DOMENICA  28  -  C   :   UNO SU DIECI TORNA DA GESU’ PER RINGRAZIARE

 

     L’evangelista Luca, anche oggi, ci fa percorrere con Gesù un tratto di strada, mentre sale con i suoi discepoli verso Gerusalemme, la Città santa, dove si compirà il sacrificio, nel dono della sua vita per noi. E’ in questo percorso che Gesù si sente chiamare da lontano, con voci roche, ma energiche: “Gesù Maestro, abbi pietà di noi!”. Sono le voci di dieci lebbrosi; persone che, proprio a motivo della loro malattia, molto contagiosa, venivano tenute ai margini della vita sociale e religiosa della comunità; e - quel che è peggio ed esecrabile – erano anche ritenute castigate da Dio per chissà quali peccati da loro commessi. Questi poveretti, tenendosi a dovuta distanza come la Legge prescriveva, alzano la voce verso Gesù e invocano la sua pietà. A differenza di altre guarigioni, Gesù non li tocca; semplicemente li invia ai sacerdoti del Tempio ai quali era data la facoltà di verificare l’avvenuta guarigione e quindi consentire il loro rientro in famiglia.

     I dieci lebbrosi non si intrattengono oltre, certi che l’invio al controllo era già, per loro, garanzia di guarigione. Di fatto, così avviene: si trovano guariti tutti e dieci. Possiamo solo immaginare la gioia e la festosa meraviglia nel trovarsi improvvisamente risanati, loro che si erano avvicinati a Gesù con un corpo sfigurato e a brandelli; una gioia che spinge nove di loro a correre verso casa per comunicare ai propri cari la fine di un incubo. L’euforia per un evento così straordinario ha prevalso su ogni altra buona regola: quella, ad esempio, che suggeriva di far ritorno al Benefattore per esprimere la loro gratitudine. Infatti uno solo - un Samaritano, uno straniero, un extracomunitario, diremmo oggi – si è sentito in dovere di ritornare da Gesù per esprimere la propria gratitudine, prima ancora di correre a far festa con la famiglia.

     Gesù coglie l’occasione per lamentare la mancanza di sensibilità, facendo notare che dieci erano stati purificati, e solo uno era ritornato a gridare, con tutta la voce e con tutto il cuore, il suo GRAZIE. San Luca, l’unico che ha riportato questo miracolo, ha voluto farci sapere che il Samaritano guarito era felice non solo per il dono della guarigione, ma anche per aver avuto l’opportunità di incontrare e di conoscere personalmente Gesù, come Messia e Salvatore. Infatti – annota Luca – appena lo raggiunse “si prostrò ai suoi piedi per ringraziarlo”. “ALZATI E VA’; LA TUA FEDE TI HA SALVATO!” – ha detto Gesù al Samaritano. “La tua fede ti ha salvato”: sono parole che rivelano un secondo miracolo, che Gesù ha compiuto a favore del Samaritano: prima l’aveva guarito dalla lebbra; ora gli annuncia la salvezza, che è miracolo assai più importante!

     Questo mi porta a pensare a tanti uomini e donne – di oggi e di ieri – che stanno soffrendo e, come è logico, non cercano solo bravi medici; cercano anche qualche Santo a cui aggrapparsi perché impetri da Dio la guarigione miracolosa. E cosa succede quando le cose si risolvono a nostro favore? Avviene che torniamo felici  a godere con la famiglia della buona soluzione; ma purtroppo raramente imitiamo il Samaritano che corre prima da Gesù e, ponendosi in ginocchio, ringrazia. Questo episodio mi ha fatto capire che il vero miracolo di oggi non è la guarigione dalla lebbra, ma l’aver fatto capire allo straniero guarito che GESU’ E’ VERAMENTE IL MESSIA, IL FIGLIO DI DIO! I nove guariti, segnalati come ingrati, sono icona di un cristianesimo diffuso che cerca il “Dio Guaritore”. E’una triste immagine che abbiamo di Dio, se lo cerchiamo solo quando abbiamo l’acqua alla gola. Ogni guarigione, nel Vangelo, è manifestazione dell’amore di Dio; un amore che produce liberazione, vita, gioia, fraternità. In effetti, il miracolo più ripetuto è dato dalle parole del sacerdote quando, al termine della Confessione, ci dice: “Il Signore ha perdonato i tuoi peccati. Va’ in pace”. Sono le stesse parole dette da Gesù al Samaritano: “ALZATI E VA’; LA TUA FEDE TI HA SALVATO”.  Amen.