - Ti capita mai di parlarne in casa con parenti e ospiti?

            - Se sei davvero entusiasta della scelta di far parte della famiglia francescana, perché non inviti a conoscerci qualche persona che tu credi idonea?

            - E ancora: secondo te, la nostra fraternità esprime nella Liturgia e negli incontri di fraternità la serenità e la gioia che Francesco e Chiara sapevano trovare e suscitare nei fratelli e sorelle?

            Cari fratelli e sorelle, fra pochi giorni, sarete invitati a dare la vostra adesione a questa forma di vita, cioè a condividere l’esperienza evangelica del Poverello d’Assisi. Quanti uomini e donne, nel corso dei secoli, hanno abbracciato l’ideale francescano e hanno trasformato la loro vita in una meravigliosa avventura.

            Voi siete già entrati dentro questa grande storia; è una storia di Santi e di santità.

            Le cose belle che il Signore vi ha rivelato in questo tempo di formazione non vi incutano né timore, né scoraggiamento. La vostra vocazione è un dono che lo Spirito Santo fa alla Chiesa; e lo fa in questo tempo provvidenziale che Papa Francesco ha dedicato alla Misericordia. La misericordia è dono di Dio Padre all’uomo, ad ogni uomo, e chiede che sia condiviso con ogni uomo, nostro fratello. Dite a tutti la vostra gioia di appartenere alla grande famiglia di Francesco. Certo, le vostre sono vocazione e missione molto impegnative. E, proprio per questo, raccogliamo l’invito del Poverello di Assisi di affidarci alla Vergine Maria che Francesco tanto amava.

            Scrive S.Bonaventura:” Circondava di indicibile amore la Madre del Signore Gesù, per il fatto che ha reso nostro fratello il Signore della Maestà, e ci ha ottenuto la misericordia. In Lei principalmente – dopo Cristo – riponeva la sua fiducia… A Suo onore cercava lodi particolari, innalzava preghiere, offriva affetti tanti e tali, da non potersi dire con lingua umana. Ma – ciò che maggiormente riempiva di gioia – La costituì Avvocata dell’Ordine e pose sotto le Sue ali i figli, che egli stava per lasciare, perché vi trovassero calore e protezione sino alla fine”.

            Sotto queste ali ci sentiamo davvero protetti e ci sentiamo un po’ tutti pulcini per crescere bene e per farci adulti nella fede e missionari coraggiosi, ma soprattutto per portare nella vita quel calore sperimentato sotto le ali di Maria: un calore che chiamiamo con il nome evangelico di AMORE.