II Domenica Avvento                             8.12.2013

 

Isaia 11,1-10

Lettera ai Romani 15,4-9

Vangelo secondo Matteo 3,1-12

 

In quei giorni, venne Giovanni il Battista e predicava nel deserto della Giudea dicendo: «Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino!» […]

Allora Gerusalemme, tutta la Giudea e tutta la zona lungo il Giordano accorrevano a lui e si facevano battezzare da lui nel fiume Giordano, confessando i loro peccati. Vedendo molti farisei e sadducei venire al suo battesimo, disse loro: «Razza di vipere! Chi vi ha fatto credere di poter sfuggire all’ira imminente? Fate dunque un frutto degno della conversione, e non crediate di poter dire dentro di voi: “Abbiamo Abramo per padre!”. Perché io vi dico che da queste pietre Dio può suscitare figli ad Abramo. Già la scure è posta alla radice degli alberi; perciò ogni albero che non dà buon frutto viene tagliato e gettato nel fuoco. Io vi battezzo nell’acqua per la conversione; ma colui che viene dopo di me è più forte di me e io non sono degno di portargli i sandali; egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco. Tiene in mano la pala e pulirà la sua aia e raccoglierà il suo frumento nel granaio, ma brucerà la paglia con un fuoco inestinguibile».

 

 

Convertitevi!

 

La prima parte dell’Avvento è dominata dalla figura di Giovanni il Battista. Egli predica un profondo rinnovamento, non soltanto interiore, di fede, ma anche di mentalità, di stile di vita e di opere, cambiamento che egli chiama «frutto degno di conversione».

Dalle letture di questa domenica possiamo cogliere alcune indicazioni pratiche:

- Dalla I lettura: «Egli non giudicherà secondo le apparenze». Imparare l’arte dell’at­tenzione, a non valutare nessuno secondo pregiudizi e clichè correnti.

- Dalla II lettura: «Accoglietevi gli uni gli altri come Cristo accolse voi». Riannodare legami di amicizia e di stima con coloro con cui non ci si parla più.

- Dal Vangelo: «Indossava un vestito di peli di cammello e una cintura di cuoio; mangiava locuste e miele selvatico». Cercare l’essenziale e educarsi/educare all’austerità e alla sobrietà.

Occorre anche fare attenzione all’urgenza e alla serietà dell’invito alla conversione, che il Battista comunica attraverso l’immagine della scure posta alla radice dell’albero. Non è la stessa cosa, infatti, accogliere l’invito con sufficienza e furbizia (come sembra facciano farisei e sadducei), oppure con attenzione e prontezza di spirito. Il dono di Dio non è mai indifferente: proviene dal suo amore per ciascuno di noi; un dono d’amore è sempre urgente, non lo si può rifiutare a cuor leggero.

Tuttavia, quando si parla di urgenza della chiamata di Dio occorre fare attenzione a non cadere nell’equivoco della paura. In altri tempi, forse si era convinti che, per smuovere la fede fiacca o la coscienza impigrita di tanti cristiani, era necessario ricorrere alla minaccia dei castighi divini, identificati nelle catastrofi o nelle fiamme perenni dell’inferno… magari con l’aiuto di qualche “apparizione” o di una minaccia oscura contenuta in un “segreto”… (a questo proposito, non è assurdo dire che la Madonna ha rivelato un segreto, che poi deve rimanere tale? Gesù non gioca a nascondino con noi e il Vangelo non ha segreti di sorta!).

Si deve con forza riaffermare l’insegnamento evangelico: la paura non crea fede, la distrugge; non libera dal male, gli spalanca le porte! Per usare un’immagine di Isaia: non è la paura che trasformerà il leone in una mucca, oppure che spingerà il lupo e l’agnello a costruire una casa comune!

La forza che cambia il cuore e sostiene la conversione è soltanto l’amore, la carità che Dio riversa in noi e la gioia che l’accompagna. Attraverso questa forza, Dio opera nel nostro spirito, nella nostra famiglia, nei luoghi in cui lavoriamo, nei nostri progetti, nelle nostre relazioni… e lì ci chiede collaborazione per farci uscire dall’egoismo che ci soffoca e per trasformarci da persone schiave del peccato a persone libere e capaci di dono. È l’amore di Dio che ci sostiene quando rischiamo di venire meno; sostiene la nostra fedeltà e la nostra speranza quando vacillano e noi rischiamo di essere abbattuti dalla delusione.

 

P. Carlo