Corpus Domini                                        2.6.2013

 

Libro della Genesi 14,18-20

Prima Lettera ai Corinzi 11,23-26

Vangelo secondo Luca 9,11-17

 

Il quel tempo, Gesù prese a parlare alle folle del regno di Dio e a guarire quanti avevano bisogno di cure. Il giorno cominciava a declinare e i Dodici gli si avvicinarono dicendo: «Congeda la folla perché vada nei villaggi e nelle campagne dei dintorni, per alloggiare e trovare cibo: qui siamo in una zona deserta». Gesù disse loro: «Voi stessi date loro da mangiare». Ma essi risposero: «Non abbiamo che cinque pani e due pesci, a meno che non andiamo noi a comprare viveri per tutta questa gente». C’erano infatti circa cinquemila uomini. Egli disse ai suoi discepoli: «Fateli sedere a gruppi di cinquanta circa». Fecero così e li fecero sedere tutti quanti. Egli prese i cinque pani e i due pesci, alzò gli occhi al cielo, recitò su di essi la benedizione, li spezzò e li dava ai discepoli perché li distribuissero alla folla. Tutti mangiarono a sazietà e furono portati via i pezzi loro avanzati: dodici ceste.

 

Voi stessi date loro da mangiare

 

Gesù annuncia il Regno di Dio con la Parola e guarendo gli ammalati. È ciò che fa abitualmente, poiché non si può parlare di Dio guardando la gente al di sopra delle loro teste. Se ne parli, devi guardarli dritto negli occhi e ascoltare la domanda che scaturisce dalla loro sofferenza e dalla loro fame.

Gesù sa che la gente che lo segue ha bisogno di ascoltare una Parola di vita eterna, perché ha fame di assoluto, come anche ha bisogno di pane e di salute. Per questa ragione, non egli si limita ad annunciare la Parola di Dio, ma anche dà ristoro alle loro sofferenze.

E dai suoi discepoli esige che si comportino allo stesso modo: «Voi stessi date loro da mangiare». Come dire: è giusto parlare di Dio, poiché “non di solo pane vive l’uomo”. Ma non è sufficiente, come non sarebbe sufficiente soddisfare le loro esigenze materiali, lasciando perdere quelle spirituali. Per realizzare se stesso, l’uomo ha bisogno di Dio e del lavoro delle proprie mani; privarlo di uno solo di questi elementi significherebbe derubarlo.

I discepoli, invece, da gente pratica quali sono, suggeriscono a Gesù: «Congeda la folla, perché si cerchi da mangiare». Sottinteso: abbiamo dato quello che potevamo. Siamo nel deserto e con noi non abbiamo nulla, se non un po’ di pane e di companatico che non bastano né per te, né per noi. Gente «pratica» come noi, che valutiamo tutto in base ai mezzi che possediamo e all’organizzazione che possiamo mettere in campo per velocizzare e razionalizzare gli aiuti… Ma anche gente pratica, che, quando ha parlato di Dio, si crede già a posto, dimenticando quel “non di solo pane”…

Ecco, allora, che la solennità del Corpo e Sangue del Signore ci richiama a prendere coscienza di questa duplice esigenza dell’uomo, l’esigenza del Pane e della Parola. Ci chiediamo: cosa possiamo dare noi, Chiesa di Cristo, all’uomo d’oggi che ha smarrito il senso di Dio, è corroso da malattie di ogni genere ed è incapace di ridistribuire equamente i beni del creato, con la conseguenza che un’ampia fascia di persone muore di fame, mentre un’altra, ben più esigua, accumula, sperpera o distrugge ricchezze immense, patrimonio di tutti?

Sento già la risposta di qualcuno: “Non possiamo fare più di tanto… Cosa possono i nostri poveri mezzi di fronte ad un così grande oceano di povertà?”. Se ci riconosciamo tra questi “qualcuno”, ebbene, ricordiamoci che quel Gesù che parla, sfama e guarisce, dice anche a noi: «Date loro voi stessi da mangiare». Guariteli, dunque, con i mezzi che avete, fossero pure esigui, ma, soprattutto, portate chi avete accanto a noi: il Cristo. In che modo? State accanto a chi soffre con la vostra amicizia; sfamateli con il pane «frutto della terra e del vostro lavoro», ma soprattutto condividete con loro il vostro tempo; date loro il Pane di vita eterna, l’unico Pane che può sfamare la fame di assoluto che ciascuno uomo porta in sé nel profondo del proprio spirito.

È per saziare questo genere di fame che tanta umanità vaga per tutte le vie possibili, rischiando di imboccare vie senza uscita, come quella di credere che accumulare ricchezze, sfruttare gli altri e il mondo intero sia un modo per assicurarsi il futuro e dar senso alla propria esistenza. A questa umanità occorre ridare speranza, quella che solo Cristo può suscitare in noi con il suo Corpo e con il Sangue dati per noi e per la nostra salvezza.

P. Carlo