Ascensione
del Signore 20.05.2012
Atti 1,1-11
Lettera agli Efesini 4,1-13
Vangelo secondo Marco 16,15-20
Gesù disse ai
discepoli: «Andate in tutto il mondo e proclamate il
Vangelo a ogni creatura. Chi crederà e sarà battezzato sarà salvato, ma chi non
crederà sarà condannato. Questi saranno i segni che accompagneranno quelli che
credono: nel mio nome scacceranno demòni, parleranno lingue nuove, prenderanno
in mano serpenti e, se berranno qualche veleno, non recherà loro danno; imporranno
le mani ai malati e questi guariranno».
Il Signore
Gesù, dopo aver parlato con loro, fu elevato in cielo e sedette alla destra di
Dio. Allora essi partirono e predicarono dappertutto, mentre il Signore agiva
insieme con loro e confermava
Lo sguardo di Cristo sul mondo
Celebriamo oggi la solennità dell’Ascensione del
Signore, l’evento che ha segnato il termine della sua presenza visibile tra i
discepoli e l’inizio del tempo della Chiesa. Un avvenimento straordinario, rimasto
impresso in profondità nell’animo e nella memoria di coloro che ne furono testimoni.
Gli Undici, ancora tenacemente
ancorati alle proprie aspettative riguardo al Messia, faticavano a
capire quanto era accaduto con la risurrezione. Ancora si aspettavano che da un
momento all’altro Gesù «ristabilisse» il suo Regno in Israele. Sognavano potere
e gloria e desideravano ardentemente che egli usasse i propri poteri per realizzare
i loro sogni di gloria. Non avevano ancora ricevuto lo Spirito, perciò il loro orizzonte
era né più né meno quello di tutti gli altri uomini. Chi di noi non vorrebbe «rifondare»,
«ristabilire» «portare agli antichi splendori» “regni” nei quali non eccelliamo
più? Dai partiti agli Ordini religiosi, gli esempi non mancano!
All’attesa troppo interessata dei suoi (quelli di
allora come quelli di oggi) Gesù replica su questo tono: «Il
Padre mio opera mediante lo Spirito Santo e secondo la Parola che vi ho dato. Per
quel che vi riguarda, sia sufficiente che vi lasciate rinvigorire dallo Spirito
e guidare dalla mia Parola. Fate la vostra parte».
Dunque, ai pensieri ancora confusi dei suoi, Gesù
risponde con un atto di fiducia, estremo invito a «tenere lo sguardo fisso su
di lui, poiché è lui che dà origine alla fede e la porta a compimento» (cf. Eb
12,2). Egli si fida dei suoi, crede nelle loro potenzialità, crede che essi
arriveranno a compiere quel capovolgimento interiore che li porterà alla
speranza, crede che sapranno percorrere il mondo intero per recare a tutti gli
uomini il buon annuncio della paternità di Dio e della salvezza offerta a ogni
uomo.
Ora, proprio questo «tenere gli occhi fissi su Gesù»
sta curiosamente al centro del racconto dell’Ascensione del Signore.
Secondo gli Atti,
i discepoli, riuniti a mensa, hanno gli occhi puntati su Gesù, «vivo dopo la
sua passione». Il Risorto è al centro di un convito – cioè di quella
particolare circostanza in cui i suoi sono facilitati a riconoscerlo: gli
evangelisti più volte annotano che essi «lo riconobbero allo spezzar del pane»
–. Gesù, dunque, è con i suoi nel momento della più trasparente «visibilità»,
da parte sua, e della più alta capacità di riconoscimento, da parte dei suoi.
Dopo aver dato loro le ultime istruzioni, li guarda negli occhi e lentamente si
lascia «rapire» nel mondo di Dio (qui evocato dalla nube che lo sottrae ai loro occhi:
Dio, per definizione, «abita in una luce inaccessibile». Non può essere visto
dall’uomo).
Mentre, dunque, Cristo si sottrae ai loro occhi, essi
continuano a «guardare il cielo»: increduli? pieni di
sconcerto? impauriti? semplicemente
curiosi di ciò che poteva accadere subito dopo? un
nuovo miracolo?... L’intervento dei messaggeri celesti li riporta alla realtà.
«Ora inizia il vostro tempo, il tempo della Chiesa» sembrano dire. «Quel Gesù nel cui sguardo potevate affondare il vostro,
ritornerà soltanto alla fine dei tempi. Ora, comincia la storia della vostra fede,
che non potrà più essere sostenuta da ciò che i nostri occhi “vedono”, ma soltanto
dallo Spirito e la Parola che il Risorto vi ha donato e continuerà a donarvi».
Cristo, che ci ha inviati nel mondo, tiene i propri
occhi rivolti verso di noi e opera con noi sino alla fine dei tempi. I suoi
occhi non giudicano, non condannano, non rifiutano. Sono occhi che guardano con
amore, danno fiducia, seguono, incoraggiano, valorizzano. Sono occhi che attendono
di poter incrociare i nostri «quando egli verrà».
P. Carlo