DOMENICA  22^  -  A  :  GESU’ è IL NOSTRO DIO CROCIFISSO

 

     La pagina del Vangelo appena ascoltata ci obbliga a fermarci per chiederci se noi possiamo ancora ritenerci discepoli del Signore. Il dubbio nasce proprio dal rimprovero che Gesù rivolge a Pietro: “Va’ dietro a me, Satana! Tu mi sei di scandalo, perché non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini!”. Povero Pietro! Aveva da poco ricevuto un grande elogio per aver dato una buona definizione di Gesù, e ora si sente allontanare come Satana! Cos’era successo?  “Gesù – narra Matteo – cominciò a spiegare ai suoi discepoli che doveva andare a Gerusalemme e soffrire molto… e venire ucciso e risorgere il terzo giorno”. E Pietro, mosso da sincero affetto, non si era sentito di condividere una fine così ingloriosa e tragica del Maestro. E chi di noi non avrebbe reagito allo stesso modo?  Tra noi ci potrebbe però essere qualcuno che ha interpretato male la reazione di Gesù, quasi che Gesù intendesse dire che “fare la volontà di Dio”, significhi che, per forza, bisogna soffrire; o peggio, che per essere discepoli del Signore, uno deve c ercare la sofferenza, quasi che la sofferenza costituisca una componente necessaria del cristianesimo.

     Ma il cristiano non è un masochista, uno che cerca la sofferenza, come strada della redenzione. In realtà, Gesù non dice che dobbiamo soffrire  a tutti i costi! Ci chiede invece di “pensare secondo Dio”. L’invito a prendere la propria croce e a seguirlo, si può tradurre con l’invito ad accettare la nostra vita, e a vivere con fede e speranza le nostre quotidiane difficoltà. Se ciascuno facesse l’elenco delle croci che ha dovuto portare, l’elenco si farebbe certamente lungo: delusioni… e non solo in amore! Infelicità, insuccessi, paure, malattie, la morte di persone care; i più viviamo male queste situazioni; siamo inquieti e sempre alla ricerca di felicità che, per lo più, identifichiamo con il denaro e una vita agiata.

     Il Vangelo di Matteo conta 28 capitoli. L’episodio di oggi è riportato al cap. 16; questo fa pensare che Matteo abbia inteso, oggi, introdurre i lettori nel suo lungo racconto della passione, morte e resurrezione del Signore. E difatti introduce così: Gesù cominciò a spiegare ai suoi discepoli che doveva andare a Gerusalemme e soffrire molto…”. Ecco dove nasce lo scandalo di Pietro e di tanti cristiani. Anche noi, tante volte, facciamo nostra la pretesa di Pietro, convinti che la morte non può risolvere i nostri guai; noi vorremmo piuttosto da Dio interventi risolutivi per ogni nostra richiesta; noi consigliamo a Dio un potere forte, autorità e miracoli mirati: tutte soluzioni che Gesù rifiuta. Gesù oggi fa scuola anche a noi; ci suggerisce il servizio, la povertà di spirito, la misericordia, un cuore puro, mitezza, la croce; ci chiede di essere operatori di dialogo e di pace.

     Nell’annuncio di Gesù, la croce è il segno più alto dell’amore: “Non c’è amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici”. La croce che Gesù ci chiede di portare sono anche le malattie, i disagi della vita, ecc.: tutte situazioni che fanno comunque parte della vita di ogni essere vivente; ma la croce di cui parla Gesù è da “PRENDERE” ! è da scegliere, come atto d’amore. E’ Gesù che ci chiede di scegliere: “Quale vantaggio avrà un uomo se guadagnerà il mondo intero, e poi perderà la propria vita?”. Sarà capitato anche a noi, qualche volta, di sentirci pronti a dare anche la vita per Gesù e per la causa del bene; ma poi, quando ci siamo trovati ad affrontare paure e malattie, abbiamo fatto come Pietro: ci siamo messi “davanti a Gesù”, pretendendo di essere noi a indicare a Gesù la strada da percorre e le soluzioni da prendere! Ecco perché Gesù interviene a ricordarci che il nostro posto è “stare dietro”, cioè “seguire” il Maestro nell’itinerario che, momento per momento, ci indicherà. In altre parole, ci chiede di fidarci di lui.

     Invece noi, quante volte, come Pietro, chiediamo a Dio di fare la nostra volontà. “Mettiti dietro a me” – ci ripete ora Gesù. Si, fratelli, mi sento di poter interpretare anche le vostre scelte, cioè di riprendere il nostro posto come discepoli del Signore, con fiducia, e in serena obbedienza. Vogliamo che Gesù torni ad essere il solo nostro Maestro!  Amen.  Amen.