DOMENICA  33.a  - A  :  TALENTI  DA  TRAFFICARE !

 

     Oggi, qui a San Francesco di Ferrara, celebriamo non solo il Giorno del Signore, la Domenica,  ma unitamente, anche la festa dei Santi Patroni dell’OFS: S. Elisabetta e S. Ludovico. In questa Giornata “francescana” abbiamo la gioia di accogliere nella famiglia francescana, per il NOVIZIATO, i fratelli Giuseppe e Alessandro;  e, per la PROFESSIONE, la sorella Maura che si impegna a vivere nel mondo il Santo Vangelo, sulle orme di San Francesco. La parabola del Padrone e dei tre Servi ci fa da traccia per imparare a vivere nella condivisione e in FRATERNITA’ i tanti talenti che Dio affida a ogni uomo e donna, discepoli del Signore. Nella parabola, il padrone consegna i suoi beni a servi fidati, con grande fiducia e liberalità. E’ chiaro che poi questo padrone tornerà e chiederà conto di come sono stati usati i suoi beni. La parabola ci fa conoscere un “Padrone” un po’ singolare, in quanto, pare, non tiene alla quantità dei frutti, quanto piuttosto alla fedeltà nel buon uso dei talenti.

 

     Infatti, il padrone esprime compiacimento ai primi due servi perché li ha trovati “fedeli nel poco”;  Il che fa pensare che Dio non ci giudicherà sulla quantità delle nostre realizzazioni, ma sulla qualità. “Bene,servo buono e fedele – dice Gesù – sei stato fedele nel poco, ti darò potere su molto”. I primi due servi avevano ricevuto doni in quantità disuguale; qualche dono anche non proprio gradito, come ad esempio, salute malferma, un handicap, povertà, o scarsa capacità di apprendimento; sono tutte situazioni che ci ricordano che al Signore non interessano né la quantità, né i titoli accademici; cerca invece discepoli che annuncino il Vangelo della salvezza, con la parola e con la vita, come ha fatto il nostro Padre San Francesco. Sarebbe bello, fratelli e sorelle – che oggi rinnovate il vostro Battesimo, nella consacrazione al Signore – poter ascoltare le parole che S. Francesco rivolse ai frati in lacrime per l’avvicinarsi di “sorella Morte”: “Fratelli miei, io ho fatto la mia parte; Dio vi assista perché anche voi facciate la vostra”.

     Ci ricorda ancora S. Francesco che Dio, alla fine, non chiederà solo come ho usato i carismi, le doti personali, le cose; ma vorrà sapere come ho usato la mia stessa vita; perché, ciascuno di noi – ripeteva sempre S: Francesco – deve diventare, lui stesso, un dono  per la Fraternità, e, prima ancora, per la famiglia. Gesù, in questa parabola, ci invita a fare una sosta per ripensare all’Amore che Dio ha riversato nella vita di ciascuno perchè, a nostra volta, diveniamo noi stessi “dono” ai fratelli per formare con essi la Fraternità, sognata da Gesù. E’ questo il primo obiettivo della Fraternità francescana; al punto che anche la stessa Fraternità deve farsi dono alla Chiesa. Ci ricorda Gesù che tutto ciò che siamo e tutto ciò che abbiamo realizzato in vita, tutto deve essere posto a servizio della famiglia e della comunità, con amore.  A nessuno di noi sarà chiesto perché non è un altro San Francesco; mi si chiederà invece se – e quanto – mi sono fatto “dono” alla famiglia, alla Fraternità e con quanti il Signore mi ha fatto incontrare.

     Quando un genitore va a colloquio con i Professori, spesso si sente dire che il figlio deve impegnarsi di più! Nella parabola, il Signore si sofferma di più sul terzo servo; quello che, per paura, ha nascosto il talento sotto terra. Il Signore non potrà certo premiare la pigrizia e la svogliatezza. Al resoconto finale,il Signore condannerà le omissioni conosciute e volute. Al Giudizio finale, non si terrà conto dei titoli onorifici, né delle fortune acquisite in vita; Dio guarda il cuore; guarda cioè se i servizi resi sono “dono d’amore” o prestiti con obbligo di ritorno. Dio non chiede di produrre per apparire o per compiacere; chiede solo amore, compassione, misericordia.  I primi due servi hanno scommesso tutto sulla fiducia che il padrone aveva posto in loro; al terzo si rimprovera di non aver creduto in Dio e di aver rinunciato a qualsiasi tentativo di recupero. In psicologia, questa situazione è conosciuta come “sindrome di “Peter Pan”: è cioè il fanciullo che rifiuta di crescere. Il cristiano, e a maggior ragione, il francescano, deve porre tutta la sua fiducia in Dio e, con sincera umiltà, deve farsi “dono” ai fratelli, ricordando le Parole di Gesù: “Rimanete in me e io in voi; chi rimane in me porta molto frutto”.  Amen.