XXXII DOMENICA Tempo Ordinario         7.11.2010

 

Maccabei 7,1-2.9-14

Seconda Lettera ai Tessalonicesi 2,16 – 3,5

Vangelo secondo Luca 20,27-38

 

 

Si avvicinarono [a Gesù] alcuni sadducei – i quali dicono che non c’è risurrezione – e gli posero questa domanda: «Maestro, Mosè ci ha prescritto: Se muore il fratello di qualcuno che ha moglie, ma è senza figli, suo fratello prenda la moglie e dia una discendenza al proprio fratello. C’erano dunque sette fratelli: il primo, dopo aver preso moglie, morì senza figli. Allora la prese il secondo e poi il terzo e così tutti e sette morirono senza lasciare figli. Da ultimo morì anche la donna. La donna dunque, alla risurrezione, di chi sarà moglie? Poiché tutti e sette l’hanno avuta in moglie». Gesù rispose loro: «I figli di questo mondo prendono moglie e prendono marito; ma quelli che sono giudicati degni della vita futura e della risurrezione dai morti, non prendono né moglie né marito: infatti non possono più morire, perché sono uguali agli angeli e, poiché sono figli della risurrezione, sono figli di Dio. Che poi i morti risorgano, lo ha indicato anche Mosè a proposito del roveto, quando dice: Il Signore è il Dio di Abramo, Dio di Isacco e Dio di Giacobbe. Dio non è dei morti, ma dei viventi; perché tutti vivono per lui».

 

 

Figli della risurrezione

 

La risurrezione, tema dominante nelle letture di questa domenica, è centrale nella nostra fede cristiana, tanto da far esclamare san Paolo: «Se non esiste risurrezione dai morti, neanche Cristo è risuscitato! Ma se Cristo non è risuscitato, allora è vana la nostra predicazione ed è vana anche la vostra fede». Perciò, «se confesserai con la tua bocca che Gesù è il Signore, e crederai con il tuo cuore che Dio lo ha risuscitato dai morti, sarai salvo».

La nostra salvezza è dunque strettamente legata alla pubblica confessione della fede nella risurrezione; tuttavia, conosciamo tutti le forti resistenze contro questa verità. Non c’è da stupirsene: anche Gesù ne ha incontrate, come appare dalla lettura evangelica.

La risposta cristiana a queste resistenze non si basa su certezze psicologiche, su convinzioni filosofiche o semplicemente su affermazioni astratte. Si basa su ragioni di fede: il nostro Dio è Amore che dona vita e la custodisce per l’eternità.

Per noi, risurrezione è il rinascere a vita nuova, trasformati dallo Spirito. Tutto il nostro essere risorge: la nostra persona, l’identità che abbiamo ora. Il nostro Padre celeste ci ha voluti come suoi figli e ci ama pienamente, personalmente e per sempre.

Per noi, la risurrezione avviene a causa della nostra appartenenza a Cristo, Figlio di Dio e nostro fratello. Il Padre ci ha affidati a lui, e questi ci fa partecipi della propria morte e risurrezione. Ciò significa che, in fondo, la fede nella risurrezione è una questione d’amore del Padre verso di noi, e, da parte nostra, di fiducia e di speranza in lui. Sentiamo d’essere figli di un Padre che gioisce per la nostra vita e vuol essere tutto in tutti (cf. 1Cor 15,28), di un Padre che ci attende nella nostra unità personale, e dunque non una parte di noi, fosse pure l’anima, giudicata più nobile del corpo (cf. Gv 10,10).

In questa prospettiva di appartenenza reciproca, la morte è solo un passaggio ad un nuovo modo di essere: quello “da risorti”, uniti per l’eternità al Cristo risorto, viventi come lui e per grazia sua.

Credere nella risurrezione di Cristo e nella nostra è la fonte segreta della nostra instancabile azione nel mondo, poiché da essa attingiamo le forze per un sempre rinnovato impegno in favore della vita e della dignità di ogni essere vivente.

Se poi continuiamo a soffrire della malattia degli oppositori di Gesù, cioè di un eccessivo razionalismo e materialismo, ebbene, penso sia più che mai necessario non solo riascoltare Gesù, ma, soprattutto, lasciarci permeare dalla vita nuova che egli vuole comunicarci.

 

 

P. Carlo