DOMENICA  19^  -  A  :  “SIGNORE, SALVAMI !”

 

L’evangelista Matteo ci ricorda più volte che Gesù ci teneva molto alla preghiera personale. Nella pagina di Vangelo ascoltata, Gesù “costrinse i discepoli a salire sulla barca e a precederlo sull’altra riva”; e, congedata la folla, salì sul monte, in disparte, a pregare”. Non c’era giornata, per quanto faticosa, che non si concludesse con tempi prolungati dedicati al colloquio con il Padre. E’ indubbiamente un richiamo forte per chi vuole essere discepolo del Signore. E’ un richiamo molto particolare per ricordare che non è sufficiente avere trascorso una giornata totalmente dedicata al servizio della carità; e che non è sufficiente neppure una scrupolosa fedeltà alla preghiera liturgica e comunitaria. La misura dell’amore si ha quando, dopo aver compiuto i nostri doveri, spegniamo i nostri normali collegamenti, per entrare in colloquio con il Signore , per portare a lui la nostra giornata, con le difficoltà incontrate e, più ancora, con le persone che il Signore ci ha fatto incontrare. Mi confidava un parroco che – trovandosi nella impossibilità di far fronte a tutte le esigenze di una grande parrocchia – dedicava, ogni sera, un’ora di preghiera davanti al Tabernacolo, per trattare direttamente con il Signore i tanti problemi di povertà, di malattia, di sofferenza della sua gente. E’ esattamente quanto faceva anche Gesù.

     In quelle lunghe ore trascorse in preghiera, Gesù parlava al Padre di tutte le persone incontrate, specialmente dei poveri, degli ammalati, delle “pecore smarrite”, e dei suoi discepoli e apostoli. Gli erano certamente presenti, quella notte, gli apostoli che stavano lottando  per non andare a fondo, a causa del forte vento e delle onde che si riversavano nella barca. Gesù sapeva e, per correre in loro aiuto, non solo aveva interrotto l’incontro con il Padre, ma addirittura aveva preso la scorciatoia, camminando sulle onde agitate. “Verso la fine della notte, Gesù venne verso di loro camminando sul mare”. Gesù non era venuto subito. Ci sono noti questi ritardi di Dio che mettono a dura prova la nostra pazienza e la nostra fede. E chi di noi non ha avuto, qualche volta, la sensazione di essere stato abbandonato da Dio, quando la nsotra preghiera chiedeva un intervento urgente e ne è seguìto  il silenzio, inspiegabile per noi. Era successo anche nella notte del lago in tempesta; una notte faticosa e piena di incubi.

     Ma, alla fine, il Signore arriva; arriva verso la fine della notte e, per di più, camminando sulle onde. Ai loro occhi non poteva che essere un fantasma! Crescono paura e sconcerto, fino a quando quel “fantasma” non si è rivelato con voce amica: “Coraggio, sono io, non abbiate paura”. Subito torna la serenità; i discepoli hanno riconosciuto la voce del Maestro. “Sono io!”, il Signore, Colui che c’è sempre, Colui che salva. “Non abbiate paura!” , sono il più forte, il più forte di tutte le potenze del male. Come per un bambino che si sveglia nel buio della notte e piange, la voce della mamma riporta subito la calma, così per noi, in qualsiasi situazione, questo “sono io!” può operare la guarigione dalla paura e il superamento della paralisi in cui ci ha spinto la paura. “SONO IO !” E’ tutto, amici; è tutto!

     E’ stato certamente tutto per Pietro, che chiede al Maestro se consente anche a lui di camminare sulle acque. “Vieni!” è la risposta di Gesù; e Pietro gli va incontro; ma le onde torbide e agitate lo spaventano e la paura riprende il sopravvento e incomincia ad affondare. Fratelli, ma non succede anche a noi? Succede quando, invece di guardare a lui, guardo ai miei piedi e alle onde agitate; e cresce la paura. E, solo quando l’acqua mi giunge alla gola, mi ricordo del Signore e grido: “Signore, salvami!” E anch’io sento la mano del Signore che mi afferra e mi rimette in barca. Fratelli, è stata provvidenziale per noi questa tempesta sul lago, perchè anche noi potessimo essere confermati nella fede. Quanti incidenti della nostra vita hanno messo a nudo la nostra incredulità, i nostri dubbi, le nostre paure.  E Gesù era lì, mentre eravamo nel pericolo; abbiamo constatato che, senza di lui, non potevamo uscirne indenni. In questo senso, diciamo che le prove della vita ci aiutano a crescere. “Appena saliti sulla barca, il vento cessò”. Si, con lui nella barca, tutto torna tranquillo. Amici, dentro questa barca – la Chiesa – stiamo viaggiando anche tutti noi. Anche noi allora prostriamoci e proclamiamo la nostra fede: “Davvero tu sei il Figlio di Dio!” Tu solo, Signore, sei la nostra sicurezza, la nostra salvezza. Tu solo, Signore, puoi dirci sempre: “CORAGGIO, SONO IO, NON ABBIATE PAURA!”  Grazie, Signore; grazie,  Amen