DOMENICA 30ma -
C : DIO GRADISCE LA PREGHIERA UMILE E CONFIDENTE
Quante volte sentiamo ripetere l’espressione: “preghiera di lode”. S’intende rivolta a Dio: Lode a Dio – lode di Dio. Anche la preghiera del fariseo della parabola è preghiera di lode, ma non “lode di Dio”, bensì “lode di se stesso”. Capita anche a noi talvolta di imbatterci con chi vuole raccontare le sue imprese, naturalmente tutte a buon fine! Quanta pazienza e commiserazione nell’ascoltare il monologo delle sue stravaganti imprese! E possiamo solo immaginare quanto noioso e ridicolo è l’uomo che – attraverso la preghiera – intende affermarsi davanti a Dio, esibendo un pregevole curriculum della sua vita, sul modello di quello preparato per un colloquio di lavoro, nell’intento di convincere Dio ad apprezzare la sua bontà e bravura. In realtà, il fariseo della parabola è davvero meticoloso nell’osservare tutte le prescrizioni: digiuna, fa l’elemosina, è scrupoloso nell’osservare tutti i suoi doveri. Il guaio è che la sua preghiera ha solo l’intento di esaltare se stesso, confrontandosi con gli altri, tutti scadenti, confrontati con lui. Questa sottolineatura della parabola è un richiamo anche per noi; anche noi cadiamo nella facile tentazione del fariseo, quando ci presentiamo a Dio come buoni fedeli, praticanti!, migliori di tanti altri, che snobbano la Messa e le feste parrocchiali, e si danno alla bella vita! E’ Gesù stesso a precisare che la parabola è stata detta “per alcuni che presumevano di essere giusti e disprezzavano gli altri”. In effetti, la preghiera del fariseo non cercava il dialogo con Dio; cercava invece il compiacimento di Dio per la sua bravura e una ricompensa, dovuta in premio della sua fedeltà.
Ma veniamo a noi. Quante volte, anche noi, ci accostiamo a Dio presentando il conto, dovuto per la nostra presunta fedeltà; diciamo: ho fatto… ho pregato… ora attendo la ricompensa! Io non sono come gli altri…! Non è facile, anche per noi, sfuggire alla presunzione di essere fedeli e devoti, e quindi meritevoli dei favori di Dio, al punto da presumere di poter fare anche qualche miracolino in nome di Dio! E’ l’atteggiamento sbagliato di che si è dimenticato che è semplicemente “servo inutile”; si è cioè dimenticato che tutto è dono di Dio, anche il bene che ci è dato di compiere.
Gesù loda invece il PUBBLICANO, non perché è migliore degli altri; ma perché si riconosce peccatore, e si presenta al Signore come un povero che ha bisogno di tutto, soprattutto di salvezza. Il fariseo, nella preghiera, parla di se stesso: presenta a Dio i suoi pregi; si compiace di se stesso e si propone agli altri come modello di vita buona; sembra quasi voglia dire a Dio: “meno male che ci sono io!” Non s’accorge di esser talmente pieno di sé,da non dare spazio alcuno a Dio; non chiede nulla, e Dio non gli dà nulla. Purtroppo cristiani così ce ne sono tanti: sono quelli che si ritengono così fedeli, da sentirsi in dovere di puntare il dito contro quei fratelli che, riconoscendo i loro sbagli, ritornano all’ovile, nella speranza di trovare una mano tesa all’accoglienza. Il pubblicano invece, cosciente di essere peccatore, si pone davanti a Dio con tutta la sua miseria, con un solo desiderio: essere accolto e perdonato. Sa che da solo non può farcela, e perciò ha bisogno dell’aiuto e della misericordia di Dio.
La parabola fa
chiaramente capire che Dio ama quanti gli si presentano a cercare amore,
perdono e guarigione. “O Dio – così prega il pubblicano – abbi pietà di me,
peccatore”. E’ cioè consapevole di essere peccatore e perciò sa di non poter
pretendere nulla; può solo chiedere. Dalla parabola scaturisce una verità che
deve far riflettere: non è sufficiente venire alla Messa per crederci buoni!
Pensiamo inoltre alla incongruenza di chi si rivolge a Dio nella preghiera,
sapendo che ha volutamente escludere Dio dalla sua vita! O di chi si presenta a
Dio, offrendo una strana garanzia: “io non sono come gli altri; come quello che
mi sta vicino, ora…!” Cari fratelli, Dio sta dalla parte del pubblicano, cioè
del peccatore che chiede aiuto; e non gradisce la preghiera “del confronto” con
gli altri. E così, il fariseo se ne esce dal tempio con i peccati che aveva
prima, e in più il peccato di vanità e di superbia commesso nella sua preghiera
“pagana”. Il pubblicano se ne esce perdonato e guarito. E’ la conferma di una
solenne dichiarazione di Gesù: “Non sono venuto per i giusti, ma per i
peccatori”: per me, per te, per tutti noi, che abbiamo sempre bisogno di
perdono e di misericordia. Fratelli, anche noi oggi siamo venuti inchiesa in
cerca di perdono; e il Signore ci rimanda a casa perdonati e guariti, per annunciare a tutti
la gioia della salvezza. Amen. Alleluia.