DICHIARAZIONE SULLA
FRATERNITA’ UMANA
PAPA FRANCESCO -
10 GIUGNO 2023
Abbiamo aperto questo primo incontro del
nuovo Anno Fraterno 2023 -
2024 con l’invocazione allo Spirito Santo perché, anche
quest’anno, ci accompagni e ci guidi a vivere il grande dono della FRATERNITA’,
per la quale Gesù ha intensamente pregato il Padre, dopo averci fatto dono
dell’Eucaristia, e che San Francesco ha voluto realizzare con i tanti discepoli
che il Signore gli inviava, proprio per offrire alla Chiesa un segno concreto
che “vivere il Vangelo” è possibile ed è bello. Raccolgo l’invito di Papa
Francesco il quale, nel sabato che precedeva la solennità del Corpus Domini di
quest’anno, ha istituito una Giornata annuale, con questo titolo: INCONTRO
MONDIALE DELLA FRATERNITA’ UMANA, con il proposito di
istituire anche un “MINISTERO PER LA PACE”. Avete in mano il testo di questo
annuncio; leggo solo alcune sottolineature, utili per la nostra riflessione e
per approfondire il tema della Fraternità e così poter realizzare il “sogno” di
Dio: “che tutti siano uno”.
Detto questo, che ritengo molto
importante, vorrei ora fare un passo indietro per mettere in evidenza una
tendenza di vita che ci porta a comunicare tra noi, e quindi a realizzare una
nostra fraternità, senza necessariamente passare dal Vangelo; parlo del
cellulare che – pur con tecnologie sempre più sofisticate – non raggiunge il
Cielo; ma anzi, più spesso, va a intralciare la preghiera e, molto spesso, a
guastare l’armonia di una fraternità. Noi ormai intessiamo tutti i nostri
rapporti con il CELLULARE.
Siamo ormai tutti molto tecnologici nell’uso di questo strumento. Non ci si può
più muovere senza cellulare; è un compagno di viaggio, molto utile nei rapporti
di lavoro e nei rapporti sentimentali; utile anche a coprire gli spazi di
attesa alla Posta, o dal medico, o negli spostamenti in treno. E’ tanto necessario che, in caso di furto o di smarrimento,
corriamo al negozio più vicino per acquistarne un altro, per non correre il
rischio di un vuoto di notizie. Ce l’hanno tutti! Ce l’hanno anche i bambini;
ce l’ha il Papa; ce l’hanno i Vescovi, i preti, i monaci e anche le monache. Ho
notato che molti recitano l’Ufficio Divino con il cellulare. Strumento utile
anche alla nostra Fraternità, perche ci tiene aggiornati sulle nostre
iniziative attraverso messaggi, foto e video.
Papa
Francesco, durante un Angelus, ha raccolto questa frenesia del cellulare per un
passaggio importante. Ha ricordato il gesto istintivo che ciascuno ripete
quando esce di casa: quello di appoggiare la mano sulla tasca per accertarsi di
aver preso con sé il cellulare. Lo stesso gesto – raccomanda il Papa – dovrebbe
ripetere un cristiano per accertarsi di avere nella borsa, o in valigia, se va
in ferie, il Santo Vangelo. Perché? Per sottolineare che lo strumento che ci
consente di tenerci aperti, in modo orizzontale, a tutto il mondo, fatica a
trasferirci in Alto, dove attingere ideali, forza, valori, spiritualità. Ma
anche per ricordare che per costruire Fraternità “evangelica” è indispensabile
partire dall’Alto, dalla PATERNITA’
DI DIO. Come il cellulare ha
bisogno di essere alimentato, altrimenti si fa muto, così la nostra
orizzontalità, se manca l’alimentatore che ci fornisce vita, fede, speranza e
carità, ci offre solo chiacchiere, distrazioni di ogni genere, generando la
presunzione di bastare a noi stessi per risolvere tutti i problemi. E qui fa
obbligo aprire una parentesi. Questa dipendenza dal cellulare porta purtroppo a
disturbare anche la preghiera, perché, nel momento in cui vorremmo entrare in
