DOMENICA  19ma  -  C  :  NOI SIAMO “IL PICCOLO GREGGE”

 

     Oggi, l’evangelista Luca si rivolge proprio a noi, venuti in chiesa per celebrare il Giorno del Signore; a noi rivolge l’invito pressante del Signore, quasi un comando: “NON TEMERE, PICCOLO GREGGE, PERCHE’ AL PADRE VOSTRO E’ PIACIUTO DARE A VOI IL REGNO”. Il primo fastidio da cui Gesù vuole risparmiarci è quello di volerci sempre contare: Non ce n’è bisogno! Ci ha già contati Lui… per metterci il cuore in pace; siamo “piccolo gregge”; piccolo, ma a Lui molto caro; tant’è che il Padre ha voluto affidare il suo Regno proprio a noi! Ha cioè affidato a noi la sua Chiesa; anzi, ci ha detto ancor di più:”SIAMO NOI LA SUA CHIESA”! Noi siamo la Famiglia di Dio! L’essere “in pochi” porta facilmente a “temere”, ad avere paura: paura di non farcela, di non essere all’altezza, con il pericolo conseguente di abbandonare il campo; la paura può suggerire di ritirarci in trincea. Per questo Gesù invita il suo “piccolo gregge” a non temere. La paura porta facilmente a snaturare la missione e toglie la gioia e la pace, doni promessi da Gesù ai suoi discepoli.

     Il nostro vocabolario dei Contrari dice che il contrario della parola paura è “coraggio”; il Vangelo invece mi segnala, come opposto e antidoto alla paura, la parola “FIDUCIA”: una fiducia sicura e disarmante, colma di speranza e di benevolenza, una fiducia tutta tesa , non a difendere un passato più o meno glorioso, né i vantaggi raggiunti; ma a costruire un futuro ricco di novità e di ricchezza, dal momento che Dio si è posto al nostro fianco e cammina e lavora con noi. Il Regno che il Padre ci affida non si costruisce sul modello dei nostri Regni. L’appartenenza al Regno di Dio esige che non attacchiamo il cuore alle cose di questo mondo; ci chiede di liberarci dalle solite nostre preoccupazioni; ci chiede di rinunciare ai sogni di gloria e di potenza; e ci ricorda che il TESORO a cui attaccare il cuore è uno solo: la Bella Notizia che Gesù ci ha affidato, cioè il Santo Vangelo, la Parola che dona a tutti salvezza. La forza del Regno di Dio è nell’Amore del Padre, non nelle nostre prestazioni. Dunque nessuna ansia! Solo ci chiede di essere vigilanti; di proteggere e custodire i valori umani e cristiani che ci ha affidato e di portare il Vangelo della salvezza in tutto il mondo.

     La parabola ascoltata è naturalmente anche per noi. Molti, in questo mese, stanno trascorrendo le ferie per un meritato riposo. Ebbene, il Vangelo di oggi ci ricorda che non ci sono vacanze per la vita di fede. La parabola promette una speciale  beatitudine a “quei servi che il padrone, al suo ritorno, troverà ancora svegli”. Dobbiamo purtroppo ammettere che la vigilanza pare una virtù in disuso. In realtà essa è determinante proprio perché “là dov’è il vostro tesoro, là sarà anche il vostro cuore”. Il tesoro da custodire è Gesù, è il suo Vangelo! Ed è incredibile la ricompensa promessa per la nostra fedeltà: “Al suo ritorno, li fara’ mettere a tavola e passerà a servirli”. Chi non è vigilante, non sa farsi un vero tesoro, non sa investire per l’eternità; accumula qui tesori fatui e insignificanti, e si presenterà a Dio a mani vuote.

     Il richiamo forte della parabola, ma anche la grave situazione mondiale che stiamo vivendo, dovrebbero spingerci a dare una vigorosa sterzata al nostro impegno, per testimoniare il Vangelo con la vita. E’ vero che siamo sempre una minoranza, un piccolo gregge; ma non possiamo non essere quel pizzico di lievito che fa fermentare una grande massa! Non importa se siamo pochi: siamo comunque molti, se ci paragoniamo ai Dodici a cui Gesù si rivolgeva. Importa invece che siamo convinti, convincenti e coerenti. Fratelli, fidiamoci di Dio. Stiamo viaggiando con Lui: ogni paura è un’offesa alla sua presenza e alla sua promessa: “Io sarò con voi tutti i gorni, sino alla fine del mondo!”. L’attesa del ritorno del Signore è un eufemismo per indicare l’appuntamento con sorella morte; ma, per noi credenti – e per noi francescani, in particolare -  l’attesa di quell’appuntamento non può rivelarsi un anestetico che ci paralizza e ci addormenta; è invece un pungolo che ci spinge a trafficare il presente, nella logica dell’amore di Dio. E’ allora utile che recuperiamo la preghiera dell’inizio: “Ti preghiamo, Padre: non si spenga la nostra lampada, perché, vigilanti nell’attesa della tua ora, siamo introdotti da te nella patria eterna”.  Amen.