CORPUS DOMINI 26.06.2011
Deuteronomio 8,2-3.14-16
Prima Lettera ai Corinzi 10,16-17
Vangelo secondo Giovanni 6,51-58
In quel tempo, Gesù disse ai suoi
discepoli: «Io sono il pane vivo, disceso dal cielo.
Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia
carne per la vita del mondo». Allora i Giudei si misero a discutere aspramente
fra loro: «Come può costui darci la sua carne da mangiare?». Gesù
disse loro: «In verità, in verità io vi dico: se non mangiate la carne del
Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avete in voi la vita.
Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo
risusciterò nell’ultimo giorno. Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue
vera bevanda. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in
lui. Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così
anche colui che mangia me vivrà per me. Questo è il pane disceso dal cielo; non
è come quello che mangiarono i padri e morirono. Chi mangia questo pane vivrà
in eterno».
Mangiare lo stesso pane
Vorrei soffermarmi sulle parole di san Paolo: «Poiché
vi è un solo pane, noi siamo, benché molti, un solo corpo: tutti infatti partecipiamo all’unico pane» (prima lettura).
Il pane che Cristo ci dona per sostenerci nel
cammino verso la casa del
Padre non è solo “mio” o “tuo”. È “nostro”.
“Nostro” perché il Padre, che con il suo Spirito ci raduna in Cristo per
formare la Chiesa, è il Padre di tutti. “Nostro” perché è il pane che gli
chiediamo, obbedienti all’insegnamento del Figlio. “Nostro” perché è il “pane
dato per voi e per tutti”. “Nostro” perché l’eucaristia è “convito”: siamo
convocati all’unica mensa del Corpo di Cristo. Cristo è il nostro vero Pane:
egli si dà a noi e fa di noi i veri compagni
(= coloro che mangiano lo stesso pane) nel cammino della vita.
Il legame tra questa dimensione comunitaria dell’eucaristia e la vita di comunione
ecclesiale è stato fortemente sentito sin dagli inizi della Chiesa. La partecipazione all’eucaristia è sempre
stata il segno e lo strumento della comunione ecclesiale. Perciò, sarebbe un
segno falso, un non-segno, se si riducesse l’eucaristia ad una questione puramente
individuale (e la nostra storia cristiana insegna che questo è un pericolo
tutt’altro che teorico!…). A quelle parole di Paolo fa eco la Didachè: «Nel
modo in cui questo pane spezzato era sparso qua e là sopra i colli e raccolto
divenne una sola cosa, così si raccolga la tua Chiesa nel tuo regno dai confini
della terra; perché tua è la gloria e la potenza, per Gesù Cristo nei secoli». Come dunque i grani di frumento erano
dispersi sulle colline e ora, raccolti e fusi insieme, formano un solo pane,
così la Chiesa, dispersa per tutta la terra, diventa una cosa sola in virtù di
questo pane che è Cristo. E come questo vino risulta dagli acini dell’uva che
erano molti ed erano diffusi per le vigne e ora formano un solo prodotto, così
la Chiesa diventa una cosa sola in virtù dello stesso sangue di Cristo. L’unità
del pane e del vino sono simbolo dell’unità della Chiesa. Ma non solo. Questo
pane e questo vino, che sono il corpo e il sangue del Signore, costruiscono e
alimentano l’unità della Chiesa di Cristo.
Cristo vuol essere il nostro solo Pane di vita. Egli ha assunto la nostra
natura e condizione umana, è divenuto uno di noi per potersi consegnare a
ciascuno di noi e spalancarci le porte della vita eterna. Con l’incarnazione egli
“si è trasferito” nella “carne della nostra fragile umanità” (san Francesco),
per essere salvezza e vita “nella nostra carne”, non al di fuori, o al di
sopra, o nonostante, o contro di essa. Perciò a noi chiede di partecipare,
attraverso la mediazione ministeriale della Chiesa, al sacramento del convito
eucaristico – cibo e bevanda di vita nuova.
Mangiando questo Pane, santificato dalla presenza
del suo santo Spirito, Cristo ci raccoglie in unità: ci trasforma nel suo corpo
glorioso, fa di noi la famiglia dei figli di Dio. Nel momento in cui ci lasciamo
sfamare da Cristo, ci ritroviamo fratelli e riceviamo la forza da vivere da fratelli,
cioè da persone rinnovate nello spirito, nel cuore, nelle opere, in tutto.
Rinnovate nell’amore, perché unite in Cristo, unite in Dio, fonte dell’amore e
datore di ogni dono perfetto.
P. Carlo