DOMENICA  32.a  -  A   :   LA COMUNITA’ DELL’ A T T E S A

 

     Con la parabola delle vergini stolte e sagge, Matteo ha inteso offrirci uno spaccato interessante di una esistenza molto normale, che svela il senso della vita, senza tuttavia far conoscere i “tempi di Dio”, né “l’ora dei suoi interventi”, del suo “ultimo ritorno”. Gesù ha voluto metterci sull’avviso che – non potendo noi conoscere né il giorno, né l’ora della sua venuta – la nostra attenzione deve essere continuamente rivolta a questo appuntamento, per farci trovare nella condizione di poter entrare, con lo Sposo, nella sala della festa. Tutta l’esistenza dell’uomo è una ATTESA di incontrare Dio; non un Dio sconosciuto, ma il nostro Dio, il Dio della Bibbia, il Dio che ha preso, in Gesù, le sembianze umane; in tutto, simile a noi, eccetto il peccato. Per questo, c’è chi ha voluto definire la Chiesa “la comunità dell’ATTESA”; cioè la comunità che attende il ritorno del Signore, quando verrà a giudicare l’umanità, e la storia di ciascuno di noi.

     Questo, per noi, è il tempo dell’annuncio del Vangelo e della testimonianza operosa della nostra fede. Parafrasando la parabola di Gesù, potremmo dire che il Regno dei cieli è presente nel mondo come luce che deve risplendere nella vita dei salvati, di giorno e di notte: “Il Regno dei cieli – dice Gesù – è simile a dieci lampade che rischiarano la notte dell’attesa”.  Il guaio delle cinque ragazze, definite da Gesù “stolte”, è di aver trascorso l’intera esistenza nelle dissipazioni e di non avere provveduto ad alimentare la fede con la preghiera e i Sacramenti. Lo Sposo – GESU’- al suo giungere trova le cinque “stolte” a luce spenta. Ci ricorda Gesù che, se non siamo presenza luminosa, siamo nulla! Con parole pressanti, Gesù ci avverte di non fallire l’ultimo appuntamento della vita con la sua misericordia e a non perdere la speranza, nemmeno quando  le cose sembrano andare tutte a rovescio, o quando il silenzio di Dio può dare la sensazione che Dio non si prende cura dei suoi figli in difficoltà.

     I capitoli 24 e 25 di Matteo sono un forte richiamo alla vigilanza. Nel tempo, molti hanno cercato una probabile data della fine del mondo; ci hanno provato i Millenaristi; più recentemente i Testimoni di Geova e i tanti interpreti di Nostradamus; ma ogni data, da essi indicata come certa, è risultata falsa. Gesù aveva avvertito che non sarà svelato il mistero  del tempo, perché non utile, anzi…dannoso; chiede invece di fidarci del suo amore di Padre e di attendere con pazienza e tanta fiducia la sua venuta. E, per non intristirci, ci annuncia che, nella seconda venuta, saremo introdotti nella sala imbandita per una festa di Nozze. Perciò, la parabola si conclude con un richiamo forte: “Vegliate dunque, perché non sapete né il giorno, né l’ora”:

     La saggezza elogiata da Gesù si ha quando l’uomo provvede ad alimentare di buon olio quella fiammella che è stata consegnata nel Battesimo; il vasetto dell’olio sarà sempre a buon livello se sarà quotidianamente alimentato dall’Eucaristia, dalla Confessione e dalla preghiera. Fratelli, non sciupiamo la vita! Il pensiero della morte e del Giudizio finale non deve suscitare tristezza e angoscia, ma farci provare quella gioiosa frenesia che ci spinge ad abbellire ogni cosa, quando  giunge la vigilia di un grande avvenimento, come è il Matrimonio, o una laurea, o la Prima Comunione dei figli. Forse è l’unico giorno in cui si fanno molte cose canticchiando e con la gioia sulle labbra e negli occhi. La Vergine Maria, che ha sperimentato tante prove e sofferenze, ci sia accanto mentre canteremo le ultime parole della Salve Regina: “Avvocata nostra,rivolgi a noi gli occhi tuoi misericordiosi e mostraci, dopo questo esilio, Gesù, il frutto benedetto del tuo seno. O clemente, o pia, o dolce Vergine Maria.  Amen.