DOMENICA  20  -  C   :   GESU’ VUOLE DISCEPOLI FORTI, COERENTI E FEDELI

 

     Siamo giunti oggi alla domenica di ferragosto; domani celebreremo la festa della Madonna Assunta in Cielo, detta anche la “Pasqua di ferragosto”. Siamo invitati, oggi, a sottrarci alle tante provocazioni legate al ferragosto festaiolo, per spostare la nostra attenzione alla nostra Mamma Assunta in Cielo, nel giorno in cui la vediamo salire al Cielo, anche con il corpo, attorniata – come bene esprimono gli artisti – da un nugolo di Angioletti che cantano e fanno festa. L’evangelista Luca, anche in questa domenica ci riferisce parole molto forti; dice Gesù: “Sono venuto a gettare fuoco sulla terra, e quanto vorrei che fosse già acceso! Ho un battesimo nel quale sarò battezzato, e come sono angosciato finchè non sia compiuto”. E conclude: “Pensate che io sia venuto a portare la pace sulla terra? NO, io vi dico, ma divisione”.

     Con queste affermazioni, Gesù ci ha aperto il suo cuore per manifestare a noi la sua sofferenza per non poter consegnare al Padre un mondo rinnovato e guarito, con il suo sacrificio sulla croce. Sono parole davvero forti, quelle ascoltate ora:  FUOCO – DIVISIONI,  fin nella propria famiglia. La nostra esperienza ci dà conferma che certi traguardi possono essere raggiunti solo se a spingere è una forte passione. Pensiamo allo sport, quando alle Olimpiadi si sogna l’oro; o quando si vogliono raggiungere vette inviolate; o per guidare la Rossa di Maranello. Diciamo anche che, senza la passione, non reggono a lungo le promesse di amore eterno. Ha scritto Pascal: “Nulla di grande si compie nella vita senza una passione”. Gesù, prima di ascendere in Cielo, ha consegnato il suo progetto per la salvezza del mondo agli Undici; li ha invitati ad andare in tutto il mondo a predicare il Vangelo ad ogni creatura. Aveva promesso che, a sostenere un compito così arduo, avrebbe inviato lo Spirito Santo, perché ognuno potesse avvertire in sé la presenza dello Spirito  di Dio, cioè la passione di Dio per l’uomo, che porta l’uomo a fare dono totale della sua vita, fino al martirio. Se dovessi constatare che non ho conosciuto questa “passione”, sarà segno che ho messo Dio fuori della mia vita.

     Quando S. Ignazio inviò in missione i primi discepoli, disse loro: “Andate e incendiate il mondo!”  Papa Francesco, con linguaggio fiorito, ci ricorda, ogni tanto, che non servono cristiani “da salotto”, o “in pantofole”,  o opinionisti; qualche tempo fa’ scriveva a un Vescovo del Sud America: “Io ho paura dei cristiani “quieti”. Quelli che si preoccupano di custodire le tradizioni e rifiutano il nuovo, verso cui lo Spirito spinge”. Fratelli, c’è bisogno di passione nel cammino della vita, soprattutto per far giungere  al maggior numero possibile l’annuncio del Vangelo, e per iniziare la propria scalata del Cielo, con Maria, nostra Madre. Giusto oggi, ricorre la memoria di SAN MASSIMILIANO MARIA KOLBE, morto martire della carità, nel campo di sterminio nazista, ad Auschwitz, il 14 Agosto 1942. P. Kolbe, francescano polacco, quando ancora era studente a Roma, si chiedeva: ma perché chi vive senza Dio, organizza pubbliche manifestazioni e cortei, , gridando slogan irripetibili, e noi non ci sentiamo ribollire il sangue!  Ecco perché, al suo ritorno in Polonia ha trovato tante adesioni al Movimento mariano della Milizia dell’Immacolata, da lui voluto per contrastare le tante vittorie di Satana.

     Per raccogliere in comunità i tanti che volevano farsi francescani, fondò la Città dell’Immacolata – in polacco: Niepokalanow – che arrivò a contare fino a mille frati, tutti con P. Kolbe per invadere il mondo,  come annunciatori di pace e di salvezza. Ma la sua fama e la sua forza di penetrazione in Polonia, e nei paesi dove era forte la presenza dei frati francescani,  fece sì che i nazisti decisero di arrestarlo e deportarlo ai lavori forzati di Auschwitz. Ammalato di tisi, con un solo polmone, volentieri passava tutto, o in parte, il suo piatto di minestra a chi era più giovane e più bisognoso, per consentirgli di sopravvivere. Il due agosto, un detenuto riesce a fuggire. Il blocco di appartenenza è tenuto l’intera giornata sotto i sole, in attesa del ritrovamento. Ciò non avviene e in tutti incombe una orribile decisione: dieci di loro, scelti a caso, dovevano scendere nel bunker della morte per essere abbandonati a morire lentamente di fame e di sete. Uno dei prescelti per la condanna scoppiò a piangere e a gridare: Non vedrò più i miei bambini!!! P. Kolbe avvertì nel suo cuore quella passione che l’aveva spinto a farsi dono, azzardò un passo avanti, per chiedere di andare a morire al posto di quel papà. “Chi sei? – gli fu chiesto, “SONO UN PRETE CATTOLICO” – rispose. P. Kolbe morì per ultimo, dopo aver accolto nella morte i nove compagni. Era il 14 Agosto,la vigilia della Madonna Assunta. Bisognava sgomberare quell’inferno di morte; entrò il boia con in mano una siringa, contenente acido muriatico, che iniettò nelle sue vene. Si spense una vita che era stata alimentata dalla passione per le anime. P. Kolbe aveva celebrato lì l’ultima Messa ed era volato direttamente in Cielo,  con Maria, Regina del Cielo e della terra. Amen.