DOMENICA 34.ma  -  C   :   LA CROCE E’ IL TRONO DEL NOSTRO RE

 

     “C’era una volta un re…”: iniziavano così le favole che incantavano, un tempo, i nostri bambini; i quali – nel seguito del racconto – attendevano la descrizione del castello e soprattutto l’arrivo della principessa, tutta imperlata di preziosi monili. Anche il Vangelo ascoltato ora ci parla di un re: è la storia di Gesù, Re dell’universo, di cui oggi ne celebriamo la festa, a chiusura dell’Anno Liturgico. Qui, il Re non è l’uomo del trono dorato; non c’è la principessa; è davanti a noi un uomo condannato al più crudele dei supplizi, la crocifissione; è un uomo umiliato e disprezzato proprio per essersi proclamato re. Sarà proprio questa dichiarazione il motivo della condanna che troviamo appesa sopra la croce; il cartiglio posto sulla croce del condannato dice così: “COSTUI E’ IL RE DEI GIUDEI”: parole che – nelle intenzioni dei capi del popolo – dovevano dichiarare la fine dell’assurda pretesa di Gesù di essere riconosciuto re.

     Per i credenti è invece l’affermazione che – proprio lì – sulla croce - viene proclamata la vittoria dell’amore sul male e sulla morte. Nella croce risplende la sua gloria, la gloria del più grande amore. Sulla croce, la regalità di Cristo riceve l’affermazione  più solenne della vittoria della vita sulla morte. Per ben tre volte viene rivolta al Re Crocifisso la sfida che doveva dimostrare la sua potenza: “Salva te stesso se sei il Cristo di Dio!”: gli viene rivolta con scherno dai capi del popolo, dai soldati e anche da uno dei due malfattori, crocifisso al suo fianco. Chiedevano a Gesù morente di schiodarsi e di scendere dalla croce, per una dimostrazione di forza. Unica voce discorde è del secondo condannato, che invece si rivolge a Gesù con una supplica: “Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno”. E’ l’unica volta, nel Vangelo di Luca, che Gesù viene chiamato per nome!

     Il ladrone pentito ha scoperto Gesù come amico e Salvatore. In una scena surreale di sofferenze inaudite, c’è qualcuno che osa riporre tutta la sua fiducia in Gesù; uno che osa credere – al di là di ciò che si vede – che quel morente, sconfitto e beffeggiato, sia veramente un Re. E il Cristo agonizzante riserva proprio a lui l’ultima guarigione, l’ultima promessa di vita. In quello scenario così disumano , quel condannato riceve il biglietto di ingresso nel paradiso. Lui, colpevole, vi entra per primo insieme all’Innocente – commenta S. Agostino; lui, che ha infranto la legge, raggiunge la pienezza della gioia, grazie a Colui che è venuto a sostituire il giudizio con la misericordia. Il Re Crocifisso che non ha voluto schiodarsi dalla croce è il nostro vero e unico SIGNORE.

     Riconoscere che Cristo è Re e Signore significa riconoscerlo con l’emozione dell’apostolo Tommaso, quando lo vide, risorto, ed espresse così la sua fede: “Mio Signore e Dio mio!”. Gesù insegna come vivere e come morire; nella sua morte ci rivela la realtà del suo amore. Alla logica del “salva te stesso”, Gesù sostituisce la logica dell’amore, del dono incondizionato di sé. Non salva se stesso, ma un altro. Nell’accoglienza del buon ladrone, ci sentiamo accolti anche tutti noi. La risposta di Gesù è per l’OGGI: “Oggi con me sarai nel paradiso”. Attraverso la risposta data al ladrone pentito, Gesù sembra volerci dire che egli è re per quanti invocano misericordia, e che nel suo regno c’è uno spazio riservato per gli ultimi, per i ritardatari e per i peccatori che hanno una storia sofferta da smaltire.

     Fratelli, nel racconto della proclamazione della regalità di Gesù, c’è un messaggio anche per noi. Anche noi possiamo far crescere il Regno di Dio, in particolare nei nostri ruoli di responsabilità che ci troviamo a ricoprire: in famiglia, nel lavoro, in politica, nella Chiesa. Ciascuno di noi, pur riconoscendosi peccatore, fa esperienza dell’amore di Dio ogni volta che invoca salvezza. Potremo sempre rivolgerci a l Re Crocifisso, confessando le nostre colpe, ripetendo anche noi: “Signore, sono io il ladrone pentito da salvare, oggi. Anch’io vorrei poter ascoltare le parole che mi accolgono finalmente nella pace del tuo Regno: “Oggi con me sarai nel paradiso”. Ecco la nostra vera e sospirata méta, definita così nel Prefazio che ascolteremo: “Regno di verità e di vita, Regno di santità e di grazia, Regno di giustizia, di amore e di pace”. Chiediamolo a Maria, divenuta al Calvario, anche lei, Madre di misericordia e nostra Regina.  Amen.