XXVII
DOMENICA – Tempo Ordinario 2.10.2011
Isaia 5,1-7
Lettera ai Filippesi 4,6-9
Vangelo secondo Matteo 21,33-43
In quel
tempo, Gesù disse ai capi dei sacerdoti e agli anziani del popolo: «Ascoltate
un’altra parabola: c’era un uomo che possedeva un terreno e vi piantò una
vigna. La circondò con una siepe, vi scavò una buca per il
torchio e costruì una torre. La diede in affitto a dei contadini e se ne andò
lontano. Quando arrivò il tempo di raccogliere i frutti, mandò i suoi servi dai
contadini a ritirare il raccolto. Ma i contadini presero i servi e uno lo bastonarono,
un altro lo uccisero, un altro lo lapidarono. Mandò di nuovo altri servi, più
numerosi dei primi, ma li trattarono allo stesso modo. Da ultimo mandò loro il proprio figlio dicendo: “Avranno rispetto per mio figlio!”.
Ma i contadini, visto il figlio, dissero tra loro: “Costui è
l’erede. Su, uccidiamolo e avremo noi la sua eredità!”.
Lo presero, lo cacciarono fuori dalla vigna e lo uccisero. Quando verrà dunque
il padrone della vigna, che cosa farà a quei contadini?». Gli risposero: «Quei
malvagi, li farà morire miseramente e darà in affitto la vigna ad altri
contadini, che gli consegneranno i frutti a suo tempo». E Gesù disse loro: «Non avete mai letto nelle Scritture: “La pietra che i
costruttori hanno scartato è diventata la pietra d’angolo; questo è stato fatto
dal Signore ed è una meraviglia ai nostri occhi?”. Perciò io vi dico: a voi
sarà tolto il regno di Dio e sarà dato a un popolo che ne produca i frutti».
Lavoratori nella vigna del Signore
Le letture di questa domenica invitano ad una riflessione sulla qualità della nostra vita di fede.
La prima lettura ci sollecita a verificare se diamo buoni frutti nella vigna del Signore, oppure se non siamo altro che “acini acerbi”. Cosa direbbero i nostri viticoltori se nelle vigne, che in questi giorni stanno vendemmiando, invece di trovare grappoli sugosi non trovassero altro che foglie? E di noi, cosa potrebbe dire il nostro Dio, dal momento che si aspetta frutti buoni e abbondanti?
Questa aspettativa di Dio non è tanto “innocua” o “indifferente”, poiché la sua pazienza ha un limite e ci sarà un giudizio. Ciononostante, sembra che da queste parti del mondo troppi cristiani abbiano dimenticato la lezione della storia.
Quante antiche e fiorentissime comunità (pensiamo a quelle sparse nell’Africa del nord, nell’Asia minore e in altre parti) sono semplicemente sparite, cancellate dalla faccia della terra? Di esse non rimane che il nome e il ricordo. E noi, a nostra volta, cosa possiamo fare per non rimanere che un nome sui libri di storia?
Viviamo in una società la cui civiltà è stata lungamente alimentata dalla Parola del Vangelo, nella quale, tuttavia, essere e mostrarsi cristiani non è “politicamente corretto”; in una società che si vergogna del Vangelo. Se non vogliamo fare quella fine, è d’obbligo chiederci: quali frutti dobbiamo produrre in quanto “vigna del Signore”?...
La parabola evangelica sposta la nostra attenzione dal prodotto della vite a coloro che lavorano nella vigna.
Quei vignaioli
agiscono da padroni della vigna, ma non lo sono, e, a causa della bramosia del
possesso, diventano assassini. Cosa può suggerire questa forte sottolineatura
di Gesù? Chiede forse alla sua Chiesa di “riprendersi” il ruolo sociale che
aveva diversi decenni fa? Chiede di fare concorrenza alle altre forze politiche
sul terreno, loro pertinente, del potere? Certamente no.
Un suggerimento può venire dalla lettera di san Paolo: “Quello che è vero, quello che è nobile, quello che è giusto, quello che è puro, quello che è amabile, quello che è onorato, ciò che è virtù e merita lode, questo sia oggetto dei vostri pensieri. Le cose che avete imparato, ricevuto, ascoltato e veduto in me, mettetele in pratica. E il Dio della pace sarà con voi!”. Tornare al cuore del Vangelo: ecco la nostra via, semplice e sicura – anche se non facile.
Se dunque ci teniamo veramente a dare un futuro alle nostre comunità cristiane, in Italia e in Europa, sarà bene spazzare via dal nostro animo tentazioni di rifiuto della società, di arroccamento, tanto meno di competizione con i poteri forti con cui abbiamo a che fare, oppure di comodo assestamento alla mentalità corrente, al “politicamente corretto”, di passiva rinuncia a perseguire il bene di tutti… In fondo, dobbiamo soltanto ricordaci che, nei confronti del mondo, siamo soltanto debitori della carità di Cristo!
P. Carlo