XXIV DOMENICA  Tempo Ordinario        12.09.2010

 

Esodo  32,7-11.13-14

Prima Lettera a Timoteo 6,11-16

Vangelo secondo Luca 15,1-32

 

Si avvicinavano a lui tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. I farisei e gli scribi mormoravano dicendo: «Costui accoglie i peccatori e mangia con loro». Ed egli disse loro questa parabola:

«Chi di voi, se ha cento pecore e ne perde una, non lascia le novantanove nel deserto e va in cerca di quella perduta, finché non la trova? Quando l’ha trovata, pieno di gioia se la carica sulle spalle, va a casa, chiama gli amici e i vicini, e dice loro: “Rallegratevi con me, perché ho trovato la mia pecora, quella che si era perduta”. Io vi dico: così vi sarà gioia nel cielo per un solo peccatore che si converte…

 

Dài, entra anche tu a far festa!

 

Può darsi che ci siano ancora padri che non esitano a comportarsi duramente verso il figlio che «ha sbagliato». Di fronte a una «bravata» come quella del figlio minore (di cui si parla nella terza parabola del vangelo di oggi, qui non riportata per la sua lunghezza), qualche genitore non esiterebbe a ricorrere alle maniere forti, convinto che un buon sacco di legnate educherebbero meglio di tutte le prediche! «Così impara e non lo fa più». Un ritornello udito troppe volte.

Non ci si chiede mai, tuttavia, che razza di immagine di Dio comunica un simile comportamento. Quando quel figlio sentirà parlare di «Dio Padre», come lo immaginerà? Di certo, come un Dio che non ne lascia passare una liscia, pronto a castigarlo «per il suo bene»…

Ora, di fronte a questa immagine di Dio ancora molto, troppo diffusa in una certa sottocultura cristiana, mi chiedo se il vangelo di questa domenica sia mai stato preso sul serio. Non è ora di ascoltare seriamente Gesù? Egli vede le cose dal punto di vista del Padre e ha a cuore che ascoltiamo la sua Parola.

Oggi, vuol farci sapere che il Padre suo ama ciascuno di noi in modo unico e totale. È alla nostra ricerca e non desiste sin che non ci ha trovati, poiché vuol fare festa con noi. L’unico passo che si aspetta da noi è la conversione, che non è previa al suo abbraccio, ma lo segue! (E non dichiara neppure cosa dobbiamo fare…).

La parabola del figlio prodigo non dice direttamente cosa sia questa conversione. In ogni caso, non è quella del figlio minore che ritorna a casa. Poiché la vicenda è in sospeso, ve la presento così.

 

Il figlio maggiore, rientrando da una dura giornata di lavoro, sente musiche e canti provenire da casa sua. E rimane di sasso.

- Tuo fratello è tornato!

Gli dice un servo.

- Chi? Quel vagabondo?

- Sì, e stanno festeggiando. Dài, entra.

- Io? Quello là, neanche in foto voglio vederlo. Vai pure, io non entro.

Al padre non sfugge la scena. Esce:

- Figlio, entra! Tuo fratello è tornato, facciamo festa insieme.

- Sei forse ammattito? Quello si è mangiato tutto e ti ha rovinato il patrimonio, e tu salti di gioia? Questa non dovevi farmela, dopo anni di fedele servizio... Io torno ai campi.

Il figlio maggiore entrerà? Non so, ma un giorno ho sognato una conclusione.

Il figlio maggiore era tornato ai suoi campi, ma non aveva più voglia di lavorare; passava il tempo a rimuginare, solo, seduto sotto una quercia. Un giorno, mentre si sentiva morire dal freddo e dalla fame, oppresso dalla nostalgia, disse tra sé: «Tornerò da mio padre e gli dirò: se hai accolto mio fratello, puoi accogliere anche me. Accettami, voglio far festa con te anche per tutte quelle volte che non mi hai dato neppure un capretto per far baldoria con i miei amici». Lentamente, si alzò e... sorpresa! Alzando gli occhi, vide davanti a sé il padre e il fratello minore che gli tendevano le braccia. Cos’era accaduto? Il prodigio del gesto più semplice: il minore aveva capito che il suo cammino di ritorno non era ancora concluso, ed era uscito per andarlo a cercare, per riconciliarsi con lui.

Il fratello maggiore si lasciò stringere e pianse di gioia.

È questa la conversione dei figli di Dio.

P. Carlo