DOMENICA  28.ma  -  C  :  PROTAGONISTI: DUE EXTRACOMUNITARI

 

     Fratelli, avrete certamente notato che nelle letture di oggi, i protagonisti dei miracoli sono due stranieri; oggi diremmo: due extracomunitari, Naaman Siro, nella prima lettura e un Samaritano nel Vangelo, definito da Gesù uno straniero; entrambi guariti dalla lebbra. Ma la peculiarità che meglio li unisce è che entrambi hanno avvertito, come dovere, la necessità di ritornare al loro Benefattore, non solo per esprimere riconoscenza, ma anche la gioia di aver trovato nel Dio di Israele, il Dio che ama l’uomo, che prova compassione, che usa misericordia, donando guarigione e salvezza.

     Oggi, tra le malattie più temute, rimangono sempre al primo posto il tumore e Sla. In passato, la malattia più temuta era certamente la lebbra. La lebbra non era solo una terribile malattia che sfigurava i corpi, deturpando i volti e riducendo le membra a spaventosi moncherini; la lebbra comportava anche una sorta di condanna sociale: si veniva allontanati dalla propria famiglia, costretti a vivere lontano dai luoghi abitati, nella privazione anche del conforto delle persone più care. Possiamo allora ben comprendere il grido colmo di disperazione dei dieci lebbrosi: “Gesù Maestro, abbi pietà di noi!” La risposta di Gesù non si fa attendere: “Andate a presentarvi ai sacerdoti”. “E mentre essi andavano, furono purificati”.  Invitandoli a presentarsi al controllo di legge, ai sacerdoti del tempio, Gesù aveva praticamente annunciato la guarigione; e così era avvenuto. Ma dei dieci guariti, uno solo decide di rimandare la festa della guarigione e l’abbraccio dei propri cari, perché aveva sentito il dovere  e l’urgenza di ritornare da Gesù, per esprimere a Lui, prima di tutti, la sua gioia e riconoscenza. “Tornò indietro – annota Luca – lodando Dio A GRAN VOCE e si prostrò davanti a Gesù, ai suoi piedi, per ringraziarlo”.

     Amici, io trovo in questo racconto di Luca, la storia di tanti uomini e donne, di ieri e di oggi, alla ricerca affannosa della guarigione miracolosa. La paura del male fa ricordare che c’è ancora una risorsa a cui attingere e in cui sperare: Dio! L’unico che può fare il miracolo sperato e che può tirarci fuori da situazioni ingombranti. Però – diciamolo subito – quello che interessa veramente non è l’incontro con Dio! E’ invece la guarigione. Intendo dire che i più non sono interessati a un incontro con Dio, per conoscere il suo amore e affidarsi alla sua provvidenza; i più cercano Dio per “strappare” un consenso a favore della salute o di qualche utile soluzione. DIO E’ PADRE! E segue con amore tutti i suoi figli. Ma quanti, a grazia ottenuta, sanno fermarsi  per esprimere gratitudine? Questo “ritorno a Gesù” ha ottenuto al Samaritano guarito anche la salvezza: “Alzati e va’: la tua fede ti ha salvato”:  sono le parole di commiato che Gesù rivolge al Samaritano che – con quel “Va’” – ha inteso inviare questo nuovo discepolo, laico, ad annunciare l’amore di Dio per ogni uomo, ma specialmente per quanti stanno portando la croce della malattia e della sofferenza.

     Dobbiamo così constatare che molti cercano il Gesù medico o, per qualcuno, stregone salvaguai; ma pochi cercano il Gesù Salvatore, Figlio di Dio, venuto nel mondo per portare a tutti la salvezza. Noi dovremmo introdurre la nostra preghiera, sempre, con i verbi della lode e del ringraziamento. S Francesco ripeteva spesso: “Ti lodo e ti ringrazio, Signore, perché con la tua santa Croce ha redento il mondo”.

     Il Vangelo è pieno di guariti: insieme fanno quella folla che sempre troviamo attorno a Gesù, ovunque andava. Ma quanti di loro si sono sentiti anche “salvati”? Dio ci cerca per farci dono della sua vita e della sua salvezza. Io – noi - abbiamo cercato Dio, per accoglierlo nella nostra vita? Abbiamo dimostrato la gratitudine testimoniando con la vita l’amore ricevuto? Non è un corpo sano che rivela la salvezza; è invece un cuore nuovo e convertito. I nove lebbrosi guariti, ma ingrati, sono icona di un cristianesimo diffuso  che che suggerisce di ricorrere a Dio solo quando si è sopraffatti da paure e difficoltà. Fratelli, quanti doni abbiamo ricevuto da Dio: la vita, la salute, l’amore, una famiglia, la fede, i sacramenti, ecc. Ma noi ne siamo coscienti? E soprattutto ne siamo grati? Perché non facciamo nostra la invocazione che, ogni mattina, apre la preghiera liturgica della Chiesa: “Signore, apri le mie labbra e la mia bocca proclami la tua lode”. Apri, Signore,le porte del mio cuore perché possa lodarti “a gra voce” come ha fatto il Samaritano guarito, per ringraziarti e darti gloria, per tutto, per tutti e per sempre!  Amen.