DOMENICA  14  -  A   :   IO CI SONO -  E  CI  SARO’  SEMPRE !

 

     Sarà forse capitato anche a voi di essere ricorsi a un amico per un aiuto e di aver ricevuto una singolare e insolita promessa di questo tipo: “Se hai bisogno, io per te ci sarò sempre!” E’ una promessa che dà serenità. La nostra fiducia è posta, qui, nella ricchezza di un amico il quale – a sua volta – pensa che sarà sempre ricco e disponibile. Nel Vangelo ascoltato ora, Gesù non dimostra entusiasmo per una siffatta  promessa, legata al denaro, o alla fortuna del momento. Anzi! Gesù si commuove mentre annuncia che il Padre ha deciso di fare dono del suo aiuto e della sua vicinanza a chi – anziché nella ricchezza – confida nel suo amore e nella sua provvidenza. Lo sta rivelando a una folla di poveri, venuti da lontano, in cerca soprattutto di guarigione e di misericordia. E’ tutta gente povera e senza protezione alcuna, una umanità che grida a Gesù, che chiede compassione e aiuto; la folla intenerisce il cuore di Gesù al punto da farlo esplodere in un inno di lode al Padre, proprio perché il Padre ha scelto di privilegiare i poveri, gli ultimi, i peccatori: in una parola, quelli che erano venuti a cercare Lui – Gesù – per avere aiuto, conforto e guarigione.

     Gesù non promette e non dà né denaro, né promozioni; non suggerisce soluzioni ai nostri problemi. Gesù, commosso, invita tutti ad accostarsi a lui, e a tutti promette “ristoro”: “Venite a me voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro”. Gesù ne ha tanti attorno a sé; guarda quegli occhi che supplicano, capisce le loro attese e le loro sofferenze e – con il cuore di madre – li invita ad avvicinarsi per donare a tutti il conforto della sua compassione e della sua partecipazione al loro dolore. Il “GIOGO”, di cui parla Gesù, è uno strumento di legno che serve per dividere in due  la fatica del traino di un carro o dell’aratro. Ebbene, Gesù offre il suo giogo per condividere la fatica di ciascuno e le tante nostre sofferenze. Mi ha molto colpito una antica icona, proveniente da un monastero Copto dell’Egitto, conservata oggi al Louvre di Parigi, che rappresenta un Gesù che appoggia il suo braccio sulla spalla del discepolo.

     Ho subito pensato al “giogo” che Gesù definisce “dolce e leggero”. Il braccio di Gesù – ho pensato – avvolge anche la mia spalla, per trasmettermi il suo calore, per accompagnare il mio cammino, per riaccendere in me la speranza; un braccio che mi fa sentire protetto e che mi trasmette pace. L’icona del braccio che avvolge il collo del discepolo traduce molto bene le parole di Gesù, cariche di tanto affetto, che  suscitano sempre commozione: “Venite a me… Io vi darò ristoro”. I media continuano a proporci modelli di persone fortunate e realizzate, che vorrebbero farci sognare la felicità, possibile anche a noi. No, il Vangelo non suggerisce strategie e sogni perditempo. I “piccoli” del Vangelo sono quelli che riconoscono di aver bisogno di Dio; sono coloro che hanno fatto esperienza della loro fragilità e che cercano misericordia e salvezza; sono coloro che si fidano di Dio e gioiscono al pensiero di essere da Lui amati con particolare benevolenza.

     E noi, fratelli, nelle nostre difficoltà, CHI CERCHIAMO? Quando non siamo in pace con noi stessi, forse, è proprio perché ci crediamo autosufficienti, e quindi non cerchiamo l’aiuto e il conforto di Dio. Fratelli, Dio non cerca sudditi e servitori. Dio cerca noi, perché gli siamo figli! Ci cerca, ci chiama vicino, per farci partecipi della gioia di appartenere alla sua famiglia. Il suo “giogo” è quel braccio che avvolge la nostra spalla, che ci fa sentire i battiti del suo cuore e ci ricorda quanto siamo da Lui amati. Fratelli, le braccia aperte di Gesù Crocifisso sono il segno non solo del suo amore, ma anche del gesto materno di chi attende di abbracciare un figlio che ritorna alla casa del Padre, dopo aver ascoltato l’invito accorato: “Venite a me, voi tutti, amati dal Padre mio; io vi darò ristoro e pace”.  Amen.  Alleluia.