DOMENICA  25.ma  -  C  :   NON  POTETE  SERVIRE  DIO  E  LA  RICCHEZZA

 

     Non potete servire Dio e la ricchezza”: è l’avviso che viene da Gesù a conclusione della parabola ascoltata ora, per spiegare il Regno di Dio. E’ una parabola che va accolta con le dovute precisazioni dettate da Gesù. La parabola ci parla della gestione di un amministratore infedele che viene convocato dal padrone perché dia spiegazioni del suo operato. Noi oggi conosciamo la trama e il linguaggio forense: l’interessato riceve un avviso di garanzia perché possa prepararsi una difesa adeguata. Ma il nostro amministratore non pensa proprio a prepararsi una difesa; non cerca un avvocato di grido; non si consulta con amici ed esperti; non accenna nemmeno a difendersi, né a ricorrere al Rito abbreviato; chiama invece, in privato, i debitori del padrone e, usufruendo della firma di amministratore delegato, dimezza a tutti il debito, dando prova di una ulteriore, radicata corruzione. Lo fa nella speranza di assicurarsi degli amici che possano ospitarlo, quando gli sarà tolta ogni delega e si troverà nel bisogno.

     Gesù loda quell’amministratore , non certo per la sua disonestà, ma per la scaltrezza che ha usato nel cercare una via d’uscita, prima di trovarsi, solo, in mezzo a una strada. Commenta Gesù – non senza una profonda amarezza: “I figli di questo mondo, verso i loro pari, sono più scaltri dei figli della luce”. Gesù dunque non propone a nostro modello un amministratore senza scrupoli, e tantomeno approva il furto perpetrato; Gesù non loda la furbizia e l’inganno; a Gesù non interessa il modo con cui il fattore ha risolto il suo problema; Gesù ha invece apprezzato la risolutezza con la quale il fattore ha cercato di mettere al sicuro il proprio futuro.

Perché – si chiede Gesù – i figli della luce non hanno la stessa prontezza e la stessa decisione nello spendersi  per il Regno di Dio? L’evangelista Luca ci offre oggi anche indicazioni per un uso cristiano delle ricchezze: “Ebbene io vi dico – dice Gesù – procuratevi amici con la “disonesta ricchezza” perché, quando essa verrà a mancare, vi accolgano nelle dimore eterne”. Ecco l’insegnamento di Gesù, o – se vogliamo – la morale da trarre dalla parabola: siamo invitati a farci degli amici, specialmente tra i poveri, con quanto la vita ci ha donato e così il denaro può diventare strumento di amicizia e di comunione. Si tratta dell’unico investimento redditizio e sicuro per ottenere un tesoro nei cieli ed essere così accolti nelle dimore eterne.

     “Farsi degli amici con la ricchezza” significa dunque  usare i beni per stabilire relazioni fraterne. A questo punto, occorre però che anche noi ci poniamo qualche domanda: - Come uso io i beni che mi appartengono? – Il denaro è qualcosa che mi separa, o è qualcosa che mi mette in relazione  con gli altri? Teniamo presente che il termine “ricchezze” non significa solo denaro e benessere; significa anche salute, cultura, posizione sociale: sono doni di Dio, dati per essere condivisi con tutti; ogni dono di Dio va trasformato in servizio. E’ questa “l’accortezza” che Gesù elogia. Ci ricorda anche – Gesù - che noi siamo solo amministratori delle nostre ricchezze; per cui anche noi potremmo divenire amministratori “infedeli”, qualora dovessimo aver dissipato i doni di Dio, i nostri talenti. Gesù ci indica anche come eventualmente rimediare: se hai fatto del male – insegna Gesù – copri il male con tanto bene, perfino con ciò che è servito a fare il male!

     A chiusura, mi piace ricordare la benedizione che il sacerdote celebrante ha invocato su voi sposi nel giorno del vostro Matrimonio, a chiusura del Rito: “Siate nel mondo testimoni dell’amore di Dio, perché i poveri e i sofferenti che avranno sperimentato la vostra carità, vi accolgano, grati, un giorno, nella casa del Padre”. E’ una benedizione che rinnovo oggi per tutti, perché tutti possiamo trovare, al termine della vita, chi ci introdurrà nella festa del Regno, in Cielo.  Amen.