comunione con Dio, continuiamo a tenere il cellulare tra le mani, per non
perdere i messaggi in arrivo, o richiami che riteniamo – alla fine – importanti
quanto la preghiera. Mi ha edificato e sorpreso la confessione di un giovane
che era dispiaciuto perché, mentre era in Adorazione – allo squillo del
cellulare – aveva di corsa abbandonato l’Adorazione per rispondere; aveva
considerando questo una grave mancanza di rispetto al Gesù che gli stava
davanti. Non parlo di chi è in servizio e ha l’obbligo di essere sempre
reperibile. La preghiera mi chiede di spegnere il Cellulare proprio per
rispetto a Dio, l’interlocutore che ci sta parlando. Il cellulare rimasto
acceso durante la preghiera assomiglia tanto alla vecchierella che recita il
Rosario davanti alla TV accesa. Dobbiamo di necessità ritornare a quel filo che viene
dall’Alto ad alimentare quel rapporto con il Padre che ci fa sentire suoi figli
e fratelli tra noi. Mi confidava un parroco, responsabile di una grande
parrocchia di città: non conosco i miei parrocchiani, non so come vivono, non
so in chi credono; ma, ogni sera, prima di coricarmi, mi fermo davanti al
Tabernacolo e affido tutti al Padre, ripercorrendo mentalmente tutte le vie
della parrocchia, unico modo per sentirmi “FRATELLO E CUSTODE” di quanti mi sono
stati affidati.
I laici francescani sono chiamati a
instaurare nel mondo delle oasi dove è possibile far tacere il cellulare per
far fiorire la “FRATERNITA’ UMANA”; quella fraternità che Gesù ha espresso
nella Preghiera Sacerdotale; convinti che non ha senso parlare di “fraternità”
senza aver chiaro che essere fratelli significa avere tutti un unico Padre.
Nella realtà familiare, diciamo che siamo fratelli se abbiamo uno stesso cognome. E’ quello che avviene nella fraternità, dove ci possiamo
definire “cristiani” perché, in Cristo, Dio ci ha accolti tutti come figli. C’è
chi rifiuta la paternità di Dio e di conseguenza, non solo non accetta l’idea
che gli altri gli siano fratelli, ma addirittura finisce per guardarsi dagli altri
come possibili concorrenti e avversari. Quante guerre! Quanto odio!
Quanti omicidi, femminicidi, infanticidi e aborti! Chi vive, per vocazione e
scelta, l’invito di Gesù ad amare Dio con tutto il cuore, e ad amare il
prossimo come se stesso, è sconvolto nel sentirsi
immerso in un mare di peccati. Il mondo non ha accettato la paternità di Dio;
ha scelto di gestirsi senza Dio; ha tagliato il filo che scende dall’Alto e che
fa scorrere tutta la ricchezza di Dio, perché ciascuno di noi si senta “figlio
di Dio” e “fratello” con ogni uomo e donna, ma anche con ogni creatura.
Dovremmo prendere esempio dal ragno, il
quale, prima di tessere la ragnatela, fa scendere dall’alto un filo portante,
robusto e fissato bene in alto. Da lì
inizia a tessere la sua tela a centri concentrici che fa da rete da pesca per la catturare delle prede. Se la rete subisce rotture, le
ripara; ma se il filo portante che scende dall’alto viene rovinato, allora la
ragnatela si affloscia e il ragno la abbandona. E tutto deve ricominciare
daccapo, ma sempre partendo dall’alto. E’ così anche
nella nostra esperienza di fraternità. Non è possibile vivere la fraternità
evangelica se non manteniamo un costante collegamento con il Padre. Non ha senso parlare di
fratelli se non saliamo a un Padre e a una Madre che ci hanno generati e resi
tutti fratelli. Fratelli, il cellulare potrebbe addirittura stordirci, quando
ci immerge nel frastuono del mondo, senza uno spazio per la nostra vita, sia
personale, sia di relazione; è uno strumento certamente utile; ma attenti!
Nessun cellulare può metterci in dialogo con Dio!
Dio, nostro Padre, dopo il primo
fratricidio, cerca Caino; lo trova e gli chiede; dov’è Abele, tuo fratello?”,
La risposta imbarazzata di Caino esprime il primo sfilacciamento del sogno di
Dio: di creare una famiglia di figli. Rispose Caino: “Non lo so. Sono forse io
il custode di mio fratello?”. Caino aveva già compreso che essere fratello
significava sentirsi “CUSTODE” del fratello; non traditore, non omicida, ma
aiuto e sostegno. Essere fratello comporta essere cosciente di essere custode dell’altro;
significa farsi carico della sua umanità ferita, della sua infelicità, della
sua fragilità. Dio, nostro Padre, ci rivela qui una grande verità: che anche
quando noi guastiamo la rete che ci tiene uniti come fratelli, la sua paternità
non viene mai meno. Non solo; Gesù si fa presene e si incarna nel fratello:
“Quello che avete fatto anche al più piccolo dei miei fratelli, l’avete fatto a
me”; “Padre, che siano tutti una sola cosa, come tu, Padre, sei in me e io in
te, siano anch’essi in noi, perché il mondo creda che tu mi hai mandato”.
In tutte le realtà umane, e quindi anche
nella fraternità francescana, può essere che uno non si senta amato e stimato;
e si senta come un corpo estraneo, o criticato, per cui nasca il desiderio di
abbandonare la primitiva vocazione. E’ il momento in
cui bisogna ravvivare il calore umano e che riemerga la festa di sentirsi tutti
fratelli e amati dal Padre; come esprime il canto: “Com’è bello, Signore, stare
insieme, ed amarci come ami tu. Qui c’è Dio. Alleluia”. Se potessimo usare un
termometro capace di rilevare il calore umano e spirituale della nostra
Fraternità, che valori di vita e di amore ci darebbe? Il Vangelo ascoltato in
queste ultime due domeniche ha proposto la correzione fraterna e il perdono
come unica soluzione nei conflitti in famiglia e tra amici, per riportare
l’armonia e la pace, così da fare riemergere la fraternità.
Gesù ci vuole fratelli esperti e generosi di reciproco perdono. Dice Gesù:
“Dove sono due o tre riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro”.
In questo primo incontro
, in apertura dell’Anno Fraterno, desidero esprimere la mia gioia con
voi perché nella nostra Fraternità si respira aria buona e ricca di Vangelo. Mi
sento tra fratelli e sorelle che vivono e crescono attorno a Gesù, il nostro Fratello
Maggiore e nostro Maestro. Compito nostro è portare questa esperienza in tutte
le realtà sociali in cui ci troviamo presenti. Potremmo quindi chiederci se in
famiglia, in parrocchia e anche negli incontri occasionali, per strada, ci
sentiamo portatori della nostra esperienza di fraternità, rivivendo
l’esperienza forte del “Gesù in mezzo”. Gesù stesso ci ha indicato come
conoscere la misura del nostro amore per Lui: è il fratello che vedo! Fratelli,
noi, ogni giorno, siamo chiamati a metterci del nostro per realizzare
il “sogno” di Dio: formare una comunità di fratelli e sorelle che “non siano
del mondo, anche se vivono nel mondo” appunto come segno luminoso dell’amore di Dio.
Ciascuno di noi si trova inserito in varie realtà sociali: la famiglia, la parrocchia, un Movimento ecclesiale, per noi il Terz’Ordine francescano; ci dobbiamo esaminare se in queste realtà ci troviamo insieme in modo anonimo, o come Gesù ci ha indicato, cioè con Lui “in mezzo”. Fratelli, questo è il “sogno” di Dio: formare una comunità di fratelli che vive nel mondo come segno luminoso dell’amore di Dio, dove ci si aiuta a crescere bene.