DOMENICA   6.a  -  A   :   “MA IO VI DICO…”

 

     Stiamo leggendo il cap. 5 di Matteo: è il capitolo delle Beatitudini e del Discorso della Montagna; è qui che Gesù definisce i suoi discepoli “luce e sale del mondo”. Nel séguito del discorso, Gesù dà una ripassatina ai  Comandamenti che Dio ha consegnato a Mosè, per ribadire che essi sono sempre una buona norma di vita e che sono ancora in numero di dieci e che non sono una gabbia, ma l’unica strada da percorrere per vivere bene. Gesù dichiara, con formula solenne, che non è venuto ad abolire nulla della Legge antica; è venuto invece a dare compimento.  Gesù riprende, a uno a uno, i Comandamenti, nella loro forma originale e ne fa il commento con le cosiddette “antitesi”: “Avete inteso che fu detto… Ma io vi dico”!

     Quel “ma io vi dico”, più volte ripetuto, potrebbe far pensare a una correzione del primitivo comando; ma non è così. Gesù fa suo il comandamento che annuncia e ne approfondisce per noi il contenuto, ricordando che l’osservanza della Legge esige buone intenzioni e l’adesione del cuore; ricorda anche che il desiderio del peccato e dell’azione cattiva assume la stessa gravità del male desiderato. Gli ebrei, a cui Gesù si rivolgeva, erano abilissimi a manipolare gli insegnamenti di Mosè, adattando, o minimizzando  il grande progetto di Dio sull’uomo. Il di più, che chiede Gesù, non è nella quantità, ma nella qualità della nostra obbedienza a Dio, che si esprime nella conversione del cuore.

     Il primo comandamento che Gesù propone alla nostra attenzione è: “NON UCCIDERE”. Dice Gesù: non basta evitare l’omicidio, che è la più grave e clamorosa violazione del diritto alla vita. E’ necessario estirpare le radici dell’omicidio che trovano buon terreno nel rancore, nell’odio, nella durezza del giudizio, nella mormorazione, nell’arroganza. In affetti, esistono molti modi di uccidere: certe parole e certi silenzi sono più affilati della spada; certe distanze sono più letali di una cannonata! Dovremmo anche chiederci, nell’esame di coscienza, se, in positivo, abbiamo procurato una vita buona e serena in famiglia. Non basta quindi dire al confessore: Non ho ucciso! C’è sempre tanto altro che fa male al mio prossimo e lo ferisce. Così, come non è sufficiente dire: “Non ho rubato”; chiediamoci piuttosto se siamo generosi e disponibili  per aiutare chi ha bisogno, se collaboro alle attività parrocchiali, alle Opere missionarie, se mi presto a tenere pulita e decorosa la Casa di Dio, e se contribuisco al sostentamento dei miei preti, ecc.

     Così, come non posso sentirmi a posto, solo perché “non bestemmio”;  di contro, chiediti quanto tempo dedichi alla preghiera di lode  al Signore e di ringraziamento; chiediti se ci sono mai state reazioni scomposte verso Dio, a sèguito di delusioni o di presunti lunghi silenzi da parte di Dio, o di presunti ritardi in ciò che ho chiesto. Nel campo più delicato della sessualità e della indissolubilità del Matrimonio, Gesù ci dice che non basta rifuggire da scelte sbagliate che portano al tradimento e al divorzio. Gesù ci chiede di controllare e mortificare i desideri cattivi. Non c’è solo l’adulterio cercato, voluto e consumato; c’è anche l’adulterio del cuore, quello, solo pensato e desiderato. Quando l’amore vacilla e si offuscano l’armonia e la pace in famiglia, le leggi civili offrono, come rimedio, il divorzio; ma il divorzio non risolve; piuttosto sancisce il fallimento dell’unione, reciprocamente promessa davanti a Dio.

     Nelle scelte della vita, non è sempre facile imboccare la strada giusta, che il Padre ci ha indicato. Dio ci propone la vita e il bene; ma noi conserviamo la libertà di scegliere il male, il peccato, e anche la morte. Il Siracide, ascoltato nella prima lettura, parla chiaro: “Davanti agli uomini – vi si legge – stanno la vita e la morte, il bene e il male; a ognuno sarà dato ciò che a lui piacerà”. Anche il Vangelo ci ha parlato con chiarezza. Ora tocca a noi scegliere: non la morte, ma la vita e il nostro bene. Gesù ci chiede oggi di non fermarci a una obbedienza formale, ma di cercare il senso che ha ispirato il divino Legislatore nel farci dono di “norme così preziose che nessun altro popolo ha potuto conoscere all’infuori di Israele”!  Sono dieci;  collocate ciascuna nel posto che occupa; è stato il dono dell’amore del Padre. Le precisazioni sono di Gesù che ha definito i Comandamenti:” DOLCE GIOGO E CARICO LEGGERO”. Grazie Signore Gesù.  Amen.