DOMENICA  28^  -  A   :  DIO CI INVITA ALLA SUA FESTA

 

     Per la terza domenica , l’evangelista Matteo, con le parabole di Gesù, ci mette con le spalle al muro. C’è una domanda che ritorna e che attende una risposta, subito, ora. Gesù ci ha convocato per celebrare  nell’Eucaristia la gioia della sua Pasqua; ma noi – questo Gesù – l’abbiamo accolto nella nostra vita? Oppure , per una infinità di motivi, continuiamo a tenerlo alla porta? Sappiamo che il Figlio di Dio si è fatto uomo per incontrare ogni uomo, per fargli dono della sua stessa vita: una vita bella, ricca, che scavalcherà i confini della morte. La parabola ascoltata esprime chiaramente la volontà di Dio: invitare ogni uomo alla festa del Regno, per condividere, nella gioia, il dono della salvezza. E non poteva scegliere occasione migliore della festa di nozze del proprio figlio per comunicare il suo ardente desiderio di fare festa con noi. Possiamo quindi solo immaginare la delusione per un generale rifiuto degli invitati a partecipare alla cena preparata per loro.

     E quante volte, fratelli, anche noi, ai ripetuti inviti di Dio, abbiamo addotto le scuse più diverse per sfuggire all’incontro! Gesù è sceso tra noi per farci conoscere l’amore del Padre e la sua volontà di salvezza; la sua voce ci è giunta soprattutto dai Vangeli, ma anche dalla voce misteriosa della coscienza, o dall’umile sapienza di qualche ispirata Guida che Dio ci ha posto accanto. Ma noi, purtroppo, non abbiamo mai tempo! Ci sembra che abbiamo sempre cose più importanti da fare; e così continuiamo a rimandare, senza pensare che il tempo dell’incontro con Dio è proprio questo che stiamo vivendo ora. Ora, ciascuno di noi è in chiesa perché ha avuto un invito personale da parte di Dio; e noi siamo venuti per incontrarlo, per ascoltare la sua Parola e, nell’Eucaristia, fare comunione con Lui. Fa certo meraviglia sapere che tanti invitati abbiano reclinato l’invito adducendo motivi di scarsa importanza; e anche per indifferenza , o per mancanza di interesse.

     La seconda parte della parabola si apre con un nuovo invito; questa volta, rivolto a tutti: ai pagani, ai poveri, ai peccatori, agli irregolari, al mondo intero. Il messaggio è chiaro: Gesù prepara i suoi al mandato che precederà il suo ritorno al Padre: “Andate in tutto l mondo, predicate il Vangelo ad ogni creatura…”. Questo messaggio, fratelli, è anche per noi: siamo tutti invitati a partecipare alla festa delle nozze del Figlio. Già la nostra chiamata all’esistenza è chiamata a partecipare alla festa eterna preparata dal Padre per noi, suoi figli: è la festa di nozze dove Cristo e la Chiesa si legano con un “per sempre”, quello che si dicono anche gli sposi nel loro matrimonio. Amici, essere invitati significa che siamo stati desiderati e voluti! Nessuno, nella famiglia di Dio, potrà mai dire: “qui nessuno mi vuole bene!” Noi sappiamo che Dio si è fatto uomo per farci suoi collaboratori per la nostra salvezza. Mancare all’incontro è davvero una scelta di morte.

     Ma la parabola si chiude con un’ultima sorpresa: tra gli ultimi arrivati c’è un tale senza la veste nuziale che viene cacciato fuori. Gesù ha voluto ricordarci che la salvezza è, si, offerta a tutti, buoni e cattivi; ma ci avverte che non è lecito confondere la misericordia di Dio con il nostro “prendere in giro”. Il sopraggiunto, senza veste nuziale, non aveva capito che l’invito a partecipare era per la festa del Figlio. Lui invece era venuto alla festa con il cuore legato e asservito ad altri idoli, per i quali  ha profuso incenso e tutte le sue attenzioni. Gesù ha così voluto ricordare che non basta essere invitati per partecipare alla festa del Figlio. Nel Battesimo, la Chiesa ci ha fatto indossare una vestina candida, nuova, simbolo della vita nuova che è Cristo. E la vestina consegnata nel nostro Battesimo che fine ha fatto? Il poveraccio che viene cacciato, probabilmente non era peggiore degli altri; ma è stato messo fuori perché non aveva il cuore in festa; non era venuto per partecipare alla festa.

     Si, diciamo allora che l’abito da indossare per non fallire nella vita, è Gesù. Siamo dunque avvertiti: la sentenza di sfratto potrebbe riguardare anche ciascuno di noi! Ecco perché ora vogliamo fare nostra l’invocazione ascoltata nel canto dell’Alleluia: “Il Padre del Signore Gesù illumini gli occhi del nostro cuore, per farci comprendere a quale speranza ci ha chiamati”.  Amen.  Alleluia.