DOMENICA  18,ma  -  C   :  IL DENARO NON FA LA FELICITA’

 

     Il denaro non fa la felicità! Ce l’ha ricordato oggi Gesù nella pagina di Luca che abbiamo ascoltato. Dice Gesù: “Anche se uno è nell’abbondanza, la sua vita non dipende da ciò che egli possiede”. A scanso di equivoci, dico subito che Gesù non disprezza i beni di questo mondo, e non contesta le brevi gioie che questi beni danno all’uomo che lavora e che ha un po’ di fortuna. Il Vangelo contesta i nostri miti ricorrenti: Il mito della ricchezza come fonte di felicità; il mito del conto in banca come sicurezza del domani. Gesù definisce “stolto” chi si dichiara appagato, solo perché “ha a disposizione molti beni, per molti anni”. Fratelli, davanti a Dio, siamo ricchi solo di quanto possiamo condividere con i nostri fratelli.

     Ormai, non solo la pubblicità che ci troviamo ogni giorno nella cassetta della posta, ma anche i nostri cellulari,  sovraffollati di spot, tutti che ci propongono investimenti che cambiano la vita; e offrono soluzioni quasi miracolose a ogni nostra difficoltà. E noi veniamo continuamente spinti a comprare, a non lasciarci sfuggire le occasioni proposte come “offerta speciale”. Mi piace ricordare qui la storiella secondo la quale  Socrate andava tra le bancarelle del mercato di Atene , per scoprire di quante cose potesse gioiosamente fare a meno! Invece noi ci sentiamo così presi e coinvolti in questi raggiri, che, a molti, il Vangelo di oggi può sembrare anacronistico, più adatto a una cultura del passato. Purtroppo, noi ci sentiamo come presi da un continuo bisogno di accumulare, di aggiungere proprietà a proprietà. Non ci accorgiamo che una pubblicità sempre più efficace e mirata ci sta creando sempre nuovi bisogni e facili soluzioni.

     Come difenderci? Come reagire? Gesù, come di consueto, non dà soluzioni di ordine economico; inventa invece una paraboletta che aiuta a riflettere e a prendere decisioni giuste. Chi ha lavorato solo per accumulare per sé – avverte Gesù – al termine della vita, dovrà lasciare tutto agli altri, e si presenterà davanti a Dio a mani vuote. Chi vive solo per arricchire, pensa di bastare a se stesso; nella parabola, viene ripetuto solo il possessivo “mio”: Il mio raccolto – i miei granai – i miei beni – la mia anima. Gesù lo definisce “stolto”, perché si affanna ad accumulare cose che dovrà lasciare, anziché procurarsi quei tesori che durano per la vita eterna.

     Ma forse non ci è chiaro cosa significhi “arricchirsi davanti a Dio”; oppure non conosciamo bene qual è il discriminante tra stoltezza e saggezza. Per fare chiarezza, dobbiamo chiederci: per chi si vive e per chi si lavora. Chi arricchisce solo per sé, la ricchezza ha come effetto la durezza del cuore, l’egoismo, l’orgoglio; non c’è posto per gli altri, neppure per le persone più care. Invece chi arricchisce per Dio, vive i suoi giorni e le prove della vita, nella serenità e nella certezza di sapersi amato da Dio; e nella disponibilità a condividere il poco, o il tanto che c’è, con chi è nel bisogno. I Santi insegnano che si è ricchi soltanto di ciò che si è disposti a donare. Fratelli, il Vangelo ci chiede di credere nella Parola del Signore, di fidarci di Lui. Lui solo può illuminare la nostra intelligenza e aiutarci a scegliere le cose che più valgono per una esistenza ben riuscita.

     L’invito a una vita sobria è per ricordarci che siamo pellegrini, siamo di passaggio. E chi ha avuto dalla Provvidenza un po’ di fortuna economica, sa che questa deve diventare provvidenza per tutti, specie per chi è povero e ammalato. Ci sia comunque chiaro che, al termine della vita, ci presenteremo davanti a Dio con la sola nostra anima, senza portafoglio, senza libretto degli assegni; il bancomat, con la morte, scade. Nella morte ci troveremo quel Dio che abbiamo amato e servito nei fratelli; nella speranza di udire le parole dell’accoglienza, che tante volte abbiamo letto nel Vangelo: “Venite, benedetti dal Padre mio, a possedere il Regno che il Padre ha preparato per voi fin dall’eternità”.  Amen.