DOMENICA QUARTA  -  C   -   G E S U’  IL MESSIA RIFIUTATO

 

     Domenica scorsa, l’evangelista Luca ci ha fatto incontrare Gesù nella Sinagoga di Nazaret, in uno dei momenti più solenni del suo annuncio: dopo aver letto il passo di Isaia che dava l’identikit del futuro Messia, Gesù aveva dichiarato davanti ai suoi concittadini che la profezia appena letta si riferiva a Lui; aveva cioè dichiarato che il Messia atteso era Lui – GESU’ DI NAZARET: Era Lui il compimento di tutte le Scritture che annunciavano il Messia. Gesù ha così dato conferma di essere l’ OGGI di Dio, la PAROLA FATTA CARNE, per incontrare ogni uomo che attendeva la salvezza. E noi, ascoltatori attenti di questa Parola, abbiamo gioito grandemente per essere stati coinvolti in questo annuncio; ma ugualmente siamo sorpresi per i mugugni e la ostilità che stavano crescendo nella Sinagoga da parte dei presenti; ai quali dava addirittura fastidio che l’umile falegname, quel Gesù che conoscevano molto bene, cresciuto con loro, potesse presentarsi come il Messia atteso.

     L’evangelista Luca ha dovuto registrare impietosamente questo cambiamento di umore da parte dei Nazaretani: dalla constatazione stupita e meravigliata della sua sapienza, allo sdegno, al rifiuto, addirittura al tentativo di gettarlo in un dirupo. A commento, è da notare che Gesù non era giunto nella Sinagoga della sua città a cercare notorietà, o consensi; ma unicamente  per partecipare all’ascolto della Parola di Dio. Anche Gesù ha espresso meraviglia per il rifiuto dei suoi, citando un proverbio che ha ulteriormente acuito il dissenso: che cioè “nessun profeta è bene accetto nella sua patria”. A questo punto, ci sentiamo interpellati anche noi, per sapere da che parte stiamo; e se noi accettiamo, come Messia e come Figlio di Dio, questo Gesù, nato in una modesta famiglia di artigiani, che si è donato totalmente alla causa dei poveri, dei sofferenti e dei  peccatori.

     E’ parsa subito evidente la predilezione di Gesù per i poveri e i sofferenti, resa più evidente dal continuo accorrere a lui, da ogni parte, in cerca di aiuto e di guarigione; Gesù guariva tutti. Tanto che  tutti potevano constatare la verità dell’affermazione di Gesù: “Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato”.  I poveri incontrati da Gesù hanno creduto al suo annuncio; hanno accolto come un onore il sapersi guardati con amore da Dio; hanno accettato il Dio Salvatore, che si è presentato solidale con i poveri, vestendo i panni dei poveri, nella ricerca quotidiana di qualcosa da mangiare e di una stuoia dove coricarsi per un po’ di riposo. Oggi, questo Dio che si presenta al mondo, sotto le sembianze del povero, e difensore dei poveri, come è accolto dalla nostra Chiesa? Che spazio trova nei nostri programmi pastorali? E nelle nostre Liturgie, soprattutto in quelle più solenni? Cosa facciamo perché vivano le feste con tutta la Comunità?

     Per i benpensanti di Nazaret, quel Gesù,  che era entrato con loro nella Sinagoga e che si era dichiarato il Messia,  era troppo “normale” per essere creduto tale; era troppo buono e remissivo; passava troppo tempo con la gente che non conta e perfino con i peccatori e le prostitute, con gente che viveva comunque ai margini della società e nelle periferie del mondo. Sono questi i motivi che hanno portato i Nazaretani a rifiutare Gesù; essi hanno così perso l’occasione dell’incontro con Dio, che era venuto a portare salvezza. Anch’io ho incontrato molti fratelli e sorelle che – per tagliar corto, o per sfuggire a un richiamo forte della coscienza – si sono definiti atei, o non credenti, o anche “credenti non praticanti”. Alcune di queste definizioni sono dettate solo da pigrizia, e da chi sta bene dov’è e rifiuta addirittura di pensare e di cercare, nel timore di sentirsi chiamato a fare qualcosa per cambiare in meglio la propria vita.

     Nel Vangelo, quanti avevano problemi di salute, o che erano assetati di verità e di giustizia, si muovevano alla ricerca di Gesù. “Tutti ti cercano!” erano le parole più ripetute a Gesù; o anche: “una grande folla lo seguiva”. A tutti Gesù donava segni d’amore che esprimevano le prerogative annunciate dai Profeti, riferite al Messia promesso: la guarigione da ogni infermità – la liberazione da possessione diabolica - il perdono dei peccati – la compassione per ogni sorta di sofferenza e la misericordia; e poi la provvidenza che ha sfamato una grande folla, moltiplicando cinque pani e due pesci; e, al di là di ogni nostra aspettativa, l’averci manifestato l’amore del Padre, in ogni sua parola e gesto, fino al dono supremo della vita sulla croce. Chissà, forse sarà successo anche a noi di chiedere la prova del miracolo in cambio della nostra adesione di fede; o di esigere risposte adeguate  come risposta alla nostra fedeltà alla Messa festiva, o – peggio – in cambio di denaro offerto vistosamente al Parroco per le Opere di religione.  Sarebbe come spingere Gesù sul ciglio del monte per gettarlo giù. Ma Gesù – annota Luca – “passando in mezzo a loro, si mise in cammino”. Verso dove? In cerca dei poveri e sofferenti a cui portare aiuto, conforto, guarigione e salvezza.  Amen.