DOMENICA  13  -  A   :   TU  SOLO  IL  SIGNORE !

 

     Tutti noi conosciamo le gerarchie – o meglio, le sfumature – dell’amore, anche senza sentirci specialisti  in materia. Altro è l’amore “eros”, altro è l’amore dei genitori per i figli, e viceversa; altro ancora è l’amore per il cane o il gatto, e altro è l’amore per la natura, per la propria casa, per un’Arte particolare, ecc. Oggi ci fa da maestro Gesù, nel proporsi al vertice delle nostre espressioni d’amore: ci chiede di amarlo con un “di più”, proponendosi addirittura a confronto con padre, madre e figli. Ecco le sue parole: “Chi ama padre o madre più di me, non è degno di me; chi ama figlio o figlia più di me, non è degno di me”. Questa richiesta di amore preferenziale non nasce da gelosia. Dio non ha bisogno di accaparrarsi  i nostri affetti; Dio è Lui stesso AMORE! Gesù chiede il “di più” perché conosce la fragilità dei nostri amori, anche di quelli più sacri; chiede di essere amato di più per dare bontà e sicura sostanza ad ogni espressione del nostro amore.

     L’amore di Dio fa scuola. Dice Gesù a Nicodemo: “Dio ha tanto amato il mondo da DARE il proprio figlio”. Gesù coniuga sempre il verbo amare con il verbo DARE! Gesù non chiede di rinunciare agli affetti; anche Gesù si è rivelato particolarmente legato di vera amicizia all’apostolo Giovanni e ad alcune donne: la Maddalena, le sorelle Marta e Maria; ci chiede invece di scegliere, confrontandoci con il suo amore, quando i nostri affetti si pongono come ostacolo all’amore vero. “Dio ha DATO il proprio Figlio” – ha detto Gesù. Gesù dà la propria vita come prova suprema d’amore; ci avverte anche che il nostro amore alle creature è vero quando discende dall’amore infinito di Dio; perché Dio, per primo, ama le creature che anche noi amiamo. Dio ama i miei genitori, il coniuge, i figli, infinitamente di più di quanto io ne sia capace. Dio ama le creature al punto che chiede a noi di amarlo nelle sue creature, a partire dalle più fragili. Dio chiede l’amore al prossimo come prova della verità dell’amore a Lui dovuto.

     Ecco la Regola dettata da Gesù: “Amatevi gli uni gli altri come io ho amato voi”. Ci ricorda San Paolo che Cristo “si è svuotato” per fare spazio nella sua vita a ciascuno di noi. L’amore vero chiede anche a noi di fare spazio nella nostra vita a ogni fratello, soprattutto se è in sofferenza o in povertà. Gesù si è fatto dono per noi; chiede che anche noi ci facciamo dono per i fratelli. Dice ancora Gesù: “Chi non prende la propria croce e non mi segue, non è degno di me”. La croce è stata per Gesù il segno di fedeltà al Padre e all’uomo.  Anche la nostra croce – e le nostre croci – devono essere il segno della nostra fedeltà. Il Vangelo non chiede di amare la sofferenza; Gesù è venuto per guarire e dare vita. Quando Gesù invita a “prendere la propria croce”, chiede che ciascuno si prenda le proprie responsabilità e faccia le scelte giuste, nel rispetto dei Comandamenti e dei propri doveri sociali.

     Gesù chiede fiducia nella sua Parola; chiede di riconoscere la Signoria di Dio. Noi, ogni domenica, al termine del Gloria, proclamiamo: “Tu solo il Santo, tu solo il Signore, tu solo l’Altissimo, Gesù Cristo”. E’ la prima risposta d’amore, richiesta oggi da Gesù. Gesù offre ricompensa anche per un piccolo gesto d’amore: un bicchiere d’acqua: “Chi avrà dato da bere anche un solo un bicchiere d’acqua fresca a uno di questi piccoli, perché è un discepolo, in verità: non perderà la sua ricompensa”. Un bicchiere d’acqua è un piccolo dono, ma impreziosito da un particolare: che sia acqua “fresca”!

     Dal dono supremo, dato a noi sulla croce, al picccolo, ma prezioso dono di un bicchiere di “acqua fresca”, l’amore è comunque espresso solo con il verbo “dare”. Ma è sempre quel “di più”, chiesto da Gesù, che qualifica l’amore vero.  L’amore non si esprime con proclami; Dio guarda il cuore. Ci sostenga l’Eucaristia che stiamo celebrando nel nostro proposito di totale abbandono al nostro Signore, nostro unico Salvatore.  Amen.  Alleluia